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Visioni di ottobre

Lucca e l’Europa
Lucca, San Micheletto
fino al 9 gennaio 2011
Una selezione di oltre cento opere prodotte dal V all’XI secolo, allestite in undici sezioni, esplora la produzione artistica lucchese attraverso puntuali riferimenti al contesto europeo. Organizzata in occasione delle celebrazioni per il centenario dalla nascita di Carlo Ludovico Ragghianti, la rassegna si avvale anche di recenti studi sulle tipologie decorative e sul loro retroterra intellettuale e culturale. “Lucca e l’Europa. Un’idea di Medioevo. V-XI secolo” apre il suo percorso espositivo con una significativa, selezione di antiche monete. I reperti numismatici si configurano fra quei privilegiati indici dello sviluppo artistico dai quali si evince il passaggio dall’estetica naturalistica all’indirizzo astratto prevalente in età medievale. Questo storico passaggio è visibile nel Decanummo di Atalarico, conservato a Firenze al museo del Bargello, nel denaro argenteo per Carlo Magno e nel denaro argenteo per Ottone II, entrambi custoditi presso il Museo di Villa Guinigi a Lucca. Il percorso prosegue con la sezione dei preziosi manufatti in avorio, materiale pregiato e raro destinato alle più raffinate produzioni nell’arte tardo-antica, fra cui spiccano la pisside in avorio proveniente dal Museo civico di Livorno, il Dittico del 480 commissionato dal console Basilio e il Dittico consolare di Aerobindo del VI secolo. Da questi importanti capolavori si coglie con chiarezza la nuova e diversa dimensione creativa dell’arte tardo-antica, sotto la cui spinta tramonta l’estetica classica. Ma la mostra affronta anche il ruolo capitale che l’arte del libro occupa nella cultura del periodo: oltre ad un testimone d’eccezione, il celeberrimo manoscritto 490 della Biblioteca capitolare di Lucca, che reca la data 787, sono esposti codici e fogli sciolti di produzione altomedievale tra cui particolarmente rari e significativi l’evangelario della Biblioteca capitolare di Perugia, il foglio di produzione insulare (irlandese o britannico) con Cristo fra gli apostoli della Biblioteca nazionale di Torino, l’ornatissimo omeliario dell’abbazia di Montecassino e l’insigne manoscritto Amiatino 3 della Biblioteca laurenziana di Firenze. Nello spirito della mostra, anche in questo caso gli apparati decorativi dei codici sono suggestivamente confrontati con importanti manufatti di altre tipologie, quali il cosiddetto “cavallino” da Corteolona dei Musei civici di Pavia, il Dittico di Rambona dei Musei vaticani e il marmoreo rilievo con Arcangelo di Capua. Un’intera sezione è dedicata poi ad una raffinata selezione di preziosi tessuti serici di provenienza orientale, quali l’eccezionale seppur poco noto telo di Ascoli Piceno e due più famosi frammenti del Museo vaticano e del Bargello. Il tema degli animali affrontati, tipico di questi tessuti, viene ripreso nella scultura in pietra coeva: ne sono esempi in mostra le formelle del Museo Barracco di Roma, le lastre del Museo provinciale campano di Capua e del Museo archeologico nazionale di Cagliari. Il percorso espositivo prosegue idealmente nella quattrocentesca Villa Guinigi sede del Museo Nazionale a pochi metri della Fondazione Ragghianti. La villa ospita infatti una ricchissima collezione di reperti valorizzata da un recente nuovo allestimento che ha coinvolto tutta la sezione medievale del museo.
 
Piero della Francesca
Milano, Pinacoteca di Brera
fino al 30 gennaio 2011
Con “Piero della Francesca: un pittore per due nemici”, per la cura di Sandrina Bandera e Emanuela Daffra, Milano offre l’occasione per indagare nello straordinario mondo dei committenti dell’artista: un’intelligente chiave di lettura per riflettere sul rapporto tra l’arte e la storia. Sigismondo Pandolfo Malatesta e Federico da Montefeltro si combatterono, in vita, senza esclusione di colpi: eppure tra loro i punti di contatto furono più di uno. Accusato il primo, ancora in vita, di efferatezze indicibili. Sospettato solo in questi ultimi anni il secondo di essere il cinico burattinaio della “congiura dei Pazzi”. Entrambi capitani di ventura, ambiziosi, spregiudicati, coltissimi impressero un segno indelebile sulle città che si trovarono a dominare, Rimini e Urbino. Entrambi usarono cultura e arti figurative per esaltare la propria immagine e offrirono commissioni prestigiose ad artisti all’avanguardia. Entrambi, infine, affidarono a Piero della Francesca il compito di riprodurre le loro fattezze tanto in composizioni “semipubbliche” (l’affresco con Sigismondo in preghiera davanti a San Sigismondo, nella sacrestia del Tempio malatestiano; la Pala Montefeltro) che in opere a destinazione più intima (il ritratto ora al Louvre, il Dittico di Federico e Battista Sforza ora agli Uffizi). Non ci si può attendere letture psicologiche dai dipinti di Piero della Francesca, tuttavia la possibilità, davvero unica, di osservare accostate le due tavole fa emergere il limpido rigore della sua pittura, costante malgrado i media e i formati diversi, e che permette di verificare come un unico tema, apparentemente monotono, il ritratto di profilo, possa essere declinato in modi differenti. E sarà allora suggestivo vagliare quanto delle valutazioni contemporanee sui due condottieri traspaia nelle immagini apparentemente immote del pittore. Infine, il fatto che Piero della Francesca abbia eseguito almeno due ritratti sia di Sigismondo che di Federico offre la possibilità di indagare, concludendo studi avviati in anni recenti utilizzando le possibilità offerte dalla riflettografia infrarossa a scanner, i sistemi utilizzati dal maestro, appassionato studioso di geometria, per ingrandire, riproporzionare ed eventualmente variare il disegno di partenza in momenti diversi della sua carriera, aprendo così un ulteriore spiraglio di comprensione su una pittura sempre meditatissima, vera eppure controllata all’estremo. Catalogo Skira.
 
al-Fann. Arte della civiltà islamica
Milano, Palazzo Reale
fino al 30 gennaio 2011
Mille anni di storia dell’arte islamica, con una ricchissima varietà cronologica (dal VII al XVII secolo), geografica (dalla Spagna all’Estremo oriente) e tipologica (tappeti e tessuti, raffinati metalli cesellati, ceramiche, sculture, miniature, preziosi gioielli e oggetti in avorio), in mostra a Palazzo Reale. Custode di tanti tesori è la Collezione al-Sabah, già esposta presso il Museo Nazionale del Kuwait, in seguito trasferita in Iraq durante l’occupazione del Paese, e ora in attesa di essere ricollocata nella futura nuova sede del Museo di Kuwait City. La prima parte della mostra è organizzata in una sequenza cronologica delle opere più mirabili, da quelle antiche fino ai capolavori dei tre grandi imperi cinquecenteschi, ottomani, safavidi e moghul. A questa seguono altre sezioni dedicate ad approfondimenti tematici particolari: la calligrafia, forse l’espressione più originale e profonda dell’islam; la geometria, nella cui trattazione gli artisti si sono esercitati con maestria e scienza ineguagliate; gli arabeschi, forme floreali, spesso ripetute, di straordinario virtuosismo e dalla inesauribile fantasia; le figure, per sfatare il mitico luogo comune di una presunta, ma falsa, iconoclastia musulmana; infine, per documentare l’importanza della luce nell’arte, fonte di ogni meraviglia, una sezione dedicata ai gioielli, opere giustamente celebrate, e delle quali la Collezione al-Sabah custodisce probabilmente la principale raccolta mondiale.
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