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Un sovranismo confuso

Contro; a prescindere. Deve essere questa la strategia che hanno suggerito i responsabili della comunicazione di Fratelli d’Italia alla loro leader. Perchè è curioso che, per una volta che Francia e Germania assumono una posizione che fa gl’interessi (anche) dell’Italia, i sedicenti difensori degl’interessi degl’italiani siano pronti ad attaccarli. Eppure Giorgia Meloni non si è fatta sfuggire l’occasione per criticarne la proposta.

Certo, quel documento congiunto poteva nascere probabilmente solo in una situazione di drammatica emergenza, sotto la pressione del Covid-19 e del rischio che gran parte d’Europa perda la fiducia dei cittadini, in assenza di una risposta forte e credibile. E poteva, naturalmente, essere ancora più ambizioso; anche se già questa posizione ha subito incontrato una resistenza intransigente da parte di un gruppo dei cosiddetti ‘paesi frugali’, Austria e Olanda in testa.

L’accordo negoziale fra Macron e Merkel dei giorni scorsi, lo ricordiamo, prevede un investimento di 500 miliardi in trasferimenti da utilizzare in maniera proporzionale al Pil ed all’impatto del Covid-19 sulle economie della UE. Tanto è vero che alcuni nostri rappresentanti politici hanno iniziato a fregarsi le mani, immaginando già di poter gestire circa 100 miliardi di risorse che, essendo a carico del bilancio UE (o di prestiti assistititi dal bilancio), saranno finanziate collettivamente da tutti i paesi dell’Unione. Una specie di manna dal cielo. Da raccattare al volo, prima che scenda a terra.

Eppure, il gruppo di Giorgia Meloni al Parlamento Europeo aveva qualche giorno prima votato a favore di una risoluzione ben più ambiziosa, che chiedeva addirittura un piano da 2.000 miliardi. Tanto è vero che la critica principale della Meloni è sul fatto che “500 miliardi sono pochi”. Senza tuttavia ricordare che 500 miliardi saranno anche pochi, ma interamente sottoforma di grants (trasferimenti a fondo perduto), oltre ai quali andrà negoziata poi una parte di loans (prestiti).

L’altra critica è sul fatto che la Meloni avrebbe preferito che vi fosse un impegno ad un intervento illimitato da parte della Bce. Con scarso tempismo, visto che proprio ieri abbiamo ricordato come esattamente questo fosse il messaggio della Presidente della Bce Lagarde nell’intervista al Corriere del giorno precedente: pronta ad un intervento illimitato.

È vero che Francia e Germania, con quel documento, pensano ai propri interessi. Ma, guarda caso, gl’interessi di Francia e Germania coincidono coi nostri; perché passano per una ripresa dell’economia italiana, con la quale le loro economie sono strettamente interconnesse. Aiutando (anche) l’Italia aiutano insomma il consolidamento della ripresa nel resto d’Europa (quindi, se si vuole, prima di tutto in Francia e Germania). Ma non è chiaro perché questo dovrebbe essere uno scandalo.

Rispetto alla risposta (ricordate il mito dell’austerità espansiva?) che aveva prevalso con la crisi dei debiti sovrani post-2010 (che ha accompagnato il rischio del default greco), ci pare che il cambio di visione (e di proposte d’intervento) sia radicale. E soprattutto nella direzione di una reflazione generalizzata che, data la forte componente di commercio reciproco fra le nostre economie europee, se fosse attuata solo in uno o più paesi e non a livello continentale rischierebbe di vedere aumentare la domanda altrove (tramite le importazioni). Che è poi il motivo per cui il Governo italiano ha puntato parecchio sull’edilizia (settore in cui tradizionalmente le importazioni sono quasi pari a zero e l’aumento della spesa rimane interamente a vantaggio del paese).

Una proposta quindi, quella franco-tedesca, positiva; la cui fattibilità è ancora tutta da verificare, ma che, se fosse accettata, porterebbe a quella condivisione delle responsabilità per la ripresa economica europea che tutti hanno affermato fino a qualche settimana fa di auspicarsi dalla UE, e di cui denunciavano l’assenza.

Insomma, quello della Meloni sembra essere un sovranismo confuso. O forse solo l’ennesima prova che il dibattito politico in Italia è dominato da interessi di parte, di gestione del consenso e del potere al quale esso conduce, non certo a difendere i nostri interessi di cittadini.


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