Proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio, obbligo di mascherine all’aperto, multe da 400 a 1000 euro per chi viola la norma, tampone per chi arriva da Paesi ad alto contagio e rafforzamento dell’app Immuni. Sono queste alcune delle novità che saranno introdotte dal Dpcm volto a combattere la nuova impennata di contagi. Ma quanto è drammatica la situazione? Il nostro Paese rischia un nuovo lockdown? E basteranno queste misure per frenare i contagi? Ne abbiamo parlato con Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e già presidente dell’Istituto superiore di sanità.
Contagi… Quanto è drammatica la situazione? Rischiamo davvero di tornare alla situazione di marzo?
No, non credo. La situazione a marzo era così inquietante da richiedere un lockdown su tutto il territorio nazionale, ora non siamo a quel punto. La situazione è allarmante in alcune regioni ma al momento riusciamo a metterla sotto controllo in tempi rapidi.
Quindi non rischiamo un nuovo lockdown?
Dobbiamo evitarlo. E per fare questo dobbiamo allineare i comportamenti individuali alle indicazioni delle istituzioni.
Quali misure sono auspicabili per frenare la crescita dei contagi?
Accelerare su ciò che doveva essere già stato fatto. Rafforzare i dipartimenti di prevenzione, i sistemi di tracciamento e le attività di diagnostica. Sono questi i punti-chiave su cui lavorare. Se questi funzionano, combattere il Covid sarà molto più semplice.
Poi?
Poi rinforzare i dipartimenti ospedalieri destinati al Covid ed evitare un’eccessiva pressione sui sistemi sanitari e in particolare sui pronto soccorso. Sono già stati messi a dura prova, con l’arrivo dell’influenza rischiamo di sovraccaricare troppo ed è una cosa che va assolutamente evitata. E poi va fatta una grande campagna di comunicazione nelle famiglie.
Ovvero?
La maggior parte dei contagi avviene all’interno delle famiglie fra congiunti. Bisogna stare attenti, migliorare ed efficientare la prevenzione. Le istituzioni possono fare molto, ma le persone possono fare moltissimo.
Covid e scuole. Positivi ad oggi lo 0,021% degli studenti e lo 0,047% del personale docente. Si possono definire risultati incoraggianti? E crede che siano veritieri o che ci sia il pericolo di una sottostima a causa del basso numero di test effettuati?
No, sono risultati incoraggianti senza alcun dubbio. Sono gli stessi dati a parlare e a suggerire che in questo momento il problema non sono le scuole, ma quello che avviene nelle case. E nei locali. Ho visto scene raccapriccianti di ristoranti con feste danzanti che con assoluto disinteresse hanno sottovalutato il pericolo del virus. È in queste occasioni che la diffusione è maggiore. Dentro le scuole i protocolli sono rigorosi, e i trend lo dimostrano. Nei locali molto meno.
Immuni, boom di download, ma non di utilizzo. Cosa stiamo sbagliando?
Dobbiamo fare capire che il tracciamento tecnologico è importantissimo. Non a caso le regioni più in crisi sono quelle dove il tracciamento è minore. Se tutti avessimo scaricato Immuni e la utilizzassimo con il bluetooth, i focolai di infezione non solo sarebbero più controllati, ma persino prevenuti. Ad oggi in Italia l’app è stata scaricata solo dal 12% degli abitanti. Dobbiamo riuscire a far capire alle persone quanto è importante e, non da ultimo, che non è in alcun modo pericolosa.
La Figc ha individuato un protocollo con il comitato tecnico-scientifico: se c’è infetto, la squadra adotta una serie di precauzioni ma può giocare. Domenica, però, la Asl ha deciso che il Napoli non doveva scendere in campo chiedendo di mettere i giocatori in quarantena, contravvenendo a quanto stabilito dalla Figc. Quanto è grave un conflitto di competenze di questo livello? Se ogni Asl può agire di sua iniziativa, che senso ha allora un protocollo condiviso?
La Asl di Napoli ha fatto benissimo. Il protocollo è stato redatto a maggio, quando la situazione epidemiologica era diversa. C’erano pochi casi ed erano in diminuzione con una situazione abbastanza sotto controllo. Inoltre, si è trattato di un provvedimento molto a consentire il completamento del campionato. Oggi la situazione è cambiata, il pericolo è maggiore, la curva epidemica è in ascesa e siamo circondati da Paesi che hanno una situazione ampiamente più drammatica della nostra, tanto da dover imporre un nuovo lockdown. Quanto fatto dalla Asl è ineccepibile perché ha evitato che persone potenzialmente infette ne contagiassero altre.
Vaccino antinfluenzale. Quanto è importante?
Moltissimo. Ci sono 18 milioni di dosi di vaccino rispetto ai 12 milioni dello scorso anno. Si tratta di una cifra notevole. Ora però tocca alle regioni, che devono accelerare nella distribuzione dei vaccini.
Quindi non c’è un allarme di mancanza dei vaccini?
C’è, ma perché le Regioni si sono mosse tardi. Ci sono 18 milioni di dosi che coprono quasi completamente il fabbisogno di chi ne ha bisogno. Ora le Regioni devono accelerare le procedure tenendo conto di quanto sia importante vaccinare gli italiani in un momento come questo.