L’arrivo simultaneo di medici (civili e militari) da Cina, Russia e Cuba ha indotto molti a pensare che si tratti di spie piovute approfittando della situazione. Studio da molto tempo il mondo dell’intelligence e, sinceramente, trovo la cosa non molto credibile: se davvero russi, cinesi e cubani stanno messi così male da ridursi a trucchetti del genere, vuol dire che li abbiamo sopravvalutati. Si immagina che non restino tantissimo in Italia, che non possano andare dove gli pare o di vedere chissà quali carte, che siano discretamente tenuti d’occhio dai nostri servizi. Soprattutto, si immagina che dispongano di reti di informatori stabili ed in grado di dargli tutte le informazioni che potrebbero cercare in pochi giorni di missione italiana… e molto di più.
Quindi sgomberiamo il campo da una cosa che non sta in piedi: niente spionaggio. Questo non vuol dire che si tratti solo di generosità o anche solo di comune impegno per battere l’epidemia. Qualche interesse più “egoistico” è ragionevole che ci sia e vale la pena di capire quale possa essere per ciascuno.
La Cina è sicuramente quella che ha giocato con più classe: la prima donazione è stata fatta all’Italia, ricordando come sia stata l’Italia ad inviare 200.000 mascherine quando l’epidemia era scoppiata da poco a Wuhan e, dunque, si trattava di ricambiare l’aiuto alla “amica Italia” (così definita letteralmente). Dunque un movente nobile e plausibile. Poi è venuta la missione dei medici cinesi in Italia.
Una ottima operazione di soft power giocata con eleganza, con quale fine? In primo luogo riaffermare tacitamente il ruolo di “manifattura del Mondo”, magari per contrastare l’idea di un futuro con “meno Cina”. In secondo luogo, ovviamente, una offensiva della simpatia che rilanci il progetto della Via della Seta. E l’Italia è stato il Paese europeo più aperto in questo senso. Adesso l’apertura alla richiesta di Trump (che, dopo aver lanciato invettive sul “virus cinese” non ci fa, ora, una bella figura) moltiplica l’offensiva di immagine che, peraltro, serve anche a far un po’ dimenticare i ritardi nella prima fase dell’epidemia.
E veniamo ai russi. È plausibile il tentativo di conquistare il favore dell’opinione pubblica: una cambiale da mettere all’incasso quando si riparlerà delle sanzioni imposte dagli Usa. Ovviamente sia i russi che i cinesi puntano anche sul logoramento di immagine degli Usa, soprattutto se l’epidemia dovesse produrre sfracelli. Peraltro dopo una batosta del genere, Trump sarebbe virtualmente impallinato nella corsa alla presidenza.
Non va escluso neppure un altro aspetto: sin qui l’impressione è che i russi abbiano nascosto i numeri reali del contagio, ma è realistico pensare che, nelle prossime settimane, il contagio esploderà. Ed a quel punto, magari sarà Mosca a chiedere aiuti che, ovviamente, non gli potranno essere negati.
Il caso più particolare è quello dei cubani che hanno meno interessi politici diretti, ma forse ne hanno uno economico e di immagine. L’associazione di amicizia Italia-Cuba ha inviato al ministro Speranza una lettera segnalando un farmaco che, a quanto pare, avrebbe dato risultati molto interessante, un particolare tipo di interferone messo a punto dai medici cubani (che sono riconosciuti fra i più bravi dell’America Latina). La cosa è passata sotto silenzio, ma ora l’equipe medica cubana giunta in Italia potrebbe avere una buona occasione per conoscere e far sperimentare il suo farmaco. E, se la cosa funzionasse, sarebbe un colpo notevolissimo sia sul piano dell’immagine, sia su quello commerciale per i diritti di sfruttamento. Ma anche politicamente non sarebbe niente male: ve lo immaginate Trump che chiede a Cuba di aiutarlo?
Dunque un quadro piuttosto complesso in cui c’è anche un gioco di interessi, ma, come si suol dire: “A caval donato non si guarda in bocca”.
E allora prendiamo gli aiuti e speriamo che funzionino.