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Quando andavamo al cinema

Come d’abitudine, dal 2013, gli studenti del Polo Liceale e Polo Tecnico (1985 allievi), ospitato in Guidonia Montecelio (100.000 abit.), alle porte di Roma, la terza città più grande del Lazio, dopo Roma e Latina, godono, nel programma di formazione PTOF, di alcune matinée cinematografiche. Quando esce un film in prima visione, chi scrive, essendo critico cinematografico (SNCCI), si reca al cinema alcuni giorni prima, talvolta accompagnato da uno o due docenti, e visiona il film per vedere se adatto o meno al target (14-19 anni). Successivamente, si organizza una visione e il costo del biglietto, essendo alto il numero dei partecipanti, risulta davvero economico.

Nei giorni immediatamente successivi i docenti lavorano in classe sul film visto dagli studenti. Nell’AA.S.S. 2018/2019 e 2019/2020 il Collegio dei Docenti approvò una innovativa ASL (Alternanza Scuola Lavoro, ora P.C.T.O., Percorsi Competenze Trasversali Orientamento), un corso, primo in Italia, di “Critico Cinematografico” in collaborazione con il S.N.C.C.I. La recensione redatta dagli allievi in italiano, poi veniva tradotta dagli stessi recensori in inglese (indirizzi Liceo Scientifico, Liceo Scienze Umane, Tecnici commerciali) e tedesco, spagnolo, inglese e francese (indirizzi Liceo Linguistico e Tecnico Turistico).

Naturalmente, il giorno della matinée era una autentica kermesse di gridolini di gioia, di sorrisi, di abbracci, di truffautiani baisers volés, dell’ultima sigaretta fuori dal cinema. Un colpo d’occhio traboccante dei colori dei giubbetti, dei foulard svolazzanti, dei pantaloni e leggins, dei fermacapelli ornati di brillantini. Siamo nell’ampio atrio. L’euforia cresce: si alza il gulasch di voci, richiami, risa, indicazioni topografiche, ordini per il “mangiare” e il “bere”, risate, spintarelle, abbracciamenti, immancabili trilli di cellulari. Si formano le irregolari file nei pressi del banco del bar, con i giovani che vittoriosi fendono la calca nel riemergere con in mano il barattolone di popcorn e la lattina di CocaCola.

Poi nelle sale scattano le corsette per scegliersi le poltrone “migliori”, per sedersi accanto all’amata/o, al compagno del cuore. Festa, soprattutto, per i ragazzi disabili ancor più inclusi in questa enorme kermesse: un popolo di circa duemila ragazzi e 190 docenti disseminati in otto sale. Ancora altre corsette, mentre parte la pubblicità: stavolta nelle toilette, per l’ultimo tocco del ricciolino fuori posto, del rossetto, dell’apparecchio dei denti “che scocciatura”. E che sfarzo del digitale! Porta automatica, illuminazione automatica, acqua automatica. Il water come il trono di Elisbetta I. Fai i bisogni e senti che mandi fuori profumo di lavanda! Non sei al cinema, sei in Paradiso.

Ora, in tempo di Covid-19 i ragazzi sono in casa. Le sale cinematografiche sbarrate, chiuse. Sembrano tristi dinosauri imbalsamati. I manifesti e le locandine, ingiallite dal sole, nelle vetrine (Cinema Liberty, 1926, Giacomo Debenedetti) sono quelle del febbraio 2020. Siamo tutti in angosciante attesa che questo inquietante fermo-fotogramma si sblocchi, che riparta il movimento, che riprenda la vita intorno al cinema, dentro le sale.

Il cinema ci manca. La visione del film, vissuta con lo sconosciuto accanto (El Incongruente, 1926, Ramón Gomez de la Serna), è un vuoto incolmabile. È insostituibile. In sala, al buio, si crea una fratellanza, una con-visione, un sentire comune, che in nessun altro luogo prende corpo (a eccezione del teatro, seppur con minor coinvolgimento). Un magico collante emozionale attraverso il quale tutti ridiamo (Charlot, magrissimo boxer danzante, in Luci della città, 1931, Charlie Chaplin), soffriamo (Uomini contro, 1970, Francesco Rosi), piangiamo (Mission,1986, Roland Joffé).

Entrare in una sala cinema e fare la fila per acquistare il biglietto, nel foyer, può portare a produrre nuove conoscenze interpersonali: è autentica apertura verso il tu, è azione filosofica. Anche se non mancano equivoci e posso scoppiare leggere antipatie (Cinema, 1926, Carlo Emilio Gadda). Per il giovane adolescente, aspettare che si spengano le luci, è l’occasione per il primo titubante bacio sigillato in maniera sbilenca, ma per questo d’un fascino irripetibile, inscordabile (Kino, Eugen Sarin, 1925).

Come possiamo far risorgere la sala cinema? Qualcuno ha proposto la sala all’aperto, modello Drive in. Per Carlo Verdone, da sempre un frequentatore di sale e di Festival, è una idea che si affloscerà. Sono d’accordo. Impossibile far rivivere American Graffiti nella periferia di Genova, Roma, Bari, Udine o Palermo, dentro le nostre utilitarie non decappottabili. Uscire di casa per entrare dentro un abitacolo e vedere un film attraverso il vetro anteriore della vettura, è come ammirare il cielo stellato con la visiera di plexiglass.

La soluzione? Aspettare che il Covid-19 passi o venga bloccato dalla medicina. Ma noi cittadini-spettatori dobbiamo rispettare sia le norme di comportamento che quelle igieniche. Nel frattempo, rivediamoci i classici in tv, seguiamo pure le serie e le prime visioni sulle piattaforme digitali. Ricordando, con un velo di malinconia, quando andavamo al cinema.

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