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Condono edilizio, proteste di piazza e no alla Cina. Così Salvini vuole tornare in ballo

Matteo Salvini dice di non guardare i sondaggi, ma il calo della Lega deve averlo convinto a occupare di nuovo la scena complici la confusione della Fase 2 nella lotta al coronavirus e il mancato coinvolgimento dell’opposizione da parte di Giuseppe Conte. Tra una diretta Facebook e un’intervista in tv, il leader leghista sta mandando numerosi segnali all’interno del partito e ai suoi elettori.

Un piano di “ricostruzione nazionale” che dovrebbe essere presentato il 1° maggio e possibili proteste davanti ai supermercati puntano a dare voce al malcontento dei cittadini, che avrebbero voluto di più dall’ultimo decreto del presidente del Consiglio, e a ricompattare una base frastornata. “Torniamo nelle piazze rispettando le norme” ha detto su Facebook, forse sabato 2 maggio in fila davanti ai supermercati con un cartello con la scritta “libertà”. A Nicola Porro che l’intervistava su Rete4 ha regalato altre chicche: un apprezzamento verso Luca Zaia, che come presidente del Veneto ha avuto il 79 per cento del gradimento per come sta gestendo la crisi, forse anche un segnale di pace visti i contrasti interni alla Lega; la convocazione al tribunale di Catania il 4 luglio per la vicenda di Nave Gregoretti e l’accusa di sequestro di persona, notizia già data il 15 aprile e che aiuta a rinfrescare l’unico tema che gli ha portato voti, cioè l’immigrazione; il definitivo sdoganamento della parola “condono” per far emergere il sommerso (e recuperare altri consensi).

Da tempo si parla di rivedere il codice degli appalti che rende tutto più complicato, ma la linea di Salvini è oggi la totale deregulation: “Se fossi al governo burocrazia zero, il codice degli appalti lo strapperei. Dopo una guerra devi condonare e far emergere il sommerso: serve assoluta libertà nell’edilizia”. Fino a poche settimane fa resisteva ancora l’ipocrisia della “pace fiscale”, oggi si rilancia il condono su tutto con la garanzia di sanzioni pesanti per chi ne approfittasse. Tema dirompente, che non è mai piaciuto a chi ha sempre pagato le tasse, ma che nei prossimi mesi animerà il dibattito politico perché ci sarà un gigantesco bisogno di soldi. Alla vaghezza dell’esecutivo su settori come agricoltura e turismo, il leader leghista ribatte con la proposta dei voucher, anche per immigrati, perché “lavorare un mese è meglio che non lavorare mai”.

Non manca la politica estera. A fronte di un Alessandro Di Battista sponsor entusiasta della Cina, Salvini non ha dubbi su chi scegliere tra Stati Uniti o Alleanza atlantica e Pechino. Ma in tv ha lanciato un’accusa pesante al governo, senza fare nomi: “Mi viene il dubbio che a qualcuno fa comodo tenere gli italiani a casa”. Ritardare le riaperture, è il sospetto, potrebbe favorire le acquisizioni straniere di aziende o infrastrutture italiane. Sospetto forse eccessivo, ma sintomatico di quello che ci aspetta quando l’attenuazione dell’emergenza sanitaria farà esplodere quella economica.

Giorgia Meloni continua a distinguersi, forte della crescita dei consensi a scapito della Lega. In un’intervista alla Stampa ha detto di non essere d’accordo con l’idea salviniana della “piazza”, e il leader leghista l’ha parecchio ridimensionata, e nello stesso tempo fa capire che pure Fratelli d’Italia intende festeggiare il 1° maggio in modo da dare voce all’irritazione dei cittadini. Tra Silvio Berlusconi favorevole al Fondo salva Stati e contrario alla mozione di sfiducia al ministro dell’Economia e Meloni che sgomita nella coalizione, Salvini sa che deve riconquistare visibilità. L’impressione è che ancora non sappia quale strada intraprendere per rinsaldare la sua leadership.

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