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Covid-19, così l’intelligence può salvare le imprese italiane

Digitale, economia, lavoro, cyber-security. Non c’è un solo settore al riparto dall’effetto domino della crisi del Covid-19. L’Italia ha gli anticorpi per superare intatta l’impatto? Ne ha parlato, in una lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri, il consigliere strategico Massimo Franchi, saggista, docente alla Scuola nazionale dell’amministrazione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

“Bisogna affrontare sfide di diversa natura, a cominciare da quelle geopolitiche. L’Italia ricopre una posizione strategica: è affacciata sul Mediterraneo ed è mira di interessi di Paesi Ue ed extra Ue”. In questo scenario, ha detto Franchi, “l’intelligence diventa uno strumento di governance che deve essere utilizzato sia dal pubblico che dal privato”.

Il primo fronte su cui la crisi del Covid-19 lascerà orme indelebili è quello economico. Presto per fare un bilancio italiano, che comunque sarà drammatico, spiega il docente. “Si prevede il fallimento di 150.000 imprese (circa il 4% delle imprese nazionali), e un tasso di disoccupazione che può arrivare al 20%. In particolare, i settori che soffriranno di più saranno il turismo, il settore Ho.Re.Ca. (Hotellerie, Restaurant e Cafè), mentre altri, come il settore agricolo, rimarranno stabili. I settori alimentari e della distribuzione, anche di prossimità, segneranno invece un aumento di fatturato”.

Ma la crisi è globale e così le sue conseguenze sull’economia. “Il Covid19 – ha proseguito Franchi – comporterà un’elevata competizione aziendale all’interno dell’Ue che renderà difficile continuare a parlare di solidarietà”. Per l’esperto “i rischi italiani, in questo contesto, derivano soprattutto dalla riduzione e dalla rimodulazione della catena di approvvigionamento e, di conseguenza, dalla diminuzione della produzione, essendo il sistema economico italiano basato principalmente sulle piccole e medie imprese, così come dal calo della domanda di manodopera: insomma, una doppia crisi che incide sia sulla curva dell’offerta che su quella della domanda”.

Il conto più salato sarà riservato alle imprese, il pilastro della crescita italiana, ha detto Franchi in videoconferenza. “L’impatto della crisi sulle le imprese, nel breve periodo (marzo – aprile), si è tradotto nella perdita di liquidità per finanziare il circolante e nel blocco della produzione”. Bisognerà dunque “rilanciare l’economia sul debito attraverso politiche Keynesiane. L’Intelligence dovrebbe supportare e tutelare le imprese italiane e sostenere la catena di approvvigionamento. Inoltre, sarebbe necessario un forte stimolo fiscale per la seconda industria manifatturiera d’Europa”.

Quando si parla di imprese, si pensa anzitutto alle pmi, ha ricordato Franchi. “Le imprese presenti in Europa sono circa 25 milioni, di cui il 93% sono piccole e medie imprese. In Italia sono meno di 4 milioni, ma il 99,9% sono micro e piccole imprese. Le grandi imprese in Italia sono solo 3.300, contro le 12.000 della Germania”.

Un deficit strutturale del sistema Italia che, ha spiegato l’analista, da una parte espone il Paese alle mire dei vicini europei, dall’altra alla speculazione di fondi sovrani esteri pronti ad inserirsi nelle maglie della crisi. Di qui l’urgenza di una struttura di intelligence economica stabile e vigile.

“Il centro del sistema è l’intelligence economica, che ha bisogno di leader capaci di definire l’interesse nazionale e di operatori che siano presenti, a livello globale, anche al di fuori dei tradizionali presidi. Si tratta di sviluppare una mentalità ibrida che tenga conto del contesto e che abbia un approccio olistico superando i canonici confini pubblico/privato, perché insieme ai rischi ci sono nei mercati globali anche delle opportunità. In definitiva, occorre comprendere la grande complessità di questo tempo”.



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