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Gli anziani, il welfare e l’unità nazionale. Parla Blangiardo

Intervista al presidente dell’Istat: un errore immaginare un lockdown per gli anziani, ci sono ottantenni che stanno meglio di chi ne ha 50. Lo scontro governo-Regioni sulle restrizioni? Sono le regole della democrazia, ma alla fine nei momenti difficili conta decidere e remare tutti insieme nella stessa direzione

L’unione fa la forza, non è solo un detto. Nei momenti drammatici di una Nazione l’errore più grande che si può commettere è quello di andare in ordine sparso, disperdendo energie ed efficienza. D’ora in avanti, dice Gian Carlo Blangiardo, accademico, statistico e presidente dell’Istat, a Formiche.net, sarà meglio restare compatti per vincere la battaglia.

Niente più scontri tra governo e Regioni, insomma, ma massima coesione in vista di un Dpcm, il quarto in poche settimane, che si spera sia essere se non risolutivo, almeno efficace. E niente distinzioni tra giovani e anziani, perché dinnanzi alla pandemia siamo tutti uguali.

Blangiardo, partiamo proprio dagli anziani. Giusto chiuderli dentro casa, immaginando un lockdown over 70?

Stiamo parlando di un collettivo, di un universo che non è chiaramente definibile. Voglio dire, quando uno lo è davvero? C’è gente che va per i 90 anni che è messa molto bene e dice anche cose molto intelligenti e ci sono persone di 50 anni che sono in condizioni peggiori. E allora, stabiliamo quando uno è veramente anziano oppure no. Senza considerare che qui siamo tutti essere umani e non ci sono esseri umani di serie A o di serie B.

Anche perché c’è un rischio concreto di creare nuove forme di disuguaglianze, non crede?

Sì che c’è. Sono anni che lottiamo contro ogni forma di disuguaglianza e adesso ne andiamo a creare una nuova, di tipo anagrafico? Mi pare una sciocchezza, francamente.

Questa pandemia cambierà il volto della nostra economia. Lei crede che anche il nostro welfare in qualche modo cambierà?

Dal punto di vista degli aspetti organizzativi non credo che cambierà molto. Semmai c’è da fare un discorso per la sostenibilità, ovvero la capacità di venire fuori da questa situazione senza un impatto troppo forte sugli equilibri di bilancio. La vera difficoltà per il sistema sarà insomma riuscire a far quadrare i conti nel rispetto delle aspettative della popolazione.

I nostri conti sono già sotto stress. Lei crede che l’Italia e le sue finanze riusciranno ad assorbire l’impatto di un deficit così elevato?

Difficile dirlo. Quando siamo usciti dalla guerra la situazione non era poi così diversa. C’è sempre tempo per recuperare e poi non dimentichiamoci che operiamo in un contesto in cui altri Paesi sono nelle medesime condizioni. Quindi dovremmo semplicemente provare a trovare la forza, fisica e morale per attuare una nuova ricostruzione, così come avvenuto negli anni Cinquanta.

Blangiardo, nel terzo trimestre il nostro Pil è cresciuto del 16% rispetto al trimestre precedente. Un nuovo lockdown, qualora arrivasse, disperderebbe questo capitale?

C’è da aspettarsi quasi sempre dei rimbalzi, quando ci sono delle grandi cadute. Ora però tornare al livello di superficie non è facile, perché siamo ancora dinnanzi a delle incognite, anche perché la fiducia delle imprese era migliorata fino a pochi giorni fa. Adesso è tutto, nuovamente, condizionato da un evoluzione che cambia ogni giorno e condizionata dalle decisioni della politica.

A proposito di politica. In questi giorni abbiamo assistito a numerosi scontri tra governo e Regioni, soprattutto sulle responsabilità delle decisioni. Forse andare in ordine sparso non è il modo migliore per affrontare la pandemia…

L’unità nazionale si vede nei momenti della difficoltà, del bisogno. Certo, ci sono le regole della democrazia e certi atteggiamenti si spiegano anche. Però forse arriva un momento in cui bisogna decidere tutti insieme e soprattutto remare in un’unica direzione.

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