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Fratelli tutti, la road map per salvarci da virus e disgregazione sociale

fratelli tutti

Leggere l’enciclica “Fratelli tutti” ci aiuterebbe a capire che lockdown vuol dire “disastro” non solo per noi chiusi in casa, ma ancor di più per chi una casa non ce l’ha e ora non ha più né una mensa né un ostello. Il commento di Riccardo Cristiano

No, non saremmo dovuti arrivare a questo punto. Avrebbe dovuto evitarlo il governo, evitando di sperperare il “vantaggio” acquisito dal nostro Paese rispetto al virus perdendo tempo prezioso per investimenti e per avviare un vero confronto nazionale sulla responsabilità. Un confronto con tutti. Il fatto che ci siano ambulanze usate per dare ossigeno a malati che non si sa dove mettere dice tutto. Avrebbe dovuto evitarlo l’opposizione, non veicolando messaggi come “liberi tutti” oppure “il virus è morto”. Le linee tenute oggi da un campo e dall’altro non possono non fare i conti con quanto detto al riguardo delle proteste, anche violente, negli Stati Uniti; quando esplose Black Lives Matter alcuni furono comprensivi con Trump perché la violenza è sempre un errore e altri sorvolarono anche sulla violenza contro le statue.

Ma il punto che qui mi interessa sollevare è un altro. Perché tanti dicono che una democrazia può sconfiggere il virus citando l’esempio coreano ma senza dire cosa comporti? Ha scritto al riguardo l’Agi: “Un grosso aiuto nella lotta al coronavirus è poi arrivato dalla tecnologia e dai Big Data, con la diffusione di app che permettono di localizzare aree o edifici dove si trovano persone contagiate: proprio quando i dati sui nuovi contagi subivano un’impennata, una app chiamata ‘Corona 100m’, ha avuto un boom di download sugli smartphone dei sud-coreani. Questo tipo di app, sviluppate anche in Cina, e un sistema centralizzato che rende pubblici movimenti e transazioni dei cittadini affetti da coronavirus tramite tecnologia Gps e telecamere di sorveglianza hanno generato perplessità sul rispetto della privacy, ma i funzionari sud-coreani non nascondono un certo orgoglio per il sistema in atto che permette ai cittadini di sapere se sono stati in contatto con persone che hanno contratto la nuova malattia”.

Perché i coreani hanno scaricato queste app e accettato questo controllo centralizzato e “totale”? Qui oltre ai messaggi entrano in ballo le nostre scelte, entra in ballo la nostra idea di “libertà”. Noi vogliamo essere “liberi di”: liberi di prendere un aperitivo, liberi di non usare la mascherina e così via. Chi vuole essere “libero per”? Ovviamente la coesione sociale con questa idea di libertà si riduce: chi pensa a imprenditori o lavoratori più esposti di altri a pericoli dovuti dal lockdown? Se ognuno pensa per sé, al suo “essere libero di”, la stessa idea, tanto sbandierata, di “popolo”, svapora. Che cos’è un popolo se si possono chiudere i porti ma non la movida?

Se avessimo usato almeno questo mese di ottobre per leggere l’enciclica “Fratelli tutti” avremmo potuto capire che serviva un atteggiamento diverso. Al riguardo delle nostre difficoltà a considerare che il lockdown vuol dire “disastro” non solo per noi chiusi in casa ma ancor di più per chi una casa non ce l’ha e ora non ha più né una mensa né un ostello – e sono esseri umani che vivono qui, italiani o non – questa enciclica dice molto altro, molto di più: “Proprio mentre stavo scrivendo questa lettera, ha fatto irruzione in maniera inattesa la pandemia del Covid-19, che ha messo in luce le nostre false sicurezze. Al di là delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente l’incapacità di agire insieme. Malgrado si sia iper-connessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti. Se qualcuno pensa che si trattasse solo di far funzionare meglio quello che già facevamo, o che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà”.

Non sono belle parole, qui io trovo una verità profonda: siamo tutti nella pandemia, ma c’è stata una risposta comune? Davvero pensiamo che si debba aspettare il vaccino perché tutto possa tornare come era? Il testo dell’enciclica prosegue così: “Desidero tanto che, in questo tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità. Tra tutti: ‘Ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti”.

Quando Bergoglio ci ha avvertito che “siamo tutti sulla stessa barca” non abbiamo capito. Non abbiamo capito perché molti hanno detto “ma c’è chi sta in una bella casa e ha tanti soldi in banca e chi invece non arriva a sbarcare il lunario”. Certo che è così, è proprio per questo che dobbiamo capire che siamo tutti nella stessa barca. O si ricostruisce la comunità oppure domani il ricco da chi si farà portare le cialde di caffè a casa quando avrà finito quello di cui dispone e non vorrà uscire a comprarlo per non contagiarsi? Certo, lui è “libero di” incaricare chi vuole, adesso. Ma domani potrà?

Ieri mi è capitato di passare davanti a un bar con i tavolini all’aperto. Nessuno dei trenta giovani seduti lì fuori stava consumando qualcosa, ma nessuno indossava la mascherina. Liberi di? Di cosa? Abbiamo parlato ai giovani? Il governo, il Paese, l’opposizione, lo hanno fatto? Nell’enciclica leggo: “Si favorisce anche una perdita del senso della storia che provoca ulteriore disgregazione. Si avverte la penetrazione culturale di una sorta di “decostruzionismo”, per cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti. In questo contesto si poneva un consiglio che ho dato ai giovani: ‘Se una persona vi fa una proposta e vi dice di ignorare la storia, di non fare tesoro dell’esperienza degli anziani, di disprezzare tutto ciò che è passato e guardare solo al futuro che lui vi offre, non è forse questo un modo facile di attirarvi con la sua proposta per farvi fare solo quello che lui vi dice? Quella persona ha bisogno che siate vuoti, sradicati, diffidenti di tutto, perché possiate fidarvi solo delle sue promesse e sottomettervi ai suoi piani. È così che funzionano le ideologie di diversi colori, che distruggono (o de-costruiscono) tutto ciò che è diverso e in questo modo possono dominare senza opposizioni. A tale scopo hanno bisogno di giovani che disprezzino la storia, che rifiutino la ricchezza spirituale e umana che è stata tramandata attraverso le generazioni, che ignorino tutto ciò che li ha preceduti”. Sono tanti oggi a parlare di “popolo”, qui mi sembra che si dica anche qualcosa.

Mentre le Rsa tornano a parlare di grave emergenza, questa volta gestita soprattutto dal privato, l’enciclica ha posto un altro problema, più grande: “Abbiamo visto quello che è successo agli anziani in alcuni luoghi del mondo a causa del coronavirus. Non dovevano morire così. Ma in realtà qualcosa di simile era già accaduto a motivo delle ondate di calore e in altre circostanze: crudelmente scartati. Non ci rendiamo conto che isolare le persone anziane e abbandonarle a carico di altri senza un adeguato e premuroso accompagnamento della famiglia, mutila e impoverisce la famiglia stessa. Inoltre, finisce per privare i giovani del necessario contatto con le loro radici e con una saggezza che la gioventù da sola non può raggiungere”.

Ora, è chiaro a tutti che il papa fa un mestiere diverso da quello dei leader politici: ma se si continua a non capire che siamo tutti sulla stessa barca diventerà più facile capire perché il Presidente Mattarella abbia convocato per oggi il Consiglio Supremo di Difesa.



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