La decisione del governo di coinvolgere nella progettazione ed esecuzione dalle “fase 2” una personalità di grande esperienza internazionale come Vittorio Colao è saggia, lungimirante e, quindi, pienamente condivisibile.
Per affrontare una crisi economica come quella che vedremo nella seconda parte dell’anno servono competenza in quantità industriali, conoscenza dei mercati internazionali e capacità di prendere decisioni, tutte caratteristiche certamente presenti in un manager con la storia di Colao, uomo che ha saputo dimostrare il suo valore su scala globale, l’unica che ha cittadinanza nel mondo contemporaneo.
Non è però vero che tutti i modi di coinvolgimento di una personalità di tale livello sono uguali e (a mio avviso) quello scelto dl premier Conte è di gran lunga il meno efficace.
Mi spiego meglio, cercando di capire il ruolo di una Commissione (16 membri) di esperti i cui contorni sono ancora poco chiari.
Il governo ha fatto una mossa positiva innanzitutto dal punto di vista concettuale, poiché ha portato in chiaro uno dei punti salienti di tutta questa dolorosa vicenda: per sconfiggere il virus e non trovarci in un disastro economico ingestibile occorre fare ricorso alle Grandi Competenze, chiamando i migliori (o almeno alcuni di essi) a spendere del tempo per aiutare le istituzioni a trovare le migliori risposte al problema.
Fin qui tutto bene, così come sono di assoluto valore i nomi (forse un po’ troppi, segno dell’atavico scarso coraggio nel decidere che attanaglia anche i massimi vertici della Repubblica da sempre) inseriti nella Super Commissione.
Dove però inizia il problema è nel ruolo assegnato al gruppo, che, per come è stato illustrato, sarà quello di prezioso suggeritore e analista, ad uso del premier e del governo nel suo complesso.
Una sorta di “Advisor” di super lusso, quello che sono le “Big Four” della consulenza strategica per molte corporation a livello mondiale.
Siccome con elevata probabilità sarà così, dobbiamo dirci con franchezza che si tratta di scelta giusta nella ispirazione di fondo, ma sbagliata nella sostanza poiché troppo “leggera” e non adeguata ai tempi che vivremo ed alla portata della sfida.
Quello che intendo dire è molto semplice: se il presidente Conte ritiene di avere bisogno di un peso massimo (a livello mondiale) della gestione di criticità fa bene a coinvolgere uno come Colao, a patto di farlo per davvero.
Mi si dirà: ma come avrebbe potuto fare diversamente?
Ebbene io vedo almeno tre soluzioni nettamente migliori di quella scelta, soluzioni che avrebbero dato ben altro peso all’incarico.
Soluzione n.1, copiata dal governo Monti: incarico ministeriale a Colao sommando le deleghe di Trasporti, Infrastrutture e Sviluppo Economico (quelle assegnate a Corrado Passera nel 2011), facendo di lui il protagonista istituzionale (sotto la guida del premier e nel rispetto della collegialità di governo) della “fase 2”, dotandolo di un peso istituzionale grandissimo.
Soluzione n.2: Colao vice presidente del Consiglio (con almeno una delega forte, tipo Sviluppo economico), indicando quindi in modo netto il passaggio ad una fase nuova dell’esecutivo.
Soluzione n.3: Colao ministro senza portafoglio con una delega “politica” ritagliata sui poteri d’indirizzo della presidenza del Consiglio.
Sono tre soluzioni di intensità decrescente, ma comunque tutte in grado di consegnare al nuovo arrivato un potere reale che è assolutamente indispensabile per svolgere quel mandato in modo efficace.
La seconda parte dell’anno, con i suoi micidiali numeri di tipo sociale ed economico, è in arrivo.
Affrontarla con soluzioni “light” è come tentare di guarire una profonda ferita al viso mettendo un po’ di cipria.