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Il dilemma del turismo, assistenza o sviluppo strategico? L’analisi di Pasanisi

Il turismo, settore tra i più colpiti dalla pandemia, sarà oggetto dei prossimi provvedimenti che il governo varerà. Interventi che, secondo le anticipazioni del ministro della Cultura Dario Franceschini, saranno incentrati su azioni assistenziali di varia natura, volte al sostegno di imprese e addetti.

Probabilmente si andrà dalla proroga della cassa integrazione a interventi a favore della domanda interna, quale un bonus turistico di 500 euro e una credit tax di 325 euro a favore delle famiglie. Mentre ancora non si sa se i gestori degli stabilimenti balneari, decaduta l’idea un po’ ardita dei box in plexiglass, otterranno la tanto agognata proroga delle concessioni per le spiagge demaniali, messe in discussione dalla direttiva Bolkestein.

Però al di là delle indispensabili misure di sostegno indiretto, la questione strutturale è ben altra e ben più complessa. Tutta la filiera che va dalla ricettività ai trasporti, dai servizi alla ristorazione e alla cultura, subirà un tracollo da cui nessuno sa quando potrà uscirne. L’economia turistica, che in Italia pesa circa il 13% del Pil, è l’attività che per le difficoltà di trasporto, in particolare sulle rotte internazionali, e per il rischio contagio, risentirà più a lungo degli effetti negativi della pandemia.

Se il Fondo monetario internazionale prevede per il 2020 un calo del Pil mondiale del – 3%, e del – 9,1% per l’Italia, i dati sul turismo sono ancora più allarmanti. Oggi nel nostro Paese il 95% delle camere di albergo risulta vuoto. E da marzo a maggio si prevede un calo di 31,6 milioni di presenze alberghiere con una perdita stimata di 7,4 miliardi di euro. In questo contesto, non essendo peraltro ancora definite le regole di riapertura, non è chiaro quando e se l’Italia potrà tornare all’attuale tasso di presenza di visitatori stranieri, che nel 2019 ha raggiunto il picco del 51% del totale.
La domanda che quindi ci si pone oggi è: cosa farà il governo per mantenere in vita e rilanciare il turismo, in particolare internazionale, e difendere i principali operatori di un settore così colpito e così competitivo? Ma questa “chiusura forzata” non sarebbe la migliore occasione per avviare, parallelamente alle azioni di sostegno, un grande piano di rilancio turistico nazionale?

Puntando, oltre ovviamente alle più rigorose misure di sicurezza, a riqualificare e rendere più competitiva l’offerta dell’intera filiera a partire dalle vere fabbriche del turismo che restano, malgrado lo sviluppo di nuove forme di ricettività, le strutture alberghiere. Le uniche attività in grado di generare grandi numeri, di creare posti di lavoro e far crescere il Pil.

La prima scelta del turista, dopo quella del luogo (città, monti o mare) resta ancora l’albergo, il resort o il villaggio turistico. Ed è proprio da qui che bisogna ripartire con un grande piano di riqualificazione e incremento quali/quantitativo dell’offerta. Sia nelle tradizionali mete internazionali che nelle destinazioni legate alla nuova domanda, quella esperienziale ed espressa dai territori, dalle città d’arte, dal paesaggio, dalla natura, dall’enogastronomia nazionali.

E per fare ciò si dovranno mettere a punto nuovi strumenti di finanza agevolata, rivedendo e correggendo i vecchi modelli della L.488 o della programmazione negoziata (Contratti d’area, ecc.) che, malgrado le luci ed ombre, hanno comunque portato risultati che ancora gli operatori rimpiangono. Strumenti che prevedano un nuovo regime di aiuti di Stato, da rinegoziare con l’Europa in base all’attuale situazione di emergenza, con nuove forme di incentivi: fondo perduto, tassi agevolati (garantiti dallo Stato) e credito d’imposta. E corsie approvative accelerate riconoscendo agli interventi lo status di interesse pubblico.

Ma turismo non significa solo ricettività e ristorazione, ma anche infrastrutture, portualità (in particolare turistica), servizi e cultura, che devono essere messi a sistema attraverso politiche di integrazione dell’offerta territoriale organizzata, al fine di rafforzare i tanti distretti turistici nazionali. In modo da incrementare le chance delle mete di soggiorno in termini di funzionalità, qualità e bellezza.

E quindi un intervento straordinario per il territorio e sul territorio, che riqualifichi città e ambiente, anche in chiave di sostenibilità, a partire dal nostro Mezzogiorno. Un piano di sviluppo realizzato in partnership con i privati ma promosso da Stato, coadiuvato dalle Regioni, e sostenuto dalla Ue, anche per mezzo della rimodulazione dei fondi comunitari residui e quelli resi disponibili nel futuro, quale il Recovery Fund. Insomma finalmente una vera politica di sistema per un settore economico che tutti, in Italia, ritengono una industria strategica ma che nessuno, fino ad ora, lo ha mai trattato come tale.



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