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Così Pechino sfrutta gli uiguri. Le immagini satellitari dello Xinjiang (e cosa significano)

Un’indagine di Buzzfeed News confermerebbe gli abusi nella regione. Le fabbriche di cotone (e non solo) e il ruolo della comunità internazionale

Nuovi indizi sullo sfruttamento degli uiguri in Cina. Pechino starebbe intensificando l’uso dei lavori forzati in campi di concentramento di questa comunità di minoranza musulmana. E, nonostante il governo cinese sostenga che si tratta di “centri di formazione professionale”, alcune immagini satellitari documentano la natura delle strutture sotto accusa.

Secondo un reportage speciale pubblicato dal sito Buzzfeed News, la Cina ha accelerato la costruzione di campi di concentramento negli ultimi tre anni. E all’interno di questi complessi dove le persone vivono confinate sono state costruite fabbriche produttive.

L’analisi di una serie di immagini esclusive svelano che almeno 135 strutture ci sono all’interno delle fabbriche, per cui è quasi certo che lì si svolgano lavori forzati, secondo gli esperti. I palazzi che sono stati analizzati sono fabbriche di circa 2 milioni di metri quadri e ci sono elementi per sostenere che si sta lavorando all’espansione.

L’indagine di Buzzfeed News sostiene che nel 2018 l’area è aumentata di circa 1,3 milioni di metri quadri e ha ricevuto circa un milione di persone dal 2016. Molti di questi “residenti” sono arrivati a causa di arresti arbitrari. Alcune testimonianze sostengono che in questi campi di concentramento si compiono torture, sterilizzazioni e aborti, e si obbliga i musulmani a mangiare il maiale e ad imparare il mandarino. Un articolo della statale China News Service, conferma che chi vive in questi campi frequenta la scuola notturna bilingue e adotta “il pensiero socialista con caratteristiche cinesi della nuova era di Xi Jinping”.

Il governo cinese aveva negato per molto tempo l’esistenza di queste strutture, ma nell’ultimo anno – come conseguenza delle prove e i report che sono venuti alla luce – ha detto che è vero, esistono, ma sono programmi di formazione professionale. Due ex prigionieri di questi centri hanno invece dichiarato a Buzzfeed News che sono stati costretti a lavorare con orari estenuanti, senza avere scelta, e non sono mai stati pagati.

Intitolato “Impiego e diritti del lavoro a Xinjiang”, il libro bianco del Consiglio di Stato cinese spiega il sistema di organizzazione creato dal governo regionale per la cosiddetta “istruzione orientata al lavoro in cinese standard parlato e scritto, conoscenza legale, generale per la vita urbana e abilità lavorativa”, il cui unico obiettivo è migliorare il livello di istruzione della popolazione economicamente attiva e combattere la povertà. Tra il 2014 e il 2019, circa 1,3 milioni di lavoratori avrebbero aderito a questo programma.

In realtà, gli indizi dello sfruttamento degli uiguri per l’attività produttiva cinese sono sempre di più. Come, ad esempio, nel grande business del cotone della Cina. Secondo il rapporto pubblicato dal Center for Global Policy, curato dal professor Adrian Zenz, ci sono prove significative di “violazioni dei diritti umani”, con sospette pratiche di lavoro forzato ai danni degli uiguri e di altre minoranze musulmane turche (qui l’articolo di Formiche.net).

Xinjiang produce l’84% del cotone cinese e il 20% del cotone del mondo. E, nonostante l’aumento della meccanizzazione del processo produttivo, “la raccolta del cotone a Xinjiang continua a dipendere dal lavoro manuale”, scrive Zenz.

Ma a Xinjiang si fabbricano molti altri prodotti. Scott Nova, direttore del Consorzio per i diritti dei lavorati, ha dichiarato a Buzzfeed News che il lavoro forzato è così diffuso nella regione, che nessuna compagnia che ha vincoli con Xinjiang può assicurare di essere esentata da questa pratica illegale nella sua catena di produzione e rifornimento.

Nel report di Buzzfeed News, l’organizzazione C4ADS ha identificato 1500 imprese cinesi dentro o accanto alle fabbriche di questi campi di concentramento. Almeno 92 di queste importano o esportano beni in diversi Paesi del mondo.

Tuttavia, la questione sembrerebbe diffusa in altre regioni della Cina. L’Istituto di Politiche Strategiche Australiano ha identificato 27 fabbriche in nove province cinesi che utilizzano il lavoro forzato metodicamente nella loro produzione.

La vicenda dello sfruttamento degli uiguri da parte del governo cinese interessa anche l’Occidente. Negli Stati Uniti è stata approvata a primavera la Legge di Politica di Diritti Umani, con la quale si impongono sanzioni a funzionari e organizzazioni del Partito Comunista Cinese coinvolti nei campi di concentramento a Xinjiang.

Sulla stessa strada l’Unione europea, che con una risoluzione del Parlamento europeo, ha chiesto sanzioni contro i funzionari cinesi responsabili di abusi contro gli uiguri e di bandire le merci prodotte grazie a questi lavori forzati. I parlamentari europei chiedono al governo di Pechino che indaghi sulla situazione a Xinjiang per chiarire cosa succede veramente e trovare pronte soluzioni alle irregolarità.


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