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Almeno un’informazione corretta!

Abbiamo un problema serio. Soprattutto (ma non solo) in Italia: l’informazione. Mentre quella istituzionale è concentrata sull’esposizione mediatica delle tragedie, presumibilmente nell’ipotesi che il cittadino italiano medio non sarebbe altrimenti capace (se non bombardato mediaticamente) di rispettare le regole sul distanziamento sociale ed il contenimento del virus, quella sui social è largamente dominata da tentacolari organizzazioni (con ramificazioni internazionali) dedite allo sciacallaggio mediatico per raccogliere consenso a favore delle tesi nazionaliste-sovraniste e contro l’Unione Europea.

Vorrei soffermarmi un secondo a fare quello che di solito non faccio: difendere le istituzioni europee. Di solito cerco di spiegare quello che ancora manca, piuttosto che quello che già c’è.

Esistono due Europe nell’Unione Europea. Quella delle istituzioni sovranazionali, espressione della volontà collettiva di tutti i cittadini europei; come il Parlamento, la Commissione, la Banca Centrale Europea e la Corte di Giustizia (tutti organismi che decidono a maggioranza). E quella che è semplice somma degli Stati nazionali, il Consiglio (dove si decide all’unanimità; e che detiene la maggior parte del potere decisionale).

Risposte solidali sono fino ad oggi mancate in senso al Consiglio (che lavora con la spada di Damocle del diritto di veto), non certo in seno alle altre istituzioni europee (che scelgono appunto a maggioranza, come si dovrebbe fare in qualsiasi organismo dal quale si vuole che emerga una effettiva volontà collettiva, non la tirannia delle minoranze).

Prendo in prestito da un post su facebook di una collega dell’Università del Salento, Susanna Cafaro, questa lista di cose che nei giorni scorsi hanno fatto le istituzioni collegiali della UE:

  1. molti Stati della UE, tra cui il nostro, hanno strutture ospedaliere costruite e/o modernizzate grazie ai fondi UE;
  2. a partire dal 2014, l’UE ha messo in piedi un programma che aiuta gli ospedali a gestire la risposta alle crisi. Ancora imperfetto, e dotato di pochissime risorse, ma c’è. Ed andrebbe ampliato;
  3. ben 2.300 cittadini dell’UE sono stati rimpatriati dal meccanismo di protezione civile dell’UE, tra cui una buona quota di connazionali;
  4. l’archivio europeo dei virus, avviato nel 2009, sta dimostrando la sua importanza strategica come preziosa risorsa per i ricercatori impegnati nella lotta contro il Covd-19;
  5. l’UE sta coordinando un acquisto congiunto di ventilatori, maschere e altri dispositivi di protezione (5 gare d’appalto internazionali congiunte già partite, per acquistare a prezzi più bassi);
  6. inoltre, l’UE sta acquistando attrezzature per un valore di 50 milioni per costituire una scorta di emergenza per gli Stati membri;
  7. il presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha impedito la chiusura delle frontiere interne per forniture mediche essenziali, cui ha assicurato una corsia preferenziale, minacciando persino la Germania di procedure di infrazione, dopo che aveva pensato di poter bloccare il mercato unico;
  8. sono stati stanziate immediatamente altri 100 milioni di fondi dell’UE per la ricerca relativa al Covid-19;
  9. la Bce quest’anno acquisterà (ha già cominciato) titoli del debito pubblico italiano pari a 220 miliardi di euro (ossia il 12% del nostro PIL!), che dovrebbero soddisfare interamente il nuovo fabbisogno di risorse finanziarie al quale il paese dovrà attingere per fronteggiare la crisi (un indebitamento reso possibile alla sospensione del Patto di Stabilità e Crescita, decretato dalla Commissione UE);
  10. inoltre, l’UE ha stanziato 400 milioni di euro per contribuire ad una risposta globale e coordinata dell’OMS all’emergenza sanitaria;
  11. la Commissione ha deliberato che i fondi non spesi per la programmazione dei fondi strutturali oggi in essere (2014-2020) sano riassegnati a ciascun paese, invece che essere restituiti a Bruxelles (come prevede la procedura); per l’Italia, si stima che la cifra sia superiore agli 11 miliardi di euro.

Per quanto riguarda il contributo all’Italia di singoli paesi europei:

  1. quattro milioni di maschere sono state inviate in Italia da Germania, Francia e Austria. La Francia ha inviato 20.000 tute protettive;
  2. la Germania (che ha una struttura sanitaria meno ingolfata della nostra) accoglie pazienti dall’Italia (ieri erano 64 in terapia intensiva) e dalla Francia;
  3. l’aiuto cinese, pur apprezzabile ed apprezzato, arriva dopo che l’UE ha inviato 56 tonnellate di merci di emergenza in Cina a gennaio;
  4. alcuni aiuti cinesi (2 milioni di maschere e 50.000 test) sono stati assegnati al Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’UE. E il Commissario Europeo Lenarčič ha prontamente inviato tutto in Italia.

Le istituzioni sovranazionali dell’Unione Europea, quelle che rappresentano collettivamente noi cittadini europei, mi pare evidente che ci siano. Che abbiano risposto con prontezza e con misure all’altezza della situazione, pur avendo risorse e competenze estremamente limitate, gelosamente mantenute a livello nazionale dal Consiglio dei Capi di Stato e di Governo.

Quella che ancora manca all’appello è l’istituzione dove siedono e vengono rappresentati gli interessi dei singoli governi nazionali, il Consiglio (anche nella sua geometria ristretta dell’Eurogruppo). Dove, per le regole fissate dai governi stessi, gl’interessi di ogni singolo paese vengono messi in contrapposizione con quelli degli altri. E dove è evidente quindi che sia difficile raggiungere un compromesso, se non al ribasso.

Nei prossimi giorni sapremo se anche i governi nazionali, sfuggendo alle logiche egoistiche del diritto di veto, sapranno affrontare questa sfida con l’impegno e la responsabilità storica che spetta loro, in un comune sforzo per assicurarci un futuro. Se falliranno, sapremo almeno che dovremo prendercela con questa Europa degli Stati nazione, proprio quella che i sovranisti vogliono difendere e riaffermare contro l’Europa sovranazionale, non con le altre istituzioni collettive dell’Unione Europea.

E speriamo che l’informazione, anche quella istituzionale, abbia finalmente l’onestà di rendere chiaro questo messaggio.


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