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Per voltare pagina serve la più grande virtù di Draghi. Parla Bentivogli

marco bentivogli, Cisl

Intervista all’ex sindacalista e fondatore di Base: tutti parlano del pedigree di Draghi, dimenticando però la sua vera dote. Quel coraggio che potrebbe salvare l’Italia. Ora serve visione e politiche per il lavoro nel Recovery Plan. E sì, una bicamerale per le riforme

Questione di coraggio. E, Mario Draghi ne ha da vendere, per fortuna. Se solo la politica, come sembra, sarà così lungimirante da stringersi intorno all’uomo migliore che l’Italia ha espresso in questi anni, allora sarà davvero fatta. Marco Bentivogli, sindacalista di lungo corso e storico leader della Fim Cisl, oggi fondatore e animatore del movimento Base, è decisamente ottimista. Perché fondamentalmente, il credito di cui gode Draghi è incondizionato (stamattina spread a 96 punti base). Se poi ci si mette anche una certa dose di coraggio decisionale…

Bentivogli, Mario Draghi è un uomo carico di aspettativa e di consenso, soprattutto in Europa. Ma parte da una situazione complessa: un Recovery Plan da riscrivere e un tessuto industriale da rimettere in vita. Guardando alla precedente esperienza Conte, da dove può ripartire?

Mario Draghi ha una forte credibilità, valore di cui c’è bisogno quando la sfida è alta e i problemi enormi. Un allievo di Federico Caffè (grande accademico scomparso misteriosamente nel 1987, ndr) per me il più grande economista del nostro Paese, l’istruzione dai gesuiti, l’esperienza internazionale e nazionale. Tutti parlano del suo curriculum e della sua innegabile competenza. Io invece credo che la virtù più forte di cui dispone sarà anche la più necessaria.

Quale?

Quella che gli ricordava il Padre (e che aveva letto su un monumento in Germania): puoi perdere onore e soldi li puoi recuperare ma se hai perso il coraggio, hai perso tutto. Il coraggio che Draghi ha dimostrato, servirà ogni minuto del suo mandato, per superare, veti, particolarismi, conservatorismi, i riti propiziatori (come diceva Ezio Tarantelli) in cui ogni parte si esercita senza capire mai il vero interesse del paese. E il coraggio dell’impopolarità è duro, è quella quota di solitudine necessaria per cambiare realmente le cose.

In questi mesi Draghi ha nei suoi modi disegnato una sorta di agenda economica. Tra i vari punti, la necessità di impedire la proliferazione di imprese dette zombie. Ma lei ha qualche suggerimento?

Piano vaccini, Recovery plan redatto con missioni e obiettivi come chiede la Ue. Poi servirebbe veramente una bicamerale per le riforme che sono la precondizione del Recovery Plan. Bisogna coinvolgere tutte le forze politiche e sfidate sull’Italia del futuro.

Lei è stato sindacalista per molti anni e tra poche settimane, tra le altre cose, scadrà il blocco dei licenziamenti…

Credo che in questo periodo si sia aumentata la potenza di detonazione della questione lavoro. A fine primavera Draghi si troverà una bomba sociale difficile da gestire. Abbiamo perso 444.000 posti di lavoro, soprattutto donne e giovani. Il lavoro autonomo è al tappeto. La Commissione Ue prevede per noi 2 milioni di nuovi disoccupati.

E allora Bentivogli, che si fa?

Le politiche attive non esistono, serve un grande ed efficace piano di reskilling. Costruire un nuovo modello di sviluppo territoriale attraverso piani territoriali per realizzare ecosistemi intelligenti su piattaforme di dialogo tra tutti gli attori territoriali e con una Pa abilitante e innovativa.

Tra due mesi l’Italia deve presentare a Bruxelles il Recovery Plan. Che cosa davvero non può essere escluso dal piano italiano?

Le riforme e se sono tali non prevederanno applausi unanimi. Pensate alla Pa, la burocrazia, le semplificazioni, la concorrenza. Sono i bastioni più forti dell’Italietta che non vuole crescere. Bisognerà confrontarsi con tutti ma senza accettare veti. Il Paese ha avuto, come dice il Cardinale Bassetti (presidente della Cei, ndr), 4 fratture drammatiche: la frattura della salute, sociale e del lavoro, le povertà e quella educativa. Queste fratture vanno ricomposte con piani di riforma.

E allora, serve coraggio…

Sì. La protezione sociale ha lasciato scoperte troppe persone e generato nuove povertà. Vuol dire ripensare tutto con coraggio pensando meno al consenso di breve e più alle persone lasciate sole.

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