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Tesla macina utili ma non vendendo auto. Un “dettaglio” che rischia di farla implodere?

Nel 2020 l’azienda delle auto elettriche guidata dall’imprenditore sudafricano ma naturalizzato statunitense ha chiuso con 721 milioni di utili, dopo perdite per quasi 900 milioni. Più che delle vendite, merito dei crediti ambientali ceduti per milioni di dollari a quei costruttori che non rispettano i parametri di emissioni di Co2. Un Eldorado che, presto o tardi, finirà

Il trucco c’è. E si vede anche a leggersi i bilanci. E poi, sono le stesse regole europee e statunitensi a prevederlo. I conti di Tesla, il leader mondiale nella produzione e vendita di auto elettriche co-fondato (correva l’anno 2004) dall’ex enfant prodige sudafricano ma naturalizzato americano Elon Musk (fresco di avventura spaziale con Space X), possono contare su un potente steroide: i crediti verdi. Non è semplice spiegare l’arcano dietro una sequela di trimestri chiusi in utile, ma vale la pena tentare. Se non altro perché c’è una notizia.

2020, ANNO DI UTILI

La notizia è questa: il 2020 è stato chiuso dall’azienda guidata dal vulcanico Musk con un utile netto di 721 milioni di dollari, a fronte della perdita di 862 milioni dell’anno precedente, mentre i ricavi sono saliti del 28% a 31,5 miliardi, poco sopra i 31,1 miliardi attesi dal consenso degli analisti. Di più. Il margine operativo lordo, ovvero la redditività dell’azienda, al netto delle voci ricorrenti è balzato del 95% a 5,82 miliardi, per un’incidenza sui ricavi passata dal 12,1% al 18,4%).  Risultato: la capitalizzazione di mercato è ormai stabile intorno agli 800 miliardi di dollari. Bene, anzi no.

IL SEGRETO DI TESLA

Che l’auto elettrica sia il futuro è un dato di fatto. Ma è proprio questo il punto: a spingere i conti di Tesla non sono le vendite di auto elettriche, non solo almeno. Bensì la vendita di crediti ambientali alle altre case automobilistiche. Perché sì, le vendite di veicoli verdi sono aumentate del 36% lo scorso anno (mezzo milione di unità sul mercato), ma questo non può bastare a giustificare l’impennata dei margini di Tesla.

Il merito va proprio a quei certificati verdi. Di cosa si tratta? Non è facile spiegarlo. A partire dal 1 gennaio 2020 l’Unione europea ha imposto ai costruttori di auto di mantenere le emissioni de veicoli prodotti da ciascuna casa al di sotto dei 95 grammi di Co2 per ogni chilometro prodotto. Questo comporta necessariamente per ogni costruttore la necessità di produrre una quota consistente di auto elettriche al fine di mantenere il monte-emissioni della rispettiva gamma sotto tale soglia. Che, se sforata, comporta multe miliardarie. Ora, non tutte le cause automobilistiche sono sufficientemente attrezzate per produrre un volume soddisfacente di auto elettriche.

Ed ecco che entra in gioco Tesla. Per compensare l’eccesso di emissioni di propri parchi-auto, i costruttori acquistano da Tesla appositi certificati ambientali, detti crediti verdi, che garantiscono alla stessa Tesla di realizzare e immettere sul mercato un maggior numero di veicoli elettrici, così da bilanciare le emissioni, portando i valori complessivi sotto la soglia comunitaria. Uno schema che da una parte garantisce a Tesla un fiume di liquidità (un credito può valere fino a 5 mila euro) e dall’altra consente alle case auto di schivare le multe milionarie previste per gli sforamenti, visto che i veicoli elettrici prodotti da Tesla vengono poi considerate come se fossero realizzate dal costruttore che compra i certificati verdi.

Sponda Usa, la legge della California, Stato in cui ha sede Tesl, prevede anch’essa un sistema di crediti verdi di compensazione per stimolare la vendita di automobili elettriche o con motori non inquinanti. In questo modo lo Stato americano ha voluto sostenere lo sviluppo di motori alternativi, a discapito dei combustibili fossili. E chi ci guadagna è sempre Tesla.

UN TURBO PER I CONTI DI MUSK

Ed ecco l’effetto sui conti dei crediti verdi. Tanto per cominciare l’anno scorso, l’ammontare dei crediti venduti è arrivato a circa 1,6 miliardi, quasi il triplo rispetto ai 594 milioni del 2019. Il contributo giunto dai certificati ha consentito all’azienda di compensare alcuni fattori negativi che hanno appesantito le performance finanziarie durante l’ultimo trimestre dell’anno scorso, a cominciare dai costi di gestione della catena di approvvigionamento e gli investimenti effettuati per avviare i restyling delle Model S e X. Solo tra marzo a giugno 2020 l’azienda di Elon Musk ha incassato da questa attività 428 milioni di dollari che corrispondono al 7% delle entrate totali di Tesla. Entrate senza le quali Tesla avrebbe chiuso il trimestre in rosso. Negli ultimi cinque anni, poi, la cessione di crediti verdi ha portato 3,3 miliardi di dollari nelle casse dell’azienda di Musk, di cui quasi la metà solo nel 2020.

IL MAXI ACCORDO CON FCA

C’è un precedente importante su questo fronte: l’acquisto di 1,8 miliardi di crediti verdi da parte di Fca (ora Stellantis), per evitare una multa da emissioni di 2 miliardi. Come rivelato a suo tempo dal Financial Times, nel maggio del 2019, Fca decise di pagare a Tesla la bellezza di 1,8 miliardi di euro per conteggiare una parte delle auto elettriche del costruttore americano come se fossero state vendute dalla ex Fiat. Un esempio seguito a stretto giro anche da due big asiatici, Mazda e Toyota.

UN FUTURO DA SCRIVERE

Forse però, non sarà sempre così. Il motivo è semplice, come ricordato pochi giorni fa da alcuni analisti interpellati dalla Cnn. I costruttori di auto saranno sempre più i grado di produrre da soli auto verdi, ricorrendo sempre meno ai certificati venduti da Tesla. “Qualcosa su cui la maggior parte delle persone può essere d’accordo è che i veicoli elettrici sono il futuro”, hanno spiegato gli esperti. “La concorrenza dei costruttori globali sta rendendo le auto di Tesla irrilevanti, per questo non vediamo il business dei crediti verdi come sostenibile nel lungo termine”. Elon Musk è avvisato.

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