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Ciò che non si può non fare

Web e innovazione tecnologica sono fattori di sviluppo fondamentali e decisivi. Recenti studi dimostrano come ad un maggior tasso di innovazione e un aumento delle tecnologie web, corrisponda un incremento elevato del Pil. In Francia è stato pubblicato un rapporto molto interessante elaborato da McKinsey di cui Il Sole 24 ore ha dato conto il 10 marzo scorso, che prova a dare risposta a due domande principali: quanto vale Internet? Qual è il suo impatto sull´economia?
Secondo questa ricerca, Internet, per la Francia, ha rappresentato 60 miliardi nel 2009 (il 3,2% del Pil) e 72 (3,7% del Pil) nel 2010. Il suo contributo alla crescita è sempre più importante, viene infatti stimato nel 10% se si considerano gli ultimi quindici anni. Un quarto della crescita dell´economia francese dello scorso anno, dunque, è imputabile all´economia digitale o alle attività Internet delle aziende. Citando uno studio Ocse sul tasso di penetrazione di Internet nei diversi Stati: se la Francia è al 17simo posto con una penetrazione del 58%, l´Italia ha un tasso pari al 27%, molto lontano dalla media Ocse che è del 47%. È di questi giorni la pubblicazione del rapporto del World economic forum che stila una classifica analizzando la capacità di trasformare le tecnologie in vantaggi per la vita quotidiana delle persone e per l’economia, l’Italia si trova solo al 51esimo posto su 138 Paesi analizzati.
 
Questi dati negativi sopra riportati rappresentano un limite per il nostro Paese ma anche una potenzialità enorme, perché essendoci una diretta correlazione fra web, innovazione tecnologica e sviluppo economico, significa che ad ogni miglioramento del dato di penetrazione di Internet nel nostro Paese, corrisponderà un conseguente e forte impulso all´economia e allo sviluppo. Uno studio commissionato da Google a Boston consulting group stima anche per l’Italia il valore di questa correlazione, affermando che “l´Internet economy italiana nel 2010 ha rappresentato il 2% del Pil, cioè oltre 30 miliardi”.
Internet non è però solo strumento di sviluppo economico, ma anche uno straordinario strumento di libertà. In Egitto e Tunisia, e prima in Iran, il web ha dato voce a chi non l´aveva, oltrepassando la cortina dei regimi per consegnare a milioni di persone la speranza di un mondo più giusto.
Far usufruire tutti gli italiani di questo straordinario strumento è il primo passo da compiere e come Udc stiamo definendo una nostra idea di “agenda digitale” di cui proverò a riassumere alcuni punti principali.
 
Digital divide
Questa esclusione è solitamente determinata da due fattori principali: la conformazione geografica e la mancanza di risorse economiche o tecnologiche.
L’esclusione di parte della popolazione dal processo di innovazione che la rete offre ha come conseguenza non solo un ritardo di parte della popolazione nei confronti del resto degli altri cittadini italiani, ma anche del Paese nei confronti del resto del mondo.
Per recuperare questo gap si deve investire in soluzioni miste: fibra, rame, reti mobili di nuova generazione (lte). Per mettere in atto questa strategia sarebbero auspicabili accordi di ricerca con enti pubblici e privati e la messa all’asta della banda inutilizzata.
 
Alfabetizzazione
Generalmente l’approccio al digitale offerto ai giovani in formazione è di tipo “segretariale”, cioè mirante all’utilizzo del “pacchetto Office”. Una vera “educazione al digitale” dovrebbe invece considerare prioritario l’apprendimento di più ampie nozioni di base. Si potrebbe anche consentire un maggiore accesso al materiale didattico in formato digitale, sollecitando la versione digitale dei testi, e compensare la mancanza di computer nelle scuole facilitando la donazione di strumenti non più utilizzati da aziende ed altri enti. Bisogna favorire l’alfabetizzazione anche dei piccoli imprenditori introducendo forti sgravi fiscali (completa o parziale deducibilità) per investimenti legati a processi di integrazione tra imprese (es. gestione ordini ai fornitori, digitalizzazione dei processi di vendita al pubblico). Particolare attenzione andrà prestata anche a strumenti e processi di alfabetizzazione informatica per la popolazione più anziana di età.
 
Infrastrutture
Rivoluzione digitale e infrastrutture devono camminare insieme. Ecco alcune proposte per innescare un circolo virtuoso:
1. revisionare le normative urbanistiche, obbligando alla cablatura tutte le nuove costruzioni;
2. creare un “catasto delle reti” che mostri tutte le infrastrutture di banda larga presenti sul territorio, per evitare che grandi operatori prendano soldi pubblici per competere con operatori piccoli, duplicando così le infrastrutture in zone già coperte;
3. mettere a sistema le reti wi-fi municipali e provinciali che stanno proliferando, lasciando al pubblico la gestione dell’infrastruttura e delegando ai provider “commerciali” la gestione dei servizi. Evitare la creazione di nuove municipalizzate per offrire un servizio gratuito in concorrenza con i provider e fare in modo che l’abbonato del provider sia in grado di fruire dell’infrastruttura wireless cittadina quando esce di casa. Garantire servizi di connettività gratuita per i turisti.
 
Competizione
È indispensabile definire per legge la net-neutrality: gli Internet provider non devono poter discriminare il traffico sulla base della tipologia dei servizi (es. rallentare o impedire la voice over Ip, far accedere gratuitamente ad alcuni servizi o contenuti). Questo comportamento mette a rischio la pluralità dell’informazione e la competitività del mercato.
Ho brevemente elencato alcuni dei principali punti per dotare l’Italia di una “agenda digitale” che sia capace di modernizzare davvero il Paese. È importante che ciascuna forza politica accetti questa sfida. Auspichiamo perciò una sessione parlamentare dedicata a questo tema. Le proposte e le soluzioni che emergeranno da questo confronto, rappresenteranno il primo passo per una spinta decisa del nostro Paese verso un futuro di vera innovazione.


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