È giovane, anzi, garantiscono da Downing Street, “il più giovane di sempre”, anche se “ovviamente, non ci diranno qual è la sua età”, cinguetta critico Sean O’Neill del Times. Ken McCallum sarà il nuovo direttore dell’MI5, l’agenzia di intelligence e controspionaggio al servizio di Sua Maestà. L’anagrafe non deve ingannare: il nuovo capo dei Servizi inglesi, fino ad oggi vicedirettore dell’agenzia, ha già una lunga e onorata carriera alle spalle. Nominato dal segretario agli Affari Interni Priti Patel, a fine aprile succederà ad Andrew Parker, una colonna dell’agenzia, prendendo le redini dell’intelligence d’Oltremanica in un momento più che delicato per la sicurezza del Paese: l’emergenza Covid-19, la disinformazione che si porta dietro, la corsa alla rete 5G, la Brexit.
Non che McCallum sia nuovo alle sfide. Scozzese di Glasgow, con un pallino per le scalate in montagna, ha trascorso i primi dei suoi 25 anni nell’MI5 nell’Irlanda del Nord, a studiare e prevenire il terrorismo e lavorare al Good Friday Agreement. Nel 2012 si è fatto carico di tutte le operazioni antiterrorismo per i Giochi Olimpici di Londra. Poi un passaggio al Beis (Department of Business, innovation and skills), dove ha maturato una vera passione (ed esperienza) nei temi cyber e digitali.
Infine il ritorno al MI5 nel 2017, ancora una volta in prima linea contro i terroristi. Questa volta, però, di matrice islamica. McCallum ha preso in mano due dossier caldissimi: gli attacchi di fronte a Westminster e l’attentato alla Manchester arena. Non caldi quanto il caso di Sergei Skripal, l’ex spia russa avvelenata con la figlia dal novichok di agenti del Gru (Main intelligence directorate) a Salisbury, il 4 marzo 2018. È stato lui a condurre le indagini con Scotland Yard, e a incastrare gli agenti russi.
Dalla carriera di McCallum si può dedurre non poco della direzione che farà prendere all’MI5. È una nomina, anzitutto, che ha un forte significato geopolitico. Chi lo conosce descrive il nuovo capo dell’intelligence come un hardliner verso la Cina. “Vuole essere più chiaro sulla minaccia posta dalla Cina – soprattutto per lo spionaggio industriale e la cyberwarfare – è convinto che nel Regno Unito non ci sia piena consapevolezza del livello di spionaggio di Pechino” scrive Dan Sabbagh sul Guardian citando fonti vicine al direttore fresco di nomina.
Non è poco: il governo di Boris Johnson, avvolto dall’emergenza coronavirus (che ha colpito il premier in persona) si trova da settimane in bilico sul da farsi. Con il conto della Brexit da firmare, permettere alla cinese Huawei di accedere a una parte della rete 5G mandando su tutte le furie l’alleato americano non è sembrata una buona idea a molti fra i Tories, che hanno anche cercato di mettere in minoranza il premier sul 5G con una ribellione guidata da sir Ian Duncan Smith (e seguita attentamente da un nutrito drappello di congressisti americani).
Downing Street ha già lanciato i primi, timidi segnali di un passo indietro, e la nomina di McCallum può fare da ago della bilancia. Anche se, per il momento, un brusco ripensamento sulla rete 5G non sembra essere all’ordine del giorno. McCallum conosce bene i rischi, da direttore della strategia e poi da vicedirettore ha fatto da anello di congiunzione fra l’MI5 e le agenzie “sorelle”, l’MI6 e il GHCQ, che è preposta al controllo dell’equipaggiamento 5G e marca stretto Huawei. Ma è anche convinto che l’innovazione non possa aspettare, e cercherà una soluzione di compromesso. Ammesso che ce ne sia una.
Se una stretta ci può essere, arriverà sul fronte russo. Dopotutto McCallum ha messo il sigillo su una delle più odiate indagini di controspionaggio a Mosca. Se, come una parte dell’intelligence Usa sostiene, le interferenze russe dovessero rifarsi avanti anche alle elezioni presidenziali del 2020, l’MI5 potrebbe dare un contributo decisivo visto l’expertise del nuovo direttore. E chissà che non basti a rimediare almeno in parte allo sgarbo di Johnson sul 5G ai cinesi che, spiegano i media americani, di recente gli ha rimediato una “telefonata apoplettica” da Trump.