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Europa (e Italia) al bivio. Pennisi spiega cosa c’è in gioco

Ieri la Corte Costituzionale tedesca ha emesso una sentenza storica (tramite un esteso comunicato – il dispositivo integrale non è stato ancora pubblicato) sul Quantitative Easing della Banca centrale europea (Bce). Domani, si riunisce l’Euro Working Group (il comitato di alti funzionari dei 19 Stati dell’unione monetaria) che assiste l’Eurogruppo (il comitato dei ministri dell’economia e delle finanze dei 19). Il giorno seguente, ci sarà una sessione dell’Eurogruppo mirata a predisporre il terreno per il Consiglio europeo (a livello dei Capi di Stato e di governo dei 27) in programma per il 18-19 giugno. La sera di venerdì 8 maggio, a mercati chiusi, una delle maggiori e più autorevoli agenzia di rating, Moody’s, pubblicherà la sua valutazione sui titoli di Stato italiani.

Queste notizie, apparentemente non legate tra di loro, pongono per molti aspetti sia l’Unione europea sia l’Italia di fronte ad un bivio di breve e di lungo periodo. Nel breve termine, la posta in gioco è il programma europeo per il recovery fund in seguito alla pandemia. Nel più lungo, la posta sono, invece, la Ue e le sue istituzioni, quali le conosciamo adesso.

Andiamo con ordine. Sulla sentenza della Corte di Karlsruhe costituzionali e specialisti di diritto internazionale tedeschi ed italiani hanno punti di vista differenti. Da un lato, l’Italia ha l’art.11 della Costituzione che autorizza limitazioni della sovranità senza bisogno di revisione costituzionale, ma la Germania ed altri Stati europei non lo hanno. Per molti aspetti, sotto il profilo strettamente formale, le decisioni della Bce e le stesse sentenze della Corte di Giustizia europea non rilevano ai fini di vincoli posti dalla Carta Fondamentale della Repubblica Federale Tedesca in materia di finanza pubblica ed in particolare del finanziamento del debito di altri Stati. In un breve saggio nell’ultimo fascicolo della Rivista di Politica, Paolo Pombeni, il quale non può certo essere tacciato di euroscetticismo, conclude che l’Unione non ha mai fatto un salto di qualità verso una struttura istituzionale confederale o (ancor meno) federale.

Da un altro, la sentenza (quale riassunta nel comunicato) non ha effetti giuridici immediati ed è, in parte, interlocutoria dato che chiede, entro tre mesi, informazioni aggiuntivi alla Bce e non richiede la modifica di decisioni già assunte. Ha, però, impatti politici e finanziari immediati. Sotto il profilo politico, rafforza la posizione della Germania, dell’Olanda e di quasi tutti gli altri Stati del Nord Europa nel negoziato sul programma di recovery. Sotto il profilo finanziario, provoca incertezza. L’incertezza non fa mai bene ai mercati e può essere esiziale in un momento come questo.

La sentenza avrà indubbiamente impatti politici sulle riunioni dell’Euro Working Group di domani e dell’Eurogruppo di dopo domani, nonché sul lavoro della Commissione Europea che si è posta l’obiettivo di predisporre uno schema di recovery fund per il 13 maggio in modo che dopo passaggi a ulteriori sessioni dell’Eurogruppo, precedute da quelle dell’Euro Working Group, possa essere approvato dal Consiglio Europeo del 18-19 giugno. Il 7 e l’8 maggio si dovrebbe varare il regolamento dello sportello sanitario del Meccanismo europeo (Mes) e ci sono ancora differenze di sostanza sulla durata dei prestiti, sul tasso d’interesse e sulla tipologia di vigilanza. La sentenza rafforza la posizione degli Stati meno inclini a fare concessioni a Stati, come l’Italia, in serie ambasce di finanza e debito pubblico. Parimenti, la Commissione non potrà non tenere conto della posizione della Corte tedesca nel plasmare un recovery fund orientato più sulla responsabilità che sulla solidarietà. Anche in questo caso, ci si distanzia dalle posizioni dell’Italia, a cui verrà bene o male ricordato degli impegni assunti nel 1992 di portare il debito della propria Pubblica amministrazione dal 105,5% al 60%, mentre sta raggiungendo il 155% quest’anno e probabilmente supererà il 170% il prossimo.

Sotto il profilo finanziario, occorre ricordare che l’Italia è il maggior beneficiario del Quantitative Easing e specialmente del nuovo programma di acquisti di titoli di Stato per contrastare gli effetti negativi della pandemia. L’azione della Bce ha tenuto basso lo spread e ha impedito sino ad ora una caduta del rating dei titoli di Stato italiano. L’incertezza ed i dubbi aperti dalla Corte di Karlsruhe potrebbero incidere sulle valutazioni di Moody’s. E avere impatti sul futuro dell’Ue.



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