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Il virus dell’ipocrisia. La bacchettata di Ainis a governo e regioni

Un brutto spettacolo. Il rimpallo di responsabilità fra governo e regioni sulle restrizioni, spiega il costituzionalista Michele Ainis, riflette “il virus dell’ipocrisia”: la politica ci mette la faccia solo quando conviene. E il “soviet” degli scienziati dovrebbe essere un po’ più imparziale

“In una democrazia, potere significa responsabilità”. Il ping-pong fra governo e regioni sulle zone rosse non è un bello spettacolo per la politica. Michele Ainis, costituzionalista dell’Università di Roma Tre e componente dell’Autorità per la concorrenza, lo chiama “il virus dell’ipocrisia”. Il gioco del cerino, confida a Formiche.net, “non dovrebbe esserci nel mezzo di una crisi sanitaria. In un momento come questo, servirebbe uno sguardo che vada un po’ più in là del consenso immediato”.

Professore, chi dovrebbe istituire la zona rossa: governo o regioni?

La soluzione tecnica individuata, cioè stabilire canoni superati i quali scatta la zona rossa, arancione o gialla, mi sembra un automatismo ragionevole. Il problema è che non sono state diffuse le tabelle con i criteri. C’è un tema di trasparenza. E uno di imparzialità.

Imparzialità?

In questo “soviet” di scienziati che decidono quali sono i parametri ci sono anche alcuni tecnici “regionali”. Ovvero il confine fra tecnica e politica è molto labile. In un tribunale, c’è il perito di parte e quello d’ufficio. Qui mi sembra manchi il secondo.

Il governo cosa dovrebbe fare?

Assumersi le sue responsabilità. La politica cerca sempre di prendere le decisioni più in sintonia con gli umori dell’opinione pubblica. Durante la prima ondata abbiamo assistito a una gara a chi aveva la mascella più dura fra Stato, regioni e sindaci. Il favore del governo e dei governatori sceriffi è andato su. Allora.

E adesso?

Sta accadendo il contrario. L’angoscia per la chiusura prevale su quella per il virus, ed è partita la gara a chi è più morbido. Così nessuno vuole assumersi la responsabilità di un lockdown. Non aiuta il pasticcio della competenza concorrente in materia sanitaria. La crisi ha dimostrato che la logica del condominio non funziona.

Ma quella è la riforma del titolo V. Approvata ormai da vent’anni.

Infatti da vent’anni dico che competenza concorrente significa non decidere. Il virus ha fatto da lente di ingrandimento di alcuni mali delle nostre istituzioni. Ipertrofia normativa, confusione nell’attribuzione delle competenze, rissa perenne fra istituzioni.

Si può andare avanti a Dpcm?

No, non si può. I Dpcm sono una fonte del diritto sconosciuta in Costituzione, che invece prevede il decreto legge. Perché, a differenza dei Dpcm, dà alcune garanzie precise. Su tutte, il controllo del presidente della Repubblica, che lo emana, ma anche della Corte Costituzionale e, ovviamente, del Parlamento.

Come se ne esce?

Non basta parlamentarizzare il Dpcm presentandosi alle Camere per esporne i contenuti. Lo Stato d’emergenza deve essere affrontato con atti aventi forza di legge. E chi pensa che siano solo cavilli, si sbaglia di grosso.

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