L’Oms è a Wuhan. Gli esperti del team internazionale entrano nel laboratorio che studia i coronavirus a Wuhan, città da cui è scaturita la pandemia. Dopo mesi di oscuramenti, Pechino si mostra interessata a non sottrarsi alla responsabilità
Uno degli scienziati che compongono la squadra di super-esperti dell’Oms che sta indagando a Wuhan le origini del coronavirus, il biologo inglese Peter Daszak, racconta a Sky News che “il corpo di informazioni che stiamo mettendo insieme è di grande valore e ci sta portando nella giusta direzione”. “Se i dati ci porteranno ad un mercato del pesce è lì che andremo, se ci porteranno in un allevamento di animali selvatici e lì che andremo, se ci porteranno in un laboratorio è lì che andremo”, aggiunge Daszak – sulla cui nomina ci sono state polemiche (lui dice di natura esclusivamente politica) perché aveva collaborato in passato con studi clinici in Cina.
Il team di ricercatori dell’Organizzazione sanitaria internazionale ha visitato oggi il laboratorio di ricerca sui virus nella metropoli cinese: si tratta di uno dei più sofisticati del pianeta, e sul suo conto si sono diffusi racconti – nonché cospirazioni – come responsabile dell’origine della pandemia Covid-19. Alzare sospetti sulle sue attività è stata una delle ultime azioni pubbliche ufficiali dell’amministrazione Trump, che ha seguito una linea nota e smentita anche dall’intelligence statunitense.
“Le tesi sono ancora tutte sul tavolo, siamo aperti a tutto”, ha spiegato Daszak che da anni collabora con l’Istituto e con la dottoressa Shi Zhengli, scienziata che ha condotto molti studi sui pipistrelli e su coronavirus ospitati dai chirotteri molto simili al Sars-CoV-2 responsabile della pandemia. “Se i dati ci porteranno ad un mercato del pesce è lì che andremo, se ci porteranno in un allevamento di animali selvatici e lì che andremo, se ci porteranno in un laboratorio è lì che andremo”, ha aggiunto Daszak – che è il presidente della EcoHealth Alliance – parlando con i giornalisti presenti davanti all’edificio.
La maggior parte degli scienziati respinge l’ipotesi sul ruolo del laboratorio come scaturigine iniziale del virus, ma alcuni ipotizzano che un virus catturato in natura avrebbe potuto figurare negli esperimenti in laboratorio per testare i rischi di una ricaduta umana e poi sfuggire tramite un membro del personale infetto. Ossia, si potrebbe essere prodotta una falla di biosicurezza.
Alcuni scienziati hanno chiesto alla Cina di rilasciare i dettagli di tutti i campioni di coronavirus studiati in laboratorio, per vedere quale assomiglia di più a Sars-CoV-2, il virus che causa la malattia respiratoria, ma Pechino è sempre stata piuttosto chiusa davanti a certe richieste. Per esempio, il team dell’Oms è arrivato a Wuhan il mese scorso, ossia un anno dopo da quando le prime persone colpite dal Covid sono state curate nell’ospedale di Wuhan.
Un altro esempio: il 28 dicembre un tribunale di Shanghai ha condannato a 4 anni di carcere Zhang Zhan, una giornalista cinese che aveva documentato (su Twitter e YouTube) l’inizio dell’epidemia a Wuhan. È accusata di aver “procurato litigi e problemi”, formulazione indefinibile che di solito viene usata per i dissidenti. Ora con l’apertura dell’inchiesta sul campo Pechino sta cercando di recuperare terreno per quanto riguarda l’immagine, una responsabilità da cui il Partito/Stato non può tirarsi indietro, dopo aver passato i primi mesi a coprire la situazione e la pericolosità del virus.