Skip to main content

Bot, fake news e censura. Ecco la macchina della propaganda cinese

ProPublica e New York Times rivelano come il governo cinese abbia reagito alla morte del medico-eroe di Wuhan manovrando la propaganda sul coronavirus a suon di bot, fake news e censura. Una campagna senza precedenti che, come rivelato a marzo da Formiche.net, ha colpito anche l’Italia

Non inviare notifiche per avvisare i lettori dei giornali della morte di Li Wenliang, il medico di Wuhan che per primo suonò l’allarme sul coronavirus. Rimuovere il suo nome dagli argomenti di tendenza sui social. Attivare “legioni di falsi commentatori online” (bot) per inondare i social di altri temi e distrarre. Sono i tre punti della campagna di propaganda messa in piedi dai funzionari cinesi che il 7 febbraio scorso, dopo la morte del dottor Li, temevano di perdere il controllo della narrazione. A svelarla sono state ProPublica e New York Times, che hanno avuto accesso, tramite gli hacker di CCP Unmasked, a migliaia di direttive e memo riservati inviati dall’Amministrazione cinese per il cyberspazio (l’ente regolatore di Internet creato nel 2014 dal presidente Xi Jinping) ai dipendenti della propaganda e agli organi di stampa. Obiettivo di Pechino (su input del presidente stesso): rispondere alla “sfida senza precedenti” posta dalla morte del dottore ed evitare gli effetti butterfly, snow ball e broken windows, si legge in una delle direttive.

UNA GIOIOSA MACCHINA DA PROPAGANDA?

Ma il caso del 7 febbraio è soltanto uno degli episodi di una campagna pensata per risollevare dalla pandemia di coronavirus l’immagine del Partito comunista cinese, nel Paese e all’esterno. Anche a suon di fake news e bot e silenziando le voci fuori dal coro. Quanto emerge dall’inchiesta di ProPublica e New York Times dimostra l’imponenza della struttura della propaganda cinese: “È molto di più che premere semplicemente un bottone per bloccare alcune idee, immagini o notizie indesiderate”, si legge. La Cina non ha mai nascosto i suoi controlli rigidi su Internet ma i documenti raccontano “quanto sforzo dietro le quinte sia necessario per mantenere una presa salda”. Infatti, “ci vuole un’enorme burocrazia, eserciti di persone, tecnologie specializzate realizzate da appaltatori privati, il monitoraggio costante delle testate online di notizie e delle piattaforme di social media e, presumibilmente, molti soldi”.

UN CASO UNICO AL MONDO

Secondo Xiao Qiang, ricercatore presso la School of Information dell’Università della California di Berkeley e fondatore di China Digital Times, la Cina ha “un sistema di censura politicamente armato; è raffinato, organizzato, coordinato e supportato dalle risorse dello Stato”. Un “apparato capace di costruire una narrativa e puntarla su qualsiasi obbiettivo su vasta scala”, “qualcosa di enorme che nessun altro Paese ha”, ha aggiunto l’esperto.

LE ORIGINI DEL CORONAVIRUS

Gli Stati Uniti e altri Paesi hanno accusato per mesi la Cina di cercare di nascondere la verità sull’epidemia ai suoi inizi. Potrebbe non essere mai chiaro se un flusso più libero di informazioni dalla Cina avrebbe potuto impedire la pandemia, notano ProPublica e New York Times. Che però sottolineano come, mentre il mondo stava a guardare, la Cina si preoccupava di “rendere il virus meno grave”.

E IN ITALIA?

Ai lettori di Formiche.net questa storia non suonerà molto nuova. A marzo, infatti, avevamo rivelato un’operazione senza precedenti della propaganda cinese sugli aiuti per il coronavirus. Un esempio? Quasi la metà dei tweet con l’hashtag #forzaCinaeItalia era opera di bot. Laura Rosenberger, direttore dell’Alliance for Securing Democracy e senior fellow del German Marshall Fund, aveva evidenziato già a marzo come il governo cinese avesse mutuato dalla Russia diverse tattiche della disinformazione via internet con lo scopo di ripristinare la propria immagine dopo i ritardi che hanno causato l’esplosione della pandemia a Wuhan. Dalle rivelazioni di Formiche.net avevamo scoperto che queste tattiche hanno trovato applicazione in Italia. Oggi, con l’inchiesta di ProPublica e New York Times, scopriamo l’esistenza di una gioiosa macchina della propaganda cinese, unica al mondo.


×

Iscriviti alla newsletter