Skip to main content

Interesse nazionale, serve un vaccino contro i predoni stranieri. Parla Urso

Un nuovo alert del Copasir accende le luci sulle mire predatorie straniere nelle infrastrutture critiche e parla di possibili speculazioni su Leonardo. Il vicepresidente Adolfo Urso (FdI) spiega perché serve una classe dirigente che metta al centro l’interesse nazionale. E presenta la nuova scuola (gratuita) della Fondazione Farefuturo

C’è un’altra seconda ondata che preoccupa gli apparati di intelligence e sicurezza. Con lo spettro di un lockdown bis che si aggira per il Paese, ecco tornare l’allarme degli 007 italiani sulle mire predatorie straniere negli asset stratetici. Difesa, energia, banche e assicurazioni. È ancora una volta il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ad alzare l’asticella.

La prossima settimana, si legge in un comunicato del presidente Raffaele Volpi, sarà approvata la relazione che chiude il ciclo di audizioni sull’esposizione del settore bancario e assicurativo. E già qualcosa inizia a trapelare.

Oltre agli alert sul mondo finanziario, su tutti quello sollevato nei mesi scorsi per l’operazione di Leonardo Del Vecchio su Mediobanca, preoccupano, fa sapere la stessa nota, eventuali mire di speculatori stranieri sul titolo di Leonardo Spa, campione nazionale ed europeo della Difesa che negli ultimi mesi ha visto un crollo verticale in Borsa.

Ma la minaccia è più estesa. Richiede, spiega Adolfo Urso, vicepresidente del comitato, senatore di Fratelli d’Italia, di ripensare la categoria stessa di interesse nazionale.

“Se l’allarme riguarda perfino la Finanza significa evidentemente che si siamo di fronte a un’emergenza nazionale. Non a caso il governo ha rafforzato il golden power estendendolo a settori prima scoperti, banche, assicurazioni, rete 5G, anche a soggetti europei”.

La relazione del Copasir, una volta approvata, inizierà il suo iter nelle Camere. Poi, dice Urso, c’è un lavoro che va proseguito fuori, “una Nazione da ricostruire”. “Oggi più che mai è urgente che emerga una nuova classe dirigente, non solo politica e istituzionale ma anche economica, culturale, produttiva, che abbia chiaro cosa sia l’interesse nazionale e come tutelarlo”.

“Il Covid è un acceleratore della Storia – spiega Urso – ha rimesso tutto in discussione. Dobbiamo rispondere con un progetto nazionale che consenta al nostro Paese di restare fra i grandi del pianeta. L’Ue finalmente ci ha consentito di fare quel che chiedevamo da tempo: in poche settimane ha sospeso il Patto di stabilità, abbattuto tanti tabù su debito, politica industriale, protezionismo”.

Di qui l’iniziativa della Fondazione Fare Futuro da lui presieduta. Questo lunedì ha lanciato il corso (gratuito) “FormarsiNazione” con una conferenza stampa alla Sala Nassiriya del Senato. “C’è maggiore consapevolezza anche fra la gente comune delle minacce al sistema Paese, ma siamo ancora troppo vulnerabili. E al governo abbiamo un gruppo di comandanti su una barca in tempesta, che non sanno dove andare”, commenta il senatore.

Il corso dà seguito al “Rapporto sull’interesse nazionale” pubblicato dalla fondazione quest’estate. Tanti degli autori saliranno in cattedra, con un parterre di peso e trasversale, da Alessandro Aresu a Mario Ciampi, da Guido Crosetto a Ernesto Galli della Loggia, e poi ancora Giulio Terzi di Sant’Agata, Marco Gervasoni, Giulio Tremonti, Domenico De Masi.

“Oggi più che mai è evidente che in politica e nell’amministrazione non regge più il principio uno vale uno. La crisi ci obbliga a lavorare per costruire una classe dirigente che abbia a cuore l’interesse nazionale”.

Fra i tanti temi al centro del corso, le mire di potenze straniere che vogliono imporre il “loro” interesse nazionale in Europa e in Italia. È il caso della Cina, che a un anno dal memorandum sulla Via della Seta è ancora in pressing per mettere le mani sui porti e sulla rete 5G italiana. Qui Urso riconosce che un cambio di passo, al governo, c’è stato. “Sulla Via della Seta cinese ci sono spaccature trasversali alla maggioranza, ma almeno se ne discute. L’impressione è che molte delle ambiguità sulla collocazione internazionale emerse durante il Conte 1 siano state attenuate”.

×

Iscriviti alla newsletter