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Perché Biden ha firmato quei 17 ordini esecutivi. Conversazione con Del Pero 

Biden, il discorso, gli ordini esecutivi, l’unità e le difficoltà nel governare. In una conversazione con Formiche.net, Mario Del Pero (SciencesPo) parte dalle prime ore del presidente democratico nello Studio Ovale per dipingere il suo futuro prossimo

“Non c’è nessun miglior momento per iniziare che questo”, ha detto il presidente statunitense Joe Biden ai giornalisti del pool mentre, appena entrato nello Studio Ovale, poneva la firma su diciassette ordini esecutivi, tutti orientati su misure necessarie e immediate. Pandemia e situazione economica, politica ambientale, sanità, immigrazione e uguaglianza, uno sulle regole etiche che coloro che lavoreranno nella sua amministrazione dovernno seguire. Mosse per l’America, con la portavoce (Jen Psaki) che ha spiegato che tutti i restanti giorni di gennaio saranno dedicati a provvedimenti del genere, diretti ai cittadini americani – poi da febbraio la Casa Bianca si occuperà di “rimettere l’America nel suo posto nel mondo”.

Operazione diretta e chiara, così come è stato “concreto il discorso di ieri per l’insediamento: un discorso di sostanza, che non mi è parso lirico e poetico, con parti presentate in maniera diretta, chiara e franca, ma non emozionate, con molta enfasi sull’unità come premessa e precondizione di un democrazia che funzioni”, spiega a Formiche.net Mario Del Pero, docente di Storia Internazionale e Storia della politica estera statunitense all’Institut d’études politiques di Parigi.

Nel sottolineare questa unità c’è molto della storia politica di Biden e dei suoi aspetti di riferimento, ma Del Pero fa notare che si tratta anche di un tentativo – intanto retorico – di dare “una risposta a un paese che unito non lo è più, dato che si è andati oltre alla normale dialettica politica, con una frattura profonda e una polarizzazione, un rifiuto di legittimazione reciproca e una delegittimazione politica”. Ricordiamo che c’è una parte del Paese che continua a ritenere Biden un presidente illegittimo, che ha vinto grazie ai brogli che per settimane Donald Trump ha continuato a tirare in ballo senza prove, portando la situazione all’estremismo politico messo in scena con l’occupazione di Capitol Hill del 6 gennaio.

Un’immagine descrive la situazione: in una candid camera un uomo in questi giorni si finge di offrire un milione di dollari a chi risponde giusto a una domanda. È abbastanza convincente, la domanda che fa è “chi ha vinto le elezioni 2020” e la pone in strada a una supporter trumpiana tutta bardata di merchandising MAGA. L’intervistata risponde “Donald J. Trump”, un’altra vicina a lei la guarda sbigottita perché pensa che abbia perso il milione, dato che il conduttore le dice “wrong”. Non si sa quanto abbia capito lo scherzo, oppure la signora faccia parte di quel quasi-settanta per cento di Repubblicani che non crede che la vittoria di Biden sia regolare. “I continui riferimenti all’unità nel discorso sembrano più una speranza che un convincimento che questa sia possibile”, commenta Del Pero.

Secondo il docente, la serie di ordini esecutivi – avvio classico per ogni presidente della propria azione politica – è anche la dimostrazione di questa difficoltà che Biden avrà nel raggiungere concretamente quell’unità: “Lui ha messo l’accento con intensità sugli executive orders , ma si usa e si userà sempre di più la leva amministrativa e burocratica: diventa strumento di governo perché è sempre più difficile che le politiche publiche conoscano una codificazione legislativa”.

Ma questo governare senza una legiferazione non è uno strumento problematico? “Certamente, e i problemi sono plurimi. Innanzitutto di democraticità, perché non si coinvolge l’organo legislativo, ma poi c’è ancor più la questione dell’efficacia, perché i provvedimenti possono essere ostacolati a livello statale”, risponde Del Pero. E  già si sa che alcuni governatori repubblicani sono pronti a impugnare gli ordini, che a quel punto passeranno per sentenze in varie corti dove l’eredità di Trump è presente per le nomine decise durante la sua presidenza. E quella polarizzazione torna elemento primario.

E sui contenuti? “Per come la vedo io – continua l’esperto di SciencesPo – più che altro leggo gli ordini esecutivi come messaggi, indirizzati a pubblici diversi. Pubblici a cui deve parlare il presidente degli Stati Uniti, come per esempio quello internazionale a cui Biden comunica la volontà di tornare a promuovere una politica di dialogo, con gli Usa impegnati a sostenere e rafforzare pratiche e istituzioni di una governance multilaterale. Prendiamo per esempio il rientro nell’Organizzazione mondiale della sanità, che di per sé è un atto da nulla, ma il messaggio è forte perché nella pandemia c’è bisogno di una risposta globale, che passi attraverso dialogo e collaborazione degli attori dell’ordine mondiale, che possono farlo solo tramite un’istituzione globale, che però diventa efficace solo se gli Stati Uniti guidano il processo”.

E poi c’è il messaggio all’America. Biden, secondo Del Pero vorrà parlare a un pubblico tendenzialmente plurale, come nel caso del provvedimento sui Dreamers, con cui il presidente appena entrato in office ha rafforzato il DACA, il programma obamiano a favore degli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini insieme ai propri genitori che invece Trump aveva intaccato. Del Pero ricorda come molti Repubblicani siano a favore di questo, perché vedono in certe persone una sorta di immigrazione innocente – per altro soggetta ad assimilazione – e per certi versi “il simbolo del sogno americano, il bambino dell’Honduras che studia, cresce, eccelle o serve nell’esercito”.

Ci sono sondaggi e studi che dimostrano che certi temi, come per esempio il salario minimo e la protezione sociale, piacciano anche a destra e possono essere terreno di attività per Biden in cui testare quell’unità, quella sorta di grido di dolore uscito dal discorso di ieri. “Tra questi il salario minimo – spiega del Pero – è il tipico esempio di come si possano soddisfare le sollecitazioni che arrivano dalla sinistra del suo partito e accontentare i Democratici (che sono litigiosi, plurali, eterogenei), ma anche una base repubblicana”.

Si ha l’impressione che comunque per Biden governare sarà difficilissimo, è così? “Immensamente, per le fratture di cui sopra, perché c’è un pezzo d’America che non lo riconosce, perché la maggioranza al Congresso è molto esile, perché i Repubblicani controllano molte assemblee legislative statali. E lo vediamo sul primo grande provvedimento che Biden mette sul tavolo e che dovrà passare per le forche caudine del Congresso: il piano da 1900 miliardi di dollari di risposta alla crisi sanitaria e economica prodotta dalla pandemia”.

Lì i Repubblicani già iniziano a riesumare il controllo dei conti pubblici, che ai tempi di Trump avevano in buona parte accantonato. Sarà un anticipo di battaglie future? “Sì, credo che da quella partita usciranno indicazioni importanti di quanto e come Biden riuscirà a governare” (anche senza ordini esecutivi).


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