Secondo il Vocabolario della lingua parlata in Italia di Carlo Salinari, nell’edizione del 1967, i carnefici degli italiani sarebbero stati i nazisti e non i partigiani comunisti
Nel Giorno del Ricordo, affiorano memorie sepolte nel tempo. Ero un ragazzo appassionato della lingua italiana al punto che compulsavo abitualmente più di un dizionario per venire a capo delle parole più oscure e desuete, ma talvolta anche di quelle d’uso corrente. Ne avevo molti che conservo ancora oggi, sormontati dal Grande Dizionario delle lingua italiana dell’Utet in ventuno volumi, che occupano un’intera parete, insieme con altri repertori enciclopedici e linguistici italiani e stranieri, della mia casa-biblioteca.
Tra i tanti, più che come vocabolario come testimonianza di un tempo atroce, ha trovato riposo eterno nell’ultimo scaffale della libreria, quello che considero il più esecrabile dei testi ad uso delle scuole e delle biblioteche: il Vocabolario della lingua parlata in Italia di Carlo Salinari, ad uso dei licei che a pagina 454 dell’edizione 1967 (non risultata mai aggiornata), alla voce “foiba”, reca questa singolare e orrenda definizione, madre di tutte le fake news storiche: “Dolina con sottosuolo cavernoso e indica particolarmente le fosse del Carso nelle quali, durante la guerra 1940-1945, furono gettati i corpi delle vittime della rappresaglia nazista”.
Una menzogna senza fine instillata nelle giovani menti degli studenti soprattutto allo scopo di falsificare la realtà.
Dunque, secondo il Vocabolario di Salinari, i carnefici degli italiani sarebbero stati i nazisti e non i partigiani comunisti, in particolare “titini”, che utilizzarono, come tutti dovrebbero sapere, quegli anfratti naturali carsici per gettarvi, ancora vive, le vittime di una criminale e mostruosa “pulizia etnica”.
Appare ancora oggi, dopo tanto tempo, pur non risultando il testo ritirato dalla circolazione, preoccupante e sconcertante che nessuno abbia mai mostrato un briciolo di indignazione e che nessun editore, abbia ritenuto necessaria una verifica delle voci, quando sarebbe stata più che opportuna la “ripulitura” di quei lemmi mostruosi e fuorvianti. Mentre sarebbe stato altrettanto doveroso un censimento dell’uso che se n’è fatto di tale vocabolario nelle scuole e nelle biblioteche pubbliche.
Salinari è stato un partigiano, critico ed accademico. Militante comunista contribuì ad organizzare l’attentato di via Rasella senza attribuirsene la responsabilità, determinando così l’orribile rappresaglia dei criminali nazisti che costò molte vite umane innocenti. Per la sua attività partigiana fu decorato al valore militare con due medaglie d’argento. Abbandonando l’insegnamento crociano, si convertì al marxismo. Ortodosso e fedele alla “moralità” comunista, fu severamente critico nei confronti di Pier Paolo Pasolini soprattutto quando venne pubblicato il meraviglioso Ragazzi di Vita.
Questo italianista che con poche parole gettate in un dizionario s’è guadagnato l’esemplare nomea di “falsificatore”, nel Giorno del Ricordo nessuno, come del resto nel passato, ha ritenuto di censurare quella mostruosa definizione alla quale chissà quanti italiani hanno fatto ricorso per sapere qualcosa delle foibe. Per lui, per Salinari, erano tutt’altra cosa da ciò che finalmente gli italiani, senza nessun pregiudizio, hanno imparato ad apprendere. Per fortuna, mentre la macchia dell’infamia rimane.
Nel 1997 venne presentata al ministro della Pubblica Istruzione un’interrogazione parlamentare con la quale si chiedeva se non ritenesse che l’opera di falsificazione della storia del Novecento, di cui l’episodio della menzogna propalata dal testo di Salinari era un eloquente esempio, dovesse avere fine, rivedendo i testi scolastici e ammettendo soltanto quelli che davano garanzie di obiettività nel rappresentare in particolare gli eventi del Novecento.
Il ministro restò muto; il documento parlamentare è stato seppellito dalla polvere. La macchina della menzogna ha lavorato bene nei decenni passati al servizio dei carnefici e del comunismo.