Skip to main content

Direzione Cop26, perché ambiente significa (anche) Pil. Parla l’amb Uk, Murton

Intervista esclusiva con John Murton, inviato del governo britannico per la Cop26: “Problemi globali come i cambiamenti climatici richiedono risposte globali”. E spiega perché il costo sempre più basso delle energie rinnovabili rende la transizione un’opportunità economica e non soltanto ambientale

“Il mondo sta iniziando a realizzare che la crescita mondiale passa dall’economia a basse emissioni di carbonio”, spiega in esclusiva a Formiche.net John Murton, inviato del governo britannico per la Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici organizzata dal Regno Unito in collaborazione con l’Italia, che ospiterà Pre-Cop26 e Youth-Cop26. “L’anno scorso fotovoltaico ed eolico hanno assicurato il 67% della nuova capacità elettrica, ci dicono i dati Bloomberg. Inoltre, il costo di questi sistemi si sta rapidamente abbassando. Ciò significa che quando parliamo di risposte politiche ai cambiamenti climatici abbiamo un nuovo argomento a nostro favore: possiamo dire agli altri Paesi ‘guarda, la tua economia crescerà più rapidamente diventando più verde’. L’India è un ottimo esempio”.

Come mai?

Ha annunciato di puntare a 450 GW di fotovoltaico (entro il 2030, ndr) e i prezzi stanno diminuendo ogni anno. Possiamo andare da altri Paesi in Asia e dire loro: “La vostra energia costa più di quella indiana. Come pensate di poter competere con l’India se non investite in energia solare”. E lo stesso discorso si può fare in Europa.

Lei ha dichiarato la volontà di dimostrare, attraverso Cop26, che la difesa della natura non è affatto in contrasto con la tecnologia. Lo possiamo definire un approccio britannico al cambiamento climatico?

Per Cop26 stiamo incoraggiando tutti i Paesi a presentare strategie a lungo termine per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. E in questo senso è stato importante l’annuncio della Cina di raggiungere le zero emissioni entro il 2060.

Come state procedendo?

Con una campagna Race to zero che tocca cinque aree: energia pulita, trasporti puliti, soluzioni basate sulla natura, adattamento e resilienza delle attuali economie. Quanto alle soluzioni nature-based ciò che stiamo cercando di dimostrare è che preservare la natura significa anche agire per contrastare i cambiamenti climatici. Inoltre, l’anno prossimo si terrà anche la Cop15, la quindicesima Conferenza sulla biodiversità: stiamo cercando di spiegare che ci sono sinergie tra la protezione degli habitat e della biodiversità e la sfida del cambiamento climatico.

Lei è stato ambasciatore in Congo e in passato ha lavorato per anni in altri Paesi africani. L’Africa sarà al centro della Cop26?

I problemi globali, quelli che superano i confini, richiedono risposte globali. Questo vale in particolar modo per il cambiamento climatico: dobbiamo aiutare i Paesi a rispondere a questa sfida. In questo senso il continente africano è importante per Cop26 non tanto sotto l’aspetto delle emissioni (che non sono paragonabili a quelle di America, Europa o Asia, ndr) quanto piuttosto sotto quello dell’economia verde, affinché i Paesi africani possano beneficiare delle nuove tecnologie sviluppando le loro economie evitando le alte emissioni del suo e del mio Paese, per esempio. Il fattore importante oggi è che il cambiamento nel costo delle energie rinnovabili rende questo un obiettivo molto concreto.

La Cop26 sarà anche un’occasione per il Regno Unito post Brexit?

Tutti gli occhi del mondo saranno puntati sul Regno Unito. Sarà per noi un’occasione per giocare un ruolo centrale nella transizione verso un’economia a minor impatto ambientale. Condividiamo valori con i nostri amici e partner in Occidente e oltre, è un’opportunità per raggiungere i nostri comuni obiettivi sul cambiamento climatico.

Anche con la Cina?

Assolutamente. La Cina, il primo Paese per emissioni di gas serra, è parte fondamentale di qualsiasi discorso sul cambiamento climatico. La recente promessa di Pechino è molto incoraggiante e utile. Non soltanto per la riduzione delle emissioni ma anche perché rappresenta un segnale agli altri Paesi nella regione e oltre.

Quanto agli Stati Uniti, invece?

La cosa bella è che molte di queste tecnologie stanno diventando sempre più economiche e ciò ne incoraggia l’utilizzo in tutto il mondo. L’uso del carbone negli Stati Uniti sta diminuendo velocemente mentre gli investimenti in energia eolica e solare stanno aumentando molto rapidamente. Inoltre, negli Stati Uniti c’è un interessante fermento nel mondo dell’innovazione. Pensiamo per esempio a Tesla, le cui azioni sono in crescita continua a dimostrazione di quanto anche il mercato scommetta sull’economia verde. Molte cose stanno accadendo negli Stati Uniti che aiutano nella sfida ai cambiamenti climatici.

Quali sono le opportunità della collaborazione tra Regno Unito e Italia per la Cop26?

Sono convinto che sia un’importante occasione per lavorare assieme e continuare a rafforzare i nostri già solidi legami. La collaborazione con l’Italia permette al Regno Unito di catalizzare altre sinergie: abbiamo reti diplomatiche con punti di forza e influenza in aree diverse e questo fa sì che possiamo beneficiare l’uno dall’altro. Ma è importante anche il lavoro con gli altri Paesi dell’Unione europea nell’ottica di un approccio comune alle energie rinnovabili che richiede ancora maggior interconnessione in Europa e oltre.

È anche questa la Global Britain?

(Sorride) È un ottimo esempio di Global Britain. La Cop26 è un’occasione per il Regno Unito, grazie anche alla sua diplomazia diffusa in tutto il mondo, di dimostrare che abbiamo ancora un ruolo importante e che ci preoccupiamo dei problemi del mondo.

(Foto: gov.uk)


×

Iscriviti alla newsletter