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Italia-Germania, così l’asse si rafforza con Biden. Il dibattito Iai

Dalla Libia alla Cina, l’era Biden negli Stati Uniti riscrive l’agenda transatlantica e può rinsaldare l’asse Italia-Germania. Come? Il dibattito all’Istituto affari internazionali (Iai) con i parlamentari e l’ambasciatore tedesco Viktor Elbling

Più che una “svolta”, una conferma. L’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca riallinea Roma e Berlino. Il 2021, recitano in coro gli analisti, sarà un anno cruciale per i rapporti fra Italia e Germania. Lo pensa anche buona parte della politica italiana, a giudicare dall’ultimo incontro dell’Istituto affari internazionali (Iai), “In Times of Power Politics – How Can, How Should Europe Deliver? An Italian and German View”.

Messi a confronto sulla nuova era americana vista al di qua dell’Oceano, parlamentari italiani e tedeschi, moderati dalla direttrice dello Iai Nathalie Tocci, si sono chiesti quali saranno le priorità dell’agenda. Una traccia l’ha già segnata la Commissione Ue di Ursula von der Leyen, che ha appena pubblicato una road map per rilanciare i rapporti transatlantici. Ambiente, digitale, lotta al Covid e corsa al vaccino, politica estera, tanti i dossier della discordia durante i quattro anni di Donald Trump a Pennsylvania Avenue.

Immaginare un’inversione a u all’indomani dell’inaugurazione può essere un errore. Lia Quartapelle, deputata del Pd in Commissione Esteri, auspica piuttosto una presidenza americana più presente sullo scenario internazionale, soprattutto a difesa dei diritti umani, ma non relegata allo stereotipato ruolo di “poliziotto del mondo”. Anche l’Ue deve fare la sua parte. “Non è più solo un dovere degli Usa. L’Ue è circondata da regimi che sopprimono qualsiasi richiesta di democrazia, dalla Bielorussia alla Turchia fino al Nord Africa. La democrazia, lo stato di diritto vanno coltivati”.

Buona parte del riposizionamento dell’Ue dipende dalle sue geometrie interne. Quelle che vedono, ad esempio, la Francia di Emmaunel Macron e la Germania di Angela Merkel su due fronti opposti, la prima a promuovere l’autonomia strategica anche dagli Stati Uniti, la seconda a rilanciare una Difesa europea a trazione Nato. Fra le forze politiche europee, però, le faglie non sono così distinte.

“Preferisco il termine sovranità europea ad ‘autonomia strategica’ – dice ad esempio il tedesco Nils Schmid, parlamentare e responsabile Esteri della Spd – Macron ha ragione quando alla Sorbona ricorda che non bisogna abbandonare la sovranità nazionale in ossequio alle competenze dell’Ue. Annegret Kramp-Karrenbauer (ministra della Difesa tedesca, ndr) è rimasta ferma agli anni ’80. Anche noi speriamo che Biden sia un partner migliore della Nato, ma dobbiamo difendere l’Europa con i nostri mezzi. E a volte i nostri interessi sono opposti a quelli americani, penso al caso Airbus”.

“La Germania deve assumersi più responsabilità in politica estera, definire i suoi interessi, prendere l’iniziativa europea – ribatte Marian Wendt, deputato della Cdu.

Due i tornanti della svolta che possono fare di Berlino e Roma due interlocutori privilegiati per Biden. Il primo si chiama Libia. “Italia e Germania hanno sempre giocato nello stesso team, dovrebbero valorizzarlo di più” spiega l’ambasciatore tedesco a Roma Viktor Elbling.

Il secondo invece riguarda la postura nei confronti della Cina. “Lì guarderà il futuro della Nato. I valori dell’Alleanza atlantica oggi sono minacciati dalla sfida cinese – dice Paolo Formentini, deputato della Lega in Commissione Esteri e membro della Delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato – Italia e Germania devono essere chiare. Cina o Stati Uniti, il bivio è chiaro. Non ci sono grandi vie di mezzo”.

Per Marta Grande, deputata del Movimento Cinque Stelle e già presidente della Commissione Esteri alla Camera, quella terza via invece esiste e la gestione della pandemia ne è la prova più evidente. “Sappiamo come la Cina ha gestito la crisi pandemica del coronavirus, l’assenza di informazioni che ne ha facilitato la diffusione mondiale. Ma sappiamo anche che gli Stati Uniti non sono riusciti a fronteggiarla, a mostrare leadership. L’Ue ha condiviso informazioni, ha sempre garantito la trasparenza. È un dato di fatto, da riaffermare con orgoglio”.



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