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Quelle riforme (mancate) per il Recovery Fund. L’analisi di Tivelli

A meno che chi scrive non si sbagli, ad oggi non risultano alacri lavori in corso per mandare in porto quelle riforme che non solo ci chiede Bruxelles, ma che sono esiziali per la competitività e il rilancio del sistema Italia

Come già ho osservato da queste colonne, non mi pare di poter dire che la questione del Recovery Fund italiano sia stato affrontato dal governo (né a dire il vero da vari organi di opinione), sin qui, con efficienza, precisione e puntualità. C’è poi una questione collegata al Recovery Fund che sta passando del tutto sotto traccia. Sulla base delle ultime indicazioni arrivate da Bruxelles ( 20 maggio 2020), una delle condizioni per ottenere in fondi è l’avvio di una serie di riforme da parte dell’Italia, alcune delle quali di tanto in tanto annunciate, ma che non abbiamo mai realizzato, ritenute imprescindibili ed urgenti.

Si tratta di quello che può sembrare un vincolo per il Paese, ma che è anche davvero un’opportunità, perché consentirebbe di sciogliere nodi cruciali per il risanamento e il rilancio dell’Italia. Eccone in sintesi l’elenco: semplificazione della burocrazia, riduzione dei tempi della giustizia sia penale che civile, un piano di lotta alla corruzione, un piano di contrasto alla grande piaga dell’evasione fiscale (110 miliardi ogni anno). Seguono la riforma del mercato del lavoro, collegata all’incremento dell’occupazione femminile e giovanile e la riforma dell’istruzione e della formazione professionale, con specifico riferimento alle competenze digitali.

Onestamente, sembra che questo elenco configuri una buona agenda del governo (su cui potrebbe convergere in parte anche l’opposizione) sulla quale non sarebbe difficile trovare il consenso degli stessi cittadini, salvo che parte della nostra classe politica e anche di governo è presa da una certa miopia. Ad esempio, anche vari esponenti dell’esecutivo, di tanto in tanto, reclamano o scrivono che è necessaria la lotta all’evasione fiscale, ma poi temono di toccare gli interessi di qualche categoria e i riflessi elettorali che ne possono derivare, mentre invece una seria azione di contrasto all’evasione fiscale non comporterebbe solo un serio beneficio per la finanza pubblica e anche per la giustizia sociale ma potrebbe generare un ritorno positivo in termini di consensi.

Nessun dubbio c’è poi per gli effetti positivi per i cittadini di una vera semplificazione burocratica che potrebbe semplificare la vita di tutti grazie ad una nuova trasparenza amministrativa e riavvicinare i cittadini allo Stato. Quanto poi ai tempi della giustizia, a parte le sofferenze sui cittadini e le imprese che comportano i tempi della giustizia penale, una giustizia civile con tempi più veloci ed europei comporterebbe non solo effetti positivi per i cittadini e le imprese ma una ben migliore attrazione di capitali esteri, come è dimostrato da varie ricerche.

Ebbene, salvo che chi scrive sia male informato, non risultano alacri lavori in corso per mandare in porto queste riforme che non solo ci chiede Bruxelles, ma che sono esiziali per la competitività e il rilancio del sistema Italia e costituiscono la condizione e l’accompagnamento più naturale di quel grande progetto di sviluppo che dovrebbe provenire dal Recovery Fund.

Se così è, si dovrebbero invece mettere all’opera nei singoli ministeri competenti, sulla base di un’azione di impulso e coordinamento della Presidenza del Consiglio, gruppi di lavoro coinvolgendo i migliori esperti (di matrice tecnica o socio politica) delle materie coinvolte per por mano alle singole riforme, in modo tale che dal pungolo riformatore legato al Recovery Fund rinasca un Paese in crescita, più moderno, equo e competitivo, nell’interesse delle imprese e dei cittadini.

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