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Dal rimpasto al valzer Quirinale. Mastella spiega le mine di Conte

Se una mina c’è sulla strada di Giuseppe Conte si chiama Movimento Cinque Stelle, dice Clemente Mastella, sindaco di Benevento e volto di punta della Dc, finché non si consuma il divorzio con Rousseau rimane un elemento di instabilità. Conte? Da avvocato del popolo è diventato avvocato di se stesso

“Il Pd e i Cinque Stelle sono sempre a rischio di cadere da un letto troppo stretto per entrambi”. Il rischio però, è che “il momento della caduta sia particolarmente doloroso”. Così simili, così diversi. L’affresco del Governo fatto da Clemente Mastella, sindaco di Benevento ed ex esponente di spicco della Democrazia Cristiana parte da una pennellata sulle “fragilità del Movimento 5 stelle”. “È evidente – dice – che finché l’esecutivo sarà composto da una componente così fragile e in fase di profonda trasformazione come i grillini, troverà la sua sostanziale forma di legittimazione in questo stato di emergenzialità che il Paese sta vivendo”.

Si tratta in buona sostanza di “una logica incardinata unicamente sulla convenienza politica”. Ed è evidente che questa cosa a lungo andare “non può reggere”. Attenzione però ad escludere a priori l’ipotesi di un Conte ter. “Non è escluso che possa ripresentarsi, un domani, una configurazione governativa con i medesimi equilibri che vediamo oggi – analizza Mastella – tanto più che il premier in questa fase sta svolgendo un ruolo molto intelligente, che peraltro è servito anche ad accedere ai 209 miliardi che l’Europa ha destinato all’Italia”. Una sorta di palingenesi che ha portato Conte dall’essere “l’avvocato del popolo all’avvocato di se stesso”.

Il monito di Mastella però, sempre analizzando la complessa situazione nella galassia delle 5 stelle, è che “il Movimento, qualora volesse tornare nuovamente ad avere un ruolo di primo piano nella compagine di un futuro esecutivo, deve rinunciare ai fondamenti con i quali ha sfondato, anni or sono, nella scena politica”. Vale a dire che i pentastellati “dovranno accettare alleanze, stringere accordi e coalizzarsi”. L’elemento che avrebbe dovuto tracciare la nuova rotta per il Movimento, chiarificando anche il rapporto fra piattaforma Rousseau (leggasi Davide Casaleggio) e il Movimento stesso avrebbero dovuto essere gli ‘Stati Generali’. Eppure, dice Mastella, “non hanno portato a un nulla di fatto”. Forse anche a causa della “impostazione granitica che ha il Movimento, nonostante la sua fluidità. All’interno infatti non è possibile avere una visone differente. Se la pensi in modo diverso o scappi o ti cacciano”. Elemento quest’ultimo che differenza in maniera viscerale i 5 stelle dal Pd che invece è “una formazione che, nonostante abbia tante fazioni al suo interno, rimane ancorata a logiche partitiche tradizionali”.

L’altro tallone d’Achille per il governo è Matteo Renzi. Seppure, ammette il sindaco di Benevento, “pone talvolta questioni serie, come la governance sul Recovery fund”. Per questo l’ex ministro del Lavoro non esclude ipotesi di rimpasti che possano dare “maggiore possibilità di influenza a Italia Viva”. L’opinione di Mastella sulla governance del Recovery fund non è sovrapponibile ma si avvicina a quella espressa dai renziani. E, in questo senso, Mastella ribadisce la necessità di “un controllo parlamentare sulla gestione delle risorse europee”. Il sindaco di Beneventoha un piano “keynesiano per il Recovery fund. Insomma qualcosa che torni a dare effettivamente dignità alle persone”.

Se è vero che l’esecutivo fa i conti quotidianamente con divergenze importanti, anche il centrodestra “non è in buona salute”. Specie per la parte leghista. Al di là delle difficoltà interne alla coalizione, Mastella sostiene che “Salvini ha dimostrato che non potrà mai essere uno statista”. Quindi anche qualora si concretizzasse la possibilità di un governo a traino centro-destra “Salvini potrebbe aspirare a tutto, meno che a fare il premier”.

Mastella si spinge anche oltre. “Sono convinto – spiega – che se al posto di Conte ci fosse stato il leader del Carroccio, non avremmo ottenuto i risultati e i fondi che invece l’Unione ha deciso di accordarci”. Insomma non si può essere antieuropeisti nel momento in cui “l’Europa si dimostra prodiga e aperta nei nostri riguardi”. Sulla corsa al Colle, l’ex Dc è schietto: “ Mattarella molto probabilmente potrebbe essere l’unico che può succedere a se stesso, sebbene non credo abbia intenzione di farlo”. Si potrebbe però creare una situazione simile a quella che si è verificata “con l’ex presidente Giorgio Napolitano. Matterella potrebbe accettare un ulteriore periodo alla presidenza della Repubblica, in attesa che venga designato il suo successore”. Il rischio più concreto, comunque, è per la sinistra. Sì, perché “se in effetti si costituisse un esecutivo di centrodestra, la colazione vincente potrebbe ‘aggiudicarsi’ anche quella carica lì”. La strada da seguire è allora quella di “cercare un nome anche al di fuori del Parlamento, come fu Ciampi”.

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