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Italia-Usa, non è solo Alleanza. Come i numeri del commercio premiano l’amicizia

In politica i numeri contano, e la politica estera non fa eccezione. L’amicizia fra Italia e Usa rimane solida anche in mezzo alla tempesta della pandemia globale, a partire dal fronte commerciale.

Da gennaio 2019 a gennaio 2020, l’export italiano verso gli States è cresciuto di quasi il 9%, le importazioni del 13%. Un trend che la crisi del Covid-19 ha drasticamente rallentato, ma non può annullare, se è vero che nel 2019 ha superato i 100 miliardi di dollari, con un surplus commerciale per l’Italia di circa 33 miliardi. Se a questo si aggiunge il contributo di solidarietà in arrivo da Washington Dc il quadro si fa più chiaro.

In cima all’homepage della Camera di commercio americana in Italia (Amcham) campeggia una cifra: 35 milioni e mezzo di euro. Sono le donazioni di decine di grandi aziende americane che si sono susseguite senza sosta da quando è iniziata l’emergenza sanitaria. A queste si aggiungono i 100 milioni di dollari stanziati dall’amministrazione di Donald Trump per equipaggiamento medico e tecnico da donare all’Italia.

È anche in queste cifre che si legge la “storica alleanza” fra Italia e Stati Uniti spesso richiamata dalla politica italiana. Lo ha ribadito in un’intervista a Panorama il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. La scelta atlantica non è solo un ossequio alla storia, è una scelta di realismo.

“Noi siamo convintamente a fianco degli Stati Uniti, non perché dobbiamo loro qualcosa, ma semplicemente perché sono i nostri alleati storici e con loro portiamo avanti partnership in tutti i settori strategici del nostro Paese, a tutti i livelli”.

Questo mercoledì un webinar organizzato dall’ambasciata italiana a  Washington Dc ha messo in chiaro i numeri della partnership economica con lo Stivale. Ben 1600 aziende che lavorano con i due Paesi si sono iscritte al seminario, a dimostrazione dell’attenzione che il mercato rivolge all’interscambio Italia-Usa nell’alta marea della crisi.

A presiedere i lavori l’ambasciatore italiano Armando Varricchio e il sottosegretario agli Affari Esteri del Movimento Cinque Stelle Manlio Di Stefano. Con loro il presidente dell’Ice Carlo Maria Ferro, il direttore generale Roberto Luongo e il coordinatore del network americano Antonino Laspina, il direttore generale della Farnesina Lorenzo Angeloni.

“Con un interscambio bilaterale di beni e servizi che ha superato i 100 miliardi di dollari nel 2019 ed un surplus commerciale a noi favorevole di oltre 33 miliardi di dollari, una naturale propensione delle nostre imprese verso l’innovazione e l’utilizzo di tecnologie sempre più all’avanguardia, caratteristica che le rende altamente competitive oltre oceano, gli Usa rappresentano senza ombra di dubbio il nostro partner commerciale prioritario fuori dall’Unione Europea”, spiega a Formiche.net il sottosegretario Di Stefano. “Un legame storicamente forte che si è andato a rinforzare ulteriormente negli ultimi anni grazie al lavoro del governo Conte e la scelta, da parte mia e del ministro Di Maio, di inserire gli Usa stabilmente in tutti i programmi strategici per aumentare la capacità d’internazionalizzazione delle nostre imprese”.

“La presenza di oltre 600 aziende al webinar sul mercato statunitense dimostra ampiamente come le opportunità siano ancora vaste e da cogliere e nel mio intervento ho voluto proprio indirizzare questo concetto alimentandolo dalle nuove dotazioni che abbiamo messo a disposizione delle imprese italiane per raggiungere questo obiettivo come, ad esempio, una grande fetta di fondo perduto sui finanziamenti Simest oltre ad una vasta gamma di servizi tramite Ice”, aggiunge Di Stefano.

Le difficoltà per le imprese tricolori non mancano, perché la crisi economica negli Usa non fa distinzioni, ha spiegato Varricchio. La contrazione della crescita e il crollo dell’occupazione nel primo trimestre non sono però destinate a durare in eterno. “L’amministrazione e il Congresso hanno lanciato misure economiche e fiscali straordinarie per un totale di tre trilioni di dollari, in aggiunta ad altri strumenti da 2 trilioni di dollari approvati dalla Fed”.

Varricchio si è detto certo che di fronte alla contrazione del mercato e anche alla persistenza di tariffe su alcune importazioni, “lo spirito del ‘si può fare’ degli imprenditori italiani e la qualità dei loro prodotti può aiutare l’Italia a superare il momento di crisi, sapendo che gli Usa sono un punto di riferimento essenziale per la sua ripresa economica”.

Nei rapporti commerciali ed economici fra Italia e Usa convivono due realtà, ha spiegato Luongo. Da una parte i grandi investimenti, dall’altra la rete di Pmi. Manifattura, fashion, gioielleria, mobilio, agroalimentare e vino. Sono i settori che rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi, e dunque i primi da far ripartire.

Come? Più investimenti sul digitale, certo, per adattarsi alle esigenze della quarantena e dello smart working. Ma anche un cambio di strategia. Ci sono Stati Usa, soprattutto i “fly-over States” dell’America profonda, che hanno accusato il colpo della crisi, e ora hanno bisogno del coraggio imprenditoriale italiano. Le misure del governo italiano a difesa dell’export e le garanzie pubbliche di Sace sono un inizio. Ma servono anche manager italiani temporanei, specie i “digital export managers”, che usino le loro competenze per rilanciare il made in Italy.

Sullo sfondo della ripresa, si impone un’emergenza geopolitica. La pandemia globale del virus originato a Wuhan ha acceso i riflettori sulla dipendenza delle catene di fornitura dalla Cina. Dal biomedicale al farmaceutico fino all’elettronica, il cordone ombelicale con il mondo produttivo cinese rischia di trasformarsi in una vulnerabilità, e in una leva in mano a Pechino. Per questo, ha detto Varricchio, “dobbiamo pensare al cosiddetto re-shoring della produzione dalla Cina e da altri Paesi negli Usa o a partner che hanno caratteristiche ‘affidabili’. Da questo processo, che continueremo anche dopo la fine dell’emergenza, la partnership con l’Europa non potrà che beneficiarne e l’Italia dovrà trarne vantaggio”.



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