Il Mes senza condizionalità destinato alle spese sanitarie dei Paesi membri? “Per l’Italia rappresenta un’opportunità. Cogliamola. Ma nel frattempo continuiamo a insistere sul Recovery Fund”. Nel giorno della festa ufficiale dell’Europa – a 70 anni di distanza dal 9 maggio del 1950 e dalle storiche parole pronunciate dall’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman – Formiche.net ha intervistato Vincenzo Scotti – presidente della Link Campus University e politico di lunghissimo corso che nell’arco dei decenni ha ricoperto numerosissimi incarichi, al governo ma non solo – per fare il punto della situazione su quanto sta accadendo a Bruxelles e sulle decisioni che attendono l’Italia, dalle quali potrebbero dipendere i destini del governo e di tutto il Paese. A partire dall’accordo di ieri tra i ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Unione sul nuovo Mes e dalla risposta ferma che la Corte di giustizia europea ha opposto alle contestazioni della Corte costituzionale tedesca a proposito del Quantitative easing: “Si tratta di due passaggi molto importanti. Non possiamo lamentarci continuamente che l’Europa non cambia e poi non rilevare i passi avanti compiuti lungo il percorso dell’integrazione comunitaria. Se c’è un mutamento in positivo, dobbiamo riconoscerlo”.
Una considerazione che in queste ore domina il dibattito pure a Roma dove i partiti – di maggioranza e di opposizione – continuano a dividersi sul ruolo dell’Europa e sulle misure che, pur a fatica, stanno man mano arrivando da Bruxelles: “Torno a ripeterlo: cogliamo l’opportunità di questo Mes senza condizioni e insistiamo contemporaneamente sul Recovery Fund. È vero, ci vuole un grande piano per il rilancio politico ed economico dell’Europa”. Un nuovo piano Marshall, com’è stato detto in queste settimane con un’espressione spesso abusata. O meglio – come ha proposto ieri il presidente del Consiglio europeo Charles Michel – con un piano De Gasperi, ossia intitolato al primo presidente del Consiglio dell’Italia repubblicana che seppe dare un impulso fondamentale al processo di integrazione comunitaria: “Penso dovrebbe essere dedicato a lui, a Schuman e a Konrad Adenauer: riuscirono a dare forma alla visione europea dopo due guerre mondiali partendo dal carbone e dall’acciaio”. Alcide De Gasperi – ha raccontato da questo punto di vista Scotti – “seppe mediare tra francesi e tedeschi”. A dimostrazione del fatto che “il realismo della politica deve prevalere, attraverso passi avanti reali. Questa volta ancora più incisivamente e velocemente”.
Una lezione dall’evidente attualità, ad esempio in casa pentastellata: “I cinquestelle sono sempre nel guado tra essere movimento ed essere forza di governo. Una forza di governo è chiamata a misurarsi con le problematiche concrete e ad adottare tempestivamente le scelte migliori per il perseguimento dell’interesse nazionale. Governare significa decidere, come diceva Pierre Mendes France, e decidere significa dare attuazione”. In questo senso l’appello di Scotti è che le forze di maggioranza riescano a trovare “la ragione politica della coalizione” che le tiene insieme. E poi – ha proseguito – basta “con gli organismi che si sovrappongono alle istituzioni esistenti. Se le strutture ordinarie non funzionano, vanno cambiate. Ma così è impossibile”. Posizione chiara da consegnare direttamente al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il quale – ha affermato ancora Scotti – non “deve comportarsi da solitario, ma ricostruire la coesione nazionale per ristabilire nel Paese un clima di fiducia”. E poi assumersi il coraggio di decisioni anche coraggiose: “Non si governa con i sondaggi di opinione ma con le scelte che si fanno sulle quali bisogna poi lavorare per creare il consenso nel Paese. Bisogna rovesciare l’attuale paradigma. Quando De Gasperi pensò all’Europa, Confindustria ad esempio si dichiarò all’inizio contraria: lui fece la scelta e poi convinse il Paese. Non aspettò i risultati del sondaggio per decidere. Abbiamo detto che governare significa decidere e attuare, ma vuol dire anche rischiare in base a una visione”.
Da questo punto di vista, secondo l’ex ministro degli Esteri e dell’Interno, “gli italiani hanno dimostrato in questi mesi difficilissimi di essere più avanti della politica”. Che, indipendentemente dal merito delle diverse posizioni, continua a litigare come faceva ai vecchi tempi, all’interno delle coalizioni e tra maggioranza e opposizione: “È pericoloso continuare a giocare sui tatticismi e sugli interessi particolari dei singoli partiti. Tutti devono lavorare per la coesione nazionale la cui responsabilità di fondo però, va ricordato, pesa innanzitutto sulla maggioranza e sull’esecutivo. Voglio specificarlo: non mi riferisco al governo di tutti, ma alla necessità di un comune sentire nell’interesse del Paese”. Come d’altronde, ha concluso Scotti, ci ha insegnato Aldo Moro di cui proprio oggi ricorre il quarantaduesimo anniversario dell’omicidio ad opera delle Brigate Rosse: “Prima del rapimento e dell’assassinio propose un accordo non di potere con l’obiettivo di far prevalere una visione strategica comune tra partiti dilaniati da decenni di divisioni. Unire il Paese, questo voleva fare Moro. Le forze politiche hanno il compito di riprovarci adesso”.