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Ma non chiamatela Generazione Covid

Con l’incentivazione della didattica a distanza per le scuole superiori, i ragazzi si ritroveranno di nuovo chiusi in casa. Come possiamo aiutare questa generazione di adolescenti ad affrontare questa situazione? Favorendo la possibilità dei nostri ragazzi di creare legami saldi e sicuri. Il commento di Chiara Buoncristiani, giornalista e psicoterapeuta

Gli adolescenti, si è detto, sono quelli che stanno pagando il prezzo più alto. Costretti sul divano proprio nella fase della vita in cui più è importante allontanarsi da casa. Barricati in famiglia quando quello che gli servirebbe per svincolarsi sarebbe il gruppo dei coetanei.

Stanno pagando un prezzo altissimo. Il problema non si presenta tanto quando la ragazza o il ragazzo si oppongono alla clausura e protestano per le occasioni perse e le uscite mancate, ma quando non lo fa. Quando cioè a prevalere è la voglia di isolarsi.

È riduttivo parlare di paura a proposito dell’attuale pandemia. In questi mesi abbiamo vissuto diversi tipi di paura talora conscia talora no, legata a ciò che ascoltavamo in tv, dalla presenza di qualcuno che ci tossiva, per molti agorafobici e claustrofobici, l’esperienza della città vuota o dei luoghi chiusi. Ma più di tutto è stata presente l’ansia pervasiva, la minaccia invisibile.

Il senso di un pericolo non immediato ma incombente, una minaccia da cui difendersi senza ben sapere quando, come e se ci si riuscirà. Tutto si è fermato in situazione di incertezza. E così ci sentiamo impotenti.

Ora, se c’è un’età in cui l’onnipotenza sembra regnare è l’adolescenza. Non per questa generazione però, che sta scoprendo all’improvviso e a proprie spese il senso del limite, la sua poca possibilità di controllare l’andamento delle cose.

La scuola a distanza, le uscite serali bloccate. Gli adolescenti sono stati ricacciati in famiglia, disaggregati dagli amici e dai luoghi che avevano scelto o imparato a considerare come i loro riferimenti, momenti che contribuivano al loro equilibrio e sviluppo.

L’isolamento, per i ragazzi più fragili ha suscitato emozioni più gravi della paura e dell’ansia. Finché ci sono solo ansia e paura ci si può attivare per cercare nell’altro, anche nei genitori, una rassicurazione. Ma quando la situazione si protrae nel tempo, quando le rassicurazioni non possono arrivare chiare, quando lo stress continua a essere attivato per troppo tempo, scatta un vissuto di perdita e quello che sarebbe anti-fisiologico lo diventa: i ragazzi cercano allora l’isolamento. Ovviamente ogni ragazzo reagisce a partire dalle proprie risorse. Tanto si è parlato dell’importanza della resilienza, la possibilità di lavorare sul trauma per affrontarlo.

Come possiamo aiutare questa generazione di adolescenti ad affrontare questa situazione? Il cervello di noi esseri umani produce oppioidi quando si creano legami sociali (endorfine), insieme all’ossitocina che rinforza il piacere del legame. La separazione genera sentimenti di desolazione e infelicità legati ad una diminuita produzione di oppioidi endogeni e ossitocina, mentre il ricongiungimento genera conforto e sicurezza.

Favorendo la possibilità dei nostri ragazzi di creare legami saldi e sicuri, esortandoli a non rinunciare agli amici intimi, a patto che li frequentino in sicurezza, alimentiamo la loro salute psicologica per tutta la vita e probabilmente potremo influenzare anche la capacità di resilienza ad eventi avversi.

 

 

 

 


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