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L’ansia di un nuovo inizio

Il primo decennio del nuovo millennio è alle nostre spalle.
Per fortuna, verrebbe da aggiungere. Iniziato con i fasti del Giubileo, questo periodo consegna a noi europei ed occidentali quel senso di stordimento tipico di una sbronza. L’ubriacatura, del resto, è durata quasi mezzo secolo e smaltirne le scorie non sarà facile. E certamente non è stato semplice affrontare la lunga e strutturale crisi di questi ultimissimi anni. Una crisi che ha investito la finanza e l’economia, ma anche la politica e la stessa vita sociale delle nostre comunità.
Una crisi cui tutti, o quasi, rispondiamo con la retorica delle opportunità o degli indici di felicità distinti da quelli del Prodotto interno lordo. Concetti, come a volte lo sono le pubblicità, ingannevoli.
La realtà è ancora in parte da decodificare. Quel che è certo è che in questi lustri si è realizzato uno straordinario rivolgimento globale. Gli equilibri, le forze, le contraddizioni sono diversi da quelli che abbiamo conosciuto e ai quali ancora, per inerzia, continuiamo a riferirci.
Il paradigma nuovo deve essere ancora definito e, fra le pesanti scosse di assestamento che ci sono e ci saranno, non è detto che per noi – europei ed occidentali – non ci sia la possibilità di giocare un ruolo. Per ora, abbiamo solo subíto e spesso pure senza rendercene conto.
I vecchi orgogli di quello che è un mondo vecchio ci hanno resi divisi. Vedere quel che accade dentro l’Unione europea per capire quanto futuro abbiamo buttato alle nostre spalle. Tuttavia, bisogna resistere ardentemente dal riflesso condizionato di una resa.
I nostri valori, quelli che oggi appaiono soccombenti, sono positivi in sé. Certo, guardando alla Cina il dubbio se la democrazia abbia ancora un senso viene. Ma non è venendo meno ai nostri ideali più profondi e più radicati che ne usciremo. Semmai dobbiamo fare un falò di tutte quelle sovrastrutture, di tutte quelle retoriche politicamente corrette, che hanno avuto – quelle sì! – effetti oppiacei sui nostri popoli.
Da questo punto di vista serve un benefico refresh, culturale e anche politico. Un miraggio a vederlo dall’Italia. Eppure la necessità si farà virtù. E si scoprirà che l’ansia di Formiche nel denunciare le nudità della corona aveva forse una qualche giustificazione.


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