Wikileaks pubblica i files riservati del sito Stratfor e nelle stesse ore il dipartimento delle informazioni per la sicurezza (i nostri servizi segreti) presentano al Parlamento la propria relazione annuale. Fra i due eventi non c´è nessun collegamento. Ma in entrambi i casi si parla di intelligence, di trasparenza e di relazione fra segreti ed istituzioni. Della violazione subita dal think tank di Austin qui vale la pena di segnalare l´impatto che un soggetto che si occupa di informazione in materia di sicurezza e difesa ha e può avere nell´universo economico e delle diplomazie internazionali. E come, persino un centro che viene definito come “ombra della Cia”, possa essere colpito da un attacco cyber.
Per quel che riguarda invece i Servizi italiani, la notizia questa volta non è negativa. I nostri 007, nel dar conto delle proprie attività ai presidenti di Camera e Senato, hanno narrato in modo innovativo (per il nostro Paese) la issue della tutela dell´interesse nazionale. Anzitutto provandolo a definire come “concetto dinamico e complesso” che contempera non solo la difesa dell´indipendenza e della sicurezza della Repubblica e delle sue istituzioni ma anche la “protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici ed industriali dell´Italia”. In una Relazione di novanta pagine, scritta con linguaggio comprensibile e con riquadri utili a comprendere il nuovo glossario dell´intelligence, non c´è solo uno sforzo – persino estetico – di comunicazione ma il senso di una sfida che riguarda i Servizi e con essi lo Stato ed i suoi cittadini, le sue imprese, le sue università, le sue organizzazioni no-profit.
L´instabilità finanziaria dell´eurozona e quella geo-politica del Mediterraneo rappresentano fattori di rischio per il nostro Paese. Le minacce possono avere origine (e finalità) diverse ma ciascuna potrebbe minare la nostra democrazia. Gli stessi attacchi cibernetici costituiscono un pericolo che non può più essere sottovalutato. Gli scenari che si presentano – e che sono descritti analiticamente nel rapporto dei Servizi – non sono una sceneggiatura per James Bond e non possiamo pensare che chi lavora per la nostra sicurezza possa farlo con le vecchie regole degli “arcana imperii”.
Non è un caso che l´intelligence economica assuma un ruolo sempre più significativo. Il libro di Paolo Savona e Carlo Jean sembrava segnare un orizzonte lontano e invece, a distanza di pochissimi mesi, lo spazio e l´attenzione che i nostri 007 riservano alla protezione degli interessi economici ed industriali italiani è aumentato considerevolmente. Nel documento consegnato in Parlamento si parla esplicitamente di “vulnerabilità del sistema Paese”. Vengono analizzati i rischi legati allo spionaggio industriale e alla permeabilità dei sistemi e in particolare alla presenza straniera in settori strategici. L´appetibilità del made in Italy non è il richiamo a battaglie retroguardiste sulla italianità delle imprese (intesa in altri casi come resistenza passiva al mercato). No, qui si parla di interesse nazionale autentico. Quello messo a repentaglio dalle opacità finanziarie, dai trasferimenti illeciti di capitali all´estero e dal peso delle mafie italiane nei nostri confini e fuori. Insomma, un quadro di difficoltà diffuse che i Servizi monitorano e rispetto al quale reagiscono, come e quando serve e come e quando possono.
Tutto questo è sufficiente? Il bicchiere è più mezzo pieno che mezzo vuoto. Ma tanto si può fare ancora e la formula vincente è una ed una sola: “cultura della sicurezza”. Quel che hanno compreso gli operatori dell´intelligence ora deve essere infatti metabolizzato anche dagli operatori delle imprese. Qui non servono tanto nuove figure professionali addette alla sicurezza ma una mentalità diversa, a base della quale vi è l´idea di condividere lo sforzo della tutela dell´interesse nazionale. La competitività del sistema Paese passa anche da qui. Dall´esigenza di proteggere un patrimonio di lavoro e ricchezza anche e soprattutto intellettuale.