Il saggio di padre Pachkov, che verrà pubblicato sabato sulla rivista dei gesuiti, ci porta attraverso la storia nel cuore delle tradizioni e delle vicende cecene che accavallano questione nazionale e questione religiosa, ma lo fa avvertendoci del rilievo globale che la questione cecena ha assunto recentemente, con la sua esportazione di tanti terroristi. L’analisi di Riccardo Cristiano
Il prossimo quaderno della Civiltà Cattolica, che verrà pubblicato sabato, presenta un articolo di estrema importanza per capire l’Islam che presenta e studia un caso importantissimo, quello ceceno. Il fatto che questo avvenga mentre fervono i preparativi del viaggio di papa Francesco in Iraq dà allo studio particolare rilievo.
È come se si trattasse di un tentativo di entrare in quello che è diventato un rompicapo. L’autore, padre Vladimir Pachkov, prende le mosse dalla nota espressione “Islam moderato”. Cosa vorrà dire, ci si può chiedere, per un credente essere un “moderato”? Credere, ma credere poco? O vorrà dire che l’Islam non è un’ideologia? Illuminante a questo riguardo è la frase del presidente turco, Erdogan, con cui si apre il saggio: “Il termine Islam moderato viene di nuovo utilizzato. Esso è stato inventato dall’Occidente. Non esiste un Islam moderato o radicale: c’è solo l’Islam. Utilizzando questo termine si vuole indebolire l’Islam”. In questo modo Erdogan riesce a legittimare l’Islam radicale delegittimando l’Islam moderato: esiste solo l’Islam… Chi si esprimerebbe così davanti a quei sediziosi con simboli crociati che abbiamo visto nei giorni trascorsi a Capitol Hill?
Il saggio di padre Pachkov ci porta attraverso la storia nel cuore delle tradizioni e delle vicende cecene che accavallano questione nazionale e questione religiosa, ma lo fa avvertendoci del rilievo globale che la questione cecena ha assunto recentemente, con la sua esportazione di tanti terroristi: “Questo piccolo popolo è diventato famoso in tutto il mondo a partire dalla guerra contro la Russia, negli anni Novanta. Ma a quel tempo costituiva un «problema russo». Con la guerra in Siria, in cui diverse associazioni cecene hanno combattuto a fianco del califfato islamico, e con l’emergere di una diaspora cecena in Europa (principalmente in Austria, Germania e Francia), il conflitto interno in Cecenia ha acquisito una rilevanza sovraregionale”. Non è un caso che l’ultimo incendio francese, quello divampato il 18 ottobre dello scorso anno, quando è stato decapitato un insegnante a Parigi, sia stato appiccato da un diciottenne ceceno. Così bisogna domandarsi: la tragedia del popolo ceceno che tragedia è? Padre Pachkov ci avverte subito: “I ceceni si sono guadagnati anche in Europa la reputazione di «truppa d’assalto» dell’islamismo. Un esperto sostiene che la scena islamista in Germania sia dominata dai ceceni. Per altro verso, la Cecenia è un Paese in cui si combatte ferocemente la lotta alla radicalizzazione dell’Islam e al wahhabismo. Il conflitto tra una interpretazione militante dell’Islam e un’altra più spirituale iniziò nel XIX secolo con la dichiarazione dell’imam Shamil, secondo cui la guerra santa era un dovere nella resistenza all’ultimo sangue contro la Russia, mentre Kunta-Hajji, un insegnante sufi, predicava una variante pacifista dell’Islam”.
Oggi in Cecenia, in lotta con il sostegno militare russo contro l’Islam radicale, vigono le leggi russe e quella islamica, e il presidente putiniano, Kadirov ha detto: “Il Profeta ci ha mostrato la via secondo il suo ‘hadith’ e dice che è degna di fede. Grazie alla fede in questa via, abbiamo combattuto… Io ho combattuto contro i wahhabiti per Allah” ( il wahhabismo è la corrente di estremismo puritano islamico che ispira alcune branche dell’Islam radicale). I due estremi sembrano legittimarsi: è come se ci fosse un estremismo e un estremismo anti-estremista, che – il saggio di questo non parla – si è impossessato del potere grazie alla radicalizzazione dello scontro militare che ha distrutto tante vite cecene. “Per quanto possa sorprendere, la Cecenia oggi è un esempio di come la resistenza all’islamismo radicale possa provenire dall’interno dell’Islam stesso e dai musulmani. Dalla fine del XVIII secolo, quando la Russia è entrata militarmente nel Caucaso settentrionale, fino alla fine del XX secolo ogni tentativo di stabilire una versione radicale e fondamentalista dell’Islam nel territorio ceceno è fallito a causa dell’opposizione degli stessi ceceni, che rimangono quello che sono: un popolo di montagna con tradizioni rigorose e un orgoglio che difendono anche con le armi. L’Islam dei ceceni non è una variante di quello che viene chiamato «Islam europeo». La maggioranza dei ceceni rimane fedele all’Islam tradizionale, e in nome di questo combatte l’islamismo. […] Proprio come la guerra alla fine del XX secolo, quelle del XVIII e XIX secolo contribuirono all’islamizzazione di quella regione. L’Islam era arrivato nel Caucaso settentrionale molto presto, nel VII secolo (prima in Daghestan), ma quando l’esercito russo cercò di prendere il controllo del Paese, nella seconda metà del XVIII secolo, l’islamizzazione di tali territori non era stata ancora completata. Il successo russo fu molto scarso, e la resistenza continuò, ma sempre più all’insegna dell’Islam.”
L’analisi storica di padre Pachkov è accessibile, ricca e affascinante, come lo è la ricostruzione del presente. Un piccolo esempio sull’Islam radicale: “In tempi più recenti – dal 1989 – l’Islam iniziò a svolgere un ruolo politico in Cecenia. Sebbene in principio alla guida del movimento indipendentista non ci fossero persone particolarmente devote, anche allora, all’inizio degli anni Novanta, prima che cominciasse il conflitto con il governo centrale, ci furono appelli alla rinascita islamica, e la conquista dell’indipendenza veniva intesa anche come la condizione per un ritorno a un ordine e a una società islamica. Il partito «La via islamica» sosteneva tale posizione, ma non era appoggiato dalla maggioranza degli studiosi musulmani, che invece cercavano di difendere la religione dalle contingenze politiche, considerandola principalmente come una forza morale e spirituale”.
Allora la Cecenia attirò jihadisti dall’estero, non era ancora un produttore di jihadismo. Questo è accaduto dopo: “[…] Le organizzazioni per i diritti umani accusano le forze di sicurezza cecene di sparizioni, torture, esecuzioni extragiudiziali e punizioni collettive di familiari di ribelli islamisti. Questi provvedimenti sono stati presi contro presunti insorti armati e collaborazionisti, contro criminali, come i trafficanti di droga, ma anche contro giornalisti indipendenti. I metodi utilizzati sono stati a dir poco discutibili. Il più estremo è il ricorso alla responsabilità collettiva che, come ha affermato lo stesso Kadyrov, è l’arma più efficace contro i terroristi. Secondo questo principio, intere famiglie vengono punite per i crimini di un singolo membro, e la punizione consiste nell’espulsione dalla Cecenia e, talvolta, anche dal territorio dell’intera Federazione Russa”.
Un saggio da leggere con attenzione, prezioso per capire i meccanismi e la realtà. Aiuta poi a porsi una domanda: chi parla di Islam popolare?
(Foto: Evstafiev)