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Così Conte (e il M5S) può arrivare al 2023. Parla Lusetti

Dimissioni di Conte, rimpasto, il Movimento che diventa partito. Renzo Lusetti, già capo dei giovani democristiani e protagonista della politica italiana per cinque legislature, spiega la vera corsa a ostacoli del governo. Nazareno bis? Non ci sono le condizioni

“Così, altri due anni, non si può andare avanti”. Renzo Lusetti non ci gira intorno. Vecchia conoscenza della politica italiana, in Parlamento a 28 anni per restarci cinque legislature, già capo dei giovani democristiani (e demitiano di ferro), una lunga trafila tra Dc, Ds, Margherita, Udc, Pd, oggi dirigente d’impresa, è solito leggere la politica italiana con il grandangolo e non con il microscopio. “Il Mes è solo un ostacolo. Questa maggioranza, se vuole tagliare il traguardo, ha bisogno di altro”.

Di cosa?

Coraggio. Quello che serve al presidente Giuseppe Conte per dimettersi, presentarsi al Quirinale e formare un nuovo governo con un progetto politico e una squadra rivisitata, o rimpasto che dir si voglia. O al Movimento Cinque Stelle, per diventare finalmente un partito.

Quindi mercoledì niente inciampi?

Mercoledì non succederà nulla. Il Pd è blindatissimo, i Cinque Stelle si blinderanno. Gli incidenti capitano, per carità, ricordiamo tutti il caso Prodi. Ma questa maggioranza mi sembra il frutto di una tendenza consolidata.

Un rimpasto è nell’aria?

Solo se Conte lo accetta, non mi sembra molto propenso. Senza le sue dimissioni non c’è rimpasto. Deve però rendersi conto che se non c’è un rilancio della struttura e del programma di governo andare avanti fino alla fine è difficile. I tempi stringono, a giugno c’è il semestre bianco. Deve prendere iniziativa lui, dimettersi con coraggio. Se non ci sono incidenti di percorso nella legge di bilancio, può darsi che ne tragga forza.

Sembra che i suoi ex colleghi nel Pd lo vogliano silurare a targhe alterne.

Il Pd fa quello che deve fare. Incalza il governo, si ritaglia lo spazio e la centralità che gli spetta. Chiede un piano per il Paese: la pandemia forse dura altri otto, nove mesi, le sue conseguenze ben oltre. E poi rilancia un’alleanza strategica, non organica, con i Cinque Stelle, soprattutto a livello locale. Se anche loro fossero intelligenti farebbero altrettanto, da Nord a Sud, come fa un partito vero.

Di Maio è la persona giusta per quel passaggio?

È naturale. Che sia o meno il capo politico, è lui il frontman all’interno del governo. E sa che quel passaggio è un’assicurazione sulla vita per la maggioranza.

Lusetti, non è che torna il Nazareno?

Lo escludo, Berlusconi sta solo dando un colpo al cerchio e uno alla botte. Non ha alcun interesse a mandare in frantumi il centrodestra. Né il governo dovrebbe legare il suo destino al voto favorevole di qualche senatore. Non è con toppe e incollature che rilancia la coesione della maggioranza.

Il Colle resta a guardare, in silenzio. È normale?

Cos’altro potrebbe fare? Il Colle è per definizione un osservatorio privilegiato, vede un orizzonte ampio, che oggi non c’è. Fa sapere, con discrezione, che un altro governo ora non esiste, che in caso di rottura le elezioni anticipate sono possibili, anzi probabili. Una volta cambiava il capo del governo e la maggioranza restava al suo posto. Non è più così, sono un tutt’uno.

La congiuntura Biden rafforza il Pd o Conte?

Formalmente il presidente degli Stati Uniti ha rapporti con il primo ministro. Nei fatti, sappiamo che il Pd ha una antica consuetudine con i democratici americani e soprattutto con Obama, di cui Biden è stato vice. Perfino con Trump il Pentagono e il Dipartimento di Stato hanno individuato in due ministri dem, Enzo Amendola e Lorenzo Guerini, due interlocutori privilegiati. C’è da scommettere che l’intesa continuerà.

 

 

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