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Stretta autoritaria di Orbán. Pieni poteri per combattere il coronavirus. E poi?

L’emergenza produce scelte decisive per il futuro, e a volte sfruttare le condizioni prodotte serve a compiere scatti su processi già innescati. Per esempio, l’Ungheria ha deciso di sfruttare la necessità della lotta al coronavirus SarsCoV2 per affidare al premier Viktor Orbán i “pieni poteri”, continuando una fase di contrazione dei check&balances democratici in atto da qualche anno. Da oggi democrazia e libertà d’informazione, macchina istituzionale e valori fondativi dello Stato di diritto, insomma i principi dettati dai Trattati europei, sono sospesi a Budapest. La forma emergenziale si porta dietro la formula “senza termini di tempo”.

Orbán avrà poteri speciali: potrà governare per decreto, disporre la chiusura del parlamento, sospendere o annullare le leggi, bloccare le elezioni, gestire i media. Le informazioni sulla diffusione della pandemia sono state messe infatti sotto una morsa stretta: solo le fonti ufficiali possono essere pubblicate, chi viola le regole rischia di finire accusato di diffondere fake news lesive per l’interesse nazionale. Fino a cinque anni di carcere la pena prevista, che chiaramente potrebbe colpire anche chi critica le azioni del governo.

La misura decisa oggi dalla maggioranza pro-Orbán dell’Országház prolunga, e indubbiamente intensifica, lo stato di emergenza invocato l’11 marzo. La situazione nel Paese per ora non è critica – 403 casi e 13 morti – ma il partito di Orbán ha deciso di spingere “sulla via di quella democrazia non liberale, o illiberale, che Orbán vuole realizzare”, come ha scritto Matteo Tacconi in un’analisi per Ispi. Sono stati 137 i voti favorevoli: tutto il blocco di Fidesz, il partito del premier, e l’estrema destra; 53 i contrari dalle opposizioni (Verdi, socialisti, Momentum e altri movimenti democratici). Ora spetta direttamente a Orbán decidere quando sospendere il provvedimento – nessun altro ha facoltà di intervenire.

Critiche dall’Europa. Si teme che la legge possa essere un trampolino di lancio per l’autoritarismo del leader di Fidesz – partito già sospeso dal Ppe per certe decisioni illiberali perse dal premier ungherese. La linea di faglia con l’Europa è ormai profonda: Orbán non perde occasione per attaccare la stabilità Ue, da cui però ottiene aiuti continui e fondamentali per la crescita economica del suo paese (l’Ungheria è uno dei paesi che beneficia di più dei fondi di Bruxelles).

La Commissione europea sta valutando le misure di emergenza adottate dagli Stati membri in relazione ai diritti fondamentali: “In particolare per il caso della legge votata oggi in Ungheria sullo stato d’emergenza e le nuove sanzioni penali per la diffusione di informazioni false”, ha dichiarato commissario europeo per la Giustizia e lo Stato di diritto Didier Reynders. “Le decisioni al contrario sono pienamente in regola e del tutto conformi con l’ordinamento costituzionale e legale ungherese” scrive in una nota Fidesz.



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