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Italia fra Cina, Usa ed Europa. Parla Pelanda

L’interesse cinese per Telecom – forse anche per Alitalia – e l’apertura di Mediobanca a capitali asiatici in Generali hanno stuzzicato le riflessioni di diversi scenaristi. Che ci sia un una nuova maggioranza che spinge a cambiare il sistema di relazione dell’Italia, passando da ovest a oriente?
Non per il politologo ed economista italiano Carlo Pelanda – docente di scienze politiche e relazioni internazionali ed editorialista del Foglio e di Libero – che in una conversazione con Formiche.net esprime il suo giudizio su quello che ritiene semplicemente “un nuovo modello di business”.

Professore, l’Italia è sempre più terreno per capitali asiatici. C’è da preoccuparsi?
Direi assolutamente di no. Anzi, ben vengano questi investimenti, che anzi, purtroppo latitano a causa dell’inefficienza strutturale del sistema-Paese.

Dietro l’interesse cinese qualche commentatore legge uno spostamento della politica estera del nostro Paese.
Che in Italia Pechino abbia anche interessi geopolitici questo è fuor di dubbio. Da qui a correlare i suoi investimenti in un progetto per sottrarre l’Italia all’influenza americana e più in generale a quella del Patto Atlantico ce ne vuole.

E allora cosa accade? Perché questo interesse per l’Italia?
Direi che è un interesse biunivoco. Da parte della Cina c’è la volontà a investire in know how e alta tecnologia, ecco perché punta su piccole e medie imprese a valore aggiunto o su grandi aziende all’avanguardia. Dal versante italiano c’è invece ormai il bisogno di attuare quello che è ormai un nuovo modello di business. Ormai, anche in Italia, i manager e le aziende si valutano in base ai guadagni che portano e non alle amicizie che si hanno. Per questo aprire a capitali esteri, anche se asiatici, è una cosa assolutamente normale.


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