Skip to main content

Il virus e l’Occidente. La sfida raccontata dal generale Arpino

Il carattere pandemico del covid-19 sta producendo effetti che hanno del paradossale. Sotto l’aspetto che gli è più proprio, quello virale, può far pensare alla livella di Totò: non guarda in faccia nessuno, non fa differenza tra poveri e ricchi, tra miseri e potenti, tra avari e generosi. Non diversamente per gli Stati: piccoli e grandi, dominati o dominatori, già con sistemi avanzati o ancora in via di sviluppo, totalitari o democratici, questo virus colpisce senza distinguere. Se, per il momento, sembra accanirsi verso quelli a sistema democratico, è solo perché questi, forse ingenuamente, comunicano dati più credibili.

EMERGE IL PARADOSSO

Se, invece, si cerca di mettere a fuoco l’incidenza sul comportamento dei singoli individui e degli Stati, ecco che l’effetto “livella” scompare e il paradosso emerge in tutta la sua evidenza, perché il coronavirus cambia strumento: dalla livella passa alla lente di ingrandimento. Così si può osservare che, tendenzialmente, i caratteri distintivi dell’indole degli individui e degli Stati ne risultano accentuati, nel bene e nel male. Nel senso che i buoni diventano più buoni, i cattivi più cattivi, i malavitosi trovano nuove opportunità, i furbetti diventano astuti, i prepotenti restano tali anche con la mascherina, ma cambiano strumento di lavoro: uno strisciante soft power è senza dubbio l’attrezzo più adatto agli obiettivi da conseguire.

Siamo pronti ora a valutare l’effetto covid-19 sotto l’aspetto socio-politico, che include il fattore sicurezza. In una prospettiva geopolitica di medio-lungo corso, lo si può fare in termini globali, regionali e nazionali. Anche qui, tuttavia, è d’obbligo una premessa: le pandemie, come altri eventi di ampia portata, difficilmente producono effetti che modifichino il corso della storia.

Questa, come un fiume, procede comunque nella direzione già tracciata dall’alveo scavato dai fattori della geopolitica, quali l’indole dei popoli e la loro cultura, conseguenti anche dalla morfologia e dalla posizione geografica. I grandi eventi – e il covid-19 verrà senza dubbio ricordato come efficace catalizzatore – hanno senz’altro la capacità di rallentare o accelerare il corso della storia, ma non di variarne la direzione.

IL CASO DELL’OCCIDENTE EUROPEO 

Parliamo un po’ di noi e della nostra sicurezza. Senza voler disturbare Oswald Spengler, che nel suo Tramonto dell’Occidente già cent’anni fa prevedeva con impressionanti analogie la direzione verso la quale l’attuale deriva oggi ci sta spingendo, ci è facile osservare come la solidità dell’Occidente stia cominciando a vacillare. I segnali vengono da un Atlantico che sembra allargarsi ogni giorno di più e da un’Unione Europea che, avendo deliberatamente rinunciato al hard power, si trova a far fronte a un cataclisma politico da tempo annunciato con una assetto frammentato, adagiato su conclamati principi che nessun’altro osserva, quindi con strumenti di salvezza non adeguati a un contesto sempre più arrogante.

Poi parleremo dei grandi, ma qui – ricordando di nuovo Spengler in L’uomo e la tecnica – aggiungiamo che i Paesi in via di sviluppo stanno oggi acquisendo tecnologie, metodologie e modelli di cui solo l’Occidente un tempo era proprietario. Lo stesso spazio, dove l’Europa ha sinora mantenuto un invidiabile know-how, sta diventando una res communis omnium, dove i più spregiudicati, meno rispettosi dei trattati, prevarranno molto presto. Si prospetta un enorme campo di battaglia, speriamo solo virtuale, da cui l’assetto geopolitico globale uscirà sconvolto, essendo quello attuale ancora plasmato a immagine del passato.

Puerile sarebbe incolparne il coronavirus, il quale, indebolendo i “democratici” rispetto ai più resilienti “autocrati”, può solo accelerare un declino già in atto.

I GRANDI E L’ITALIA

Osservando in questa luce il comportamento dei grandi, è evidente come da una parte si stia sviluppando una lotta senza quartiere, con Cina e Russia quali nuovi elementi di aggregazione, e dall’altra gli Stati Uniti, sempre più isolati. Ma la storia ci ha insegnato che tre grandi sono troppi per reggere a lungo un equilibrio che tenderà, come sempre, a trasformarsi in bipolare. Quindi, nel medio-lungo termine, esaurita l’epoca dei leader autocrati, uno dei tre, quello con meno risorse, sarà costretto a uscire dal gioco. Come è già accaduto all’Unione, che, incredibilmente, ancora oggi finge di non essersene accorta. Infatti, osserviamo che Cina e Stati Uniti, con covid-19 che spiana loro la strada, si stanno già addestrando a una Guerra Fredda di seconda edizione.

E l’Italia? Dopo le sofferenze di una lunga quarantena, ne uscirà rafforzata anche in termini di sicurezza, perché potrà riprendere alla grande il suo ruolo, in verità spesso un po’ ambiguo, a volte isolato, di media potenza regionale. Ovvero, continuerà ad esercitare una strategia nazionale a doppio binario, in apparenza mai in conflitto con i principi universali, perseguendo nel contempo un interesse nazionale a geometria variabile, secondo situazione e convenienza.

D’altro canto, chi ha la forza agisce, chi non ce l’ha può solo mediare. È nel nostro Dna, ci verrà facile e sapremo farlo bene.

(Affari Internazionali)



×

Iscriviti alla newsletter