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Casa Bianca, oro nero. Così Trump e Biden scaldano il petrolio

Quanto ballano le montagne russe del petrolio con le elezioni Usa? E quanto pesa invece la crisi del Coronavirus? Una radiografia del mercato più politico al mondo, che ha gli occhi puntati sulla Casa Bianca

Come impattano due fattori come il Covid e l’election day americano sui prezzi del petrolio? I prezzi hanno guadagnato oltre il 2% lunedì scorso, scrollandosi di dosso le perdite precedenti, mentre gli Stati Uniti si dirigono verso le controverse elezioni presidenziali: si tratta di un dato direttamente proporzionale alle urne o a una ripresa dopo il crollo dei prezzi accusato la scorsa settimana?

La riduzione di alcune perdite dipende anche dalla crescita degli ordini giapponesi e dalla riprea del manifatturiero Usa, mai così bene in 17 anni. Intanto in Libia si pompa: la produzione di greggio ha raggiunto gli 800.000 barili al giorno. Si tratta di un aumento di 100.000 bpd in pochi giorni.

I PREZZI

Secondo Rystad Energy la domanda globale di petrolio raggiungerà il picco di 102 milioni di barili al giorno (bpd) nel 2028: la spinta all’energia a basse emissioni di carbonio e la pandemia di coronavirus accelereranno la tempistica del picco della domanda di petrolio al 2028 dal 2030 precedentemente previsto. Il dato è che la pandemia e il possibile cambiamento duraturo dei comportamenti dei consumatori potrebbero aver già portato al picco della domanda di petrolio.

Va osservato che la riduzione di alcune perdite è giunta dopo che gli ordini di esportazione del Giappone sono cresciuti per la prima volta in due anni e l’attività della fabbrica cinese è salita a ottobre 2020 al suo massimo in quasi un decennio. Un quadro a cui va sommata l’accelerazione dell’attività manifatturiera statunitense fatta registrare in ottobre, con i nuovi ordini che sono balzati al livello più alto in quasi 17 anni.

Resta il dato oggettivo legato all’emergenza sanitaria: in Europa si stanno ripristinando dappertutto misure di contenimento per cercare di rallentare l’avanzata del Covid. Per questa ragione i players globali che commerciano il petrolio prevedono un ulteriore calo della domanda a causa del virus.

QUI RUSSIA

Da un lato sembra che la Russia stia considerando l’idea che l’Opec + ritardi l’allentamento dei tagli alla produzione. È emerso da un incontro a cui hanno preso parte i capi delle compagnie petrolifere russe hanno alla presenza del ministro dell’Energia russo Alexander Novak: sul tavolo anche la possibilità che vengano estesi i tagli per tre mesi fino a marzo 2021, invece di allentarli da gennaio come previsto inizialmente. Gli analisti di Goldman Sachs hanno affermato che si aspettavano che l’accordo di taglio della produzione Opec + di quasi 2 milioni di barili al giorno fosse esteso oltre il gennaio 2021.

Novak inoltre ha invocato una più ampia cooperazione tra la Russia e l’Opec per rafforzare il settore del gas naturale. Il riferimento è al Gefc, il Forum dei paesi esportatori di gas di cui Mosca è stata un membro attivo. L’obiettivo è creare le condizioni politiche affinché i prezzi del petrolio non scendano ulteriormente. Si tratta di una serie di mosse preparatorie al prossimo incontro di Opec+ previsto il 30 novembre.

QUI LIBIA

La produzione di greggio della Libia ha raggiunto gli 800.000 barili al giorno, proseguendo l’incremento della produzione di petrolio iniziato alla fine di settembre, quando l’esercito nazionale libico ha accettato un cessate il fuoco con il governo di accordo nazionale e ha revocato il blocco dalle strutture petrolifere. Negli otto mesi di “oil lockdown” la perdita era stata quantificata da più di 1 milione di bpd a meno di 100.000 bpd, con un danno stimato in circa 10 miliardi di dollari che Noc (National Oil Corporation) aveva definito “una perdita devastante soprattutto in questo periodo di crisi nazionale”.

Ora il player libico ha ripristinato la produzione con il più grande giacimento in Libia, Sharara, che è ripartito in ottobre. L’obiettivo dichiarato è di raggiungere di 1 milione di barili al giorno entro il prossimi 40 giorni. Ciò è in contrasto con le aspettative secondo cui il paese nordafricano avrebbe impiegato diversi mesi per ripristinare la sua produzione di petrolio e ha fatto pressione sui prezzi del petrolio in modo significativo. Resta comunque un velo di perplessità sulla situazione generale che permane instabile, con il rischio di possibili nuovi blocchi e interruzioni di produzione.

twitter@FDepalo


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