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Dpcm 22, racconto semi-serio per una diversa gestione della pandemia

classe dirigente

“Chi è pazzo può chiedere un diverso approccio al Covid-19. Ma chi chiede un diverso approccio al Covid-19 non è pazzo”. Ovvero: racconto semi-serio su come si potrebbe evitare lo stillicidio di Dpcm che seminano incertezza e impediscono una pianificazione razionale della vita e dell’economia. Scrive Gregory Alegi, giornalista e storico

“Ancora poco e andrò a casa”, pensò John Yossarian guardando il calendario. “Mancano pochi giorni alla scadenza del Dpcm, poi potrò riabbracciare amici e parenti”. Socchiuse gli occhi e si lasciò trasportare fino a una birreria, al compleanno dello zio, al Natale ormai alle porte. Era stata dura, ma un giorno alla volta, tenendo gli occhi fissi sull’obiettivo, era arrivato in fondo. Ancora pochi giorni… È in arrivo il Dpcm “Natale”, gracchiò la radio. Vietati sci e cenoni…

“Dpcm Natale?”, sobbalzò John, con la bocca contorta in una smorfia tra sofferenza e disgusto. “Non è possibile! Prima avevano detto 23 novembre, poi 3 dicembre, ora… chissà?”. Yossarian girava per la stanza cercando di trattenere la rabbia che premeva per uscire.

“Ascolta”, intervenne serafico Orr, il collega che faceva tamponi su tamponi ma risultava sempre negativo. “Non è niente. Siamo sopravvissuti fino a oggi. Ce la faremo fino al 31 gennaio 2020, quando scadrà lo stato di emergenza”.

“Orr! Lo stato di emergenza non scadrà mai! Sarà sempre prorogato. Non lo capisci?”. John era una furia e sembrava sul punto di esplodere. Prese fiato e continuò.

“Vuoi che ti faccia l’elenco? Dpcm 23 febbraio, 1 marzo, 8 marzo, 9 marzo, 11 marzo, 22 marzo, 1 aprile, 10 aprile, 26 aprile, 17 maggio, 14 giugno, 7 settembre, 13 ottobre, 18 ottobre, 24 ottobre…”. Si fermò, senza fiato, esausto, senza sapere dove poggiare lo sguardo per trovare sollievo.

Quando alzò gli occhi incrociò il volto soddisfatto di Milo Minderbinder, sul quale era stampato un sorriso strano e diabolico. “Hai sentito che bella notizia, John?”, disse Milo senza un filo d’ironia.

“Veramente ne ho sentite solo di cattive”, rispose Yossarian, affranto. “Ma non capisci che grande opportunità?”, intonò Milo, già perso nelle proiezioni di crescita. “Tutti a casa… il mio delivery vedrà moltiplicare il fatturato… i prezzi di molti beni crolleranno, molti piccoli operatori finiranno fuori mercato, moltiplicano le opportunità di business per chi è pronto a coglierle… come me!”.

“Ma io voglio… devo lasciare Pianosa, ne ho bisogno per il mio equilibrio mentale. Sono otto mesi che la mia vita sociale e professionale è andata in pezzi…”, ululò John, senza nessun interlocutore in particolare. “Faccio i salti mortali per gestire i figli, che stanno più a casa che a scuola. Non ho né i computer né lo spazio né la banda per studiare e lavorare tutti da casa…”. concluse con un filo di voce, come sul l’orlo di una crisi di nervi. Ma riprese quasi subito.

“Mentre il settore pubblico continua il suo tran-tran di sempre, senza neppure la seccatura della ressa agli sportelli, negozi, ristoranti e imprese chiudono per l’impossibilità di pianificare più in là di una settimana”. Più che parlare, ormai John ruggiva. “Quando scadrà il Dpcm Natale, arriverà quello Befana, e poi quello Carnevale, quello Quaresima”.

“Ce l’hanno con me”, sbottò, con tanta forza da far tremare i vetri. “Ma che diavolo dici, Yossarian!”, lo interruppe Orr, infilandosi in una delle rare pause di quel torrente di parole. “Sono provvedimenti che valgono per tutti”.

“Stai dicendo che io sono escluso? Che i Dpcm prevedono un’eccezione per John Yossarian?”.

“Ma no, è chiaro che no!”, ribatté Orr, stupito dell’ingenuità di Yossarian.

“E allora lo vedi che puntano proprio a me? Alla mia vita? Al mio equilibrio mentale?”, chiuse John con un’aria di soddisfazione. “A meno che…”.

“A meno che cosa?”. “Mi è venuta un’idea da pazzo”, disse John, rasserenandosi all’improvviso. «Un approccio alternativo per gestire l’emergenza”.

Gli amici lo guardarono come fosse impazzito davvero. “È chiaro che del virus non ci libereremo tanto presto”, iniziò John, con il tono di chi debba spiegare le cose a interlocutori poco dotati. “Quindi, mettere la scadenza a un mese significa prenderci tutti per i fondelli. Con l’aggravante di creare false speranze, frustrazione… rabbia! Se qualcuno li andasse a cercare con il forcone, avrebbe torto, ma il fenomeno non sarebbe difficile da capire. Mi seguite?”.

Milo e Orr annuirono, chiedendosi dove volesse andare a parare: era chiaro che il Covid aveva avuto un effetto pesante sulla sua stabilità mentale, spingendolo alla pazzia. “Allora, dico io, meglio l’approccio delle condanne penali. Ti diamo sei mesi, ma se ti comporti bene, rispetti le regole, fai calare il contagio, arriva lo sconto di pena ed esci prima. Un incentivo positivo, anziché una punizione. Uno stimolo efficace e non retorico per fare squadra”. Si fermò per ascoltare l’effetto delle sue parole.

“John, è un’idea talmente folle che potrebbe persino funzionare”, disse Milo con voce grave. “Peccato solo che il Dpcm 22 lo vieti”.

“Il DPCM 22?”.

“Non lo conosci? – s’intromise Orr – Chi è pazzo può chiedere un diverso approccio al Covid-19; ma chi chiede un diverso approccio al Covid-19 non è pazzo”.

“È perfetto”, chiosò Milo. “Mi chiedo chi sia la mente superiore che ha potuto concepirlo. Di sicuro non un membro di questo governo…”.


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