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Dagli Usa al Vaticano cadono barriere non solo ideologiche. L’analisi di Cristiano

“Crepe nel muro” è il titolo con cui si apre l’edizione dell’Osservatore Romano di oggi. E sembra un programma per rifondarsi contro quei muri eretti contro l’altro, che sia migrante, ma anche vicino di casa. Il grande contributo dei cattolici alla crisi italiana e agli estremismi sta nel sinodo, che proprio questi giorni si dimostra urgente per tutti. L’analisi di Riccardo Cristiano

L’edizione odierna, 14 febbraio, dell’Osservatore Romano si apre con un titolo che dovrebbe far riflettere al di là del suo contesto esplicito: “Crepe nel muro”. Il quotidiano della Santa Sede scrive sotto questo titolo a tutta pagina: “Si aprono altre crepe nel muro della politica migratoria statunitense. Il presidente Joe Biden, ha infatti revocato lo stato di emergenza al confine con il Messico e tagliato i fondi alla costruzione della barriera che doveva fare da diga alla pressione dei richiedenti asilo”. La parola chiave per capire l’importanza di questa scelta del quotidiano è “barriera”.

Un mondo a compartimenti stagni, che disumanizza l’altro e quindi lo vede come un pericolo e mai come un’opportunità è stato giustificato da un’ideologia securitaria per cui l’altro – migrante – portava malattie, povertà, sottraeva lavoro. Questa ideologia che disumanizza ha trovato il suo complemento nella disumanizzazione dell’economia, per cui si può pensare di avere uomini al servizio dell’economia e non un’economia al servizio degli uomini.

Le barriere esterne sono state la nuova ideologia sovranista, o populista, e il quotidiano della Santa Sede ha colto il significato profondo di questa decisione di Joe Biden, ma sembra andare al di là della questione migratoria e riguardare il nostro rapporto con le priorità di questo tempo pandemico.

La politica ideologicamente orientata sulle barriere infatti ha fatto dell’altro un nemico e quindi ha eretto barriere anche interne alle comunità. Essere in guerra al tempo del virus ha significato essere in guerra con gli untori, prima i cinesi poi, ovviamente i migranti, ma anche con i vicini di casa, i colleghi, gli amici: io contro gli altri, perché ognuno dal virus si salva da solo. L’ideologia ha una sua logica ma anche una sua illogicità: il sovranismo nazionalista dopo averci convinto che noi, i “popoli”, fossimo in guerra con i cinesi portatori del virus, poi con “migranti invasori” e infetti, ci ha consegnato a una disperazione: se è così allora siamo monadi in guerra con il resto dello stesso popolo del quale facciamo parte.

Ora il muro della visione sovranista, suprematista, xenofoba, individualista mostra delle crepe. E se la più evidente è quella che ha sottolineato il quotidiano dell’Osservatore Romano, per arrivare a rendere esplicito che se non ci si salva da soli, come individui o come nazioni, ma ci si salva tutti insieme, altre crepe devono aprirsi.

Un esempio evidente viene dalla soluzione della crisi italiana. Le urla polarizzanti, “governo in mano alle sinistre”, o “tornano gli impresentabili”, sono il prodotto di questa lunga stagione di polarizzazione estrema che ha prodotto radicalizzazioni, estremismi, disumanizzazioni. La prima è quella dell’altro migrante, o dell’altro credente, ma poi anche dell’altro “partitico”. Se è così la vera criticità poco notata è – a mio avviso- il fatto che nel nuovo governo non sieda un solo “nuovo italiano”.

Qui diviene molto interessante leggere alcune reazioni di economisti cattolici, che hanno subito il liberismo selvaggio e i termini polarizzanti di chi lo ha sposato finendo con il farli propri al contrario e rappresentando quindi Draghi con lo stereotipo del “banchiere assetato” del sangue dei poveri.

Più articolata e interessane è l’idea di molti altri cattolici, come padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, che proprio cogliendo le “crepe” nel muro della polarizzazione, ha dichiarato: “Sarebbe stata una ammucchiata se Draghi avesse messo punte estreme in contatto tra loro, dunque in conflitto, invece ha scelto figure di tecnici in posizioni molto delicate e figure di politici abituati a fare un lavoro di mediazione: in questo risiede la saggezza della scelta. Al di là delle etichette, Draghi ha trovato persone che sono in grado di lavorare insieme, facendo in modo che i valori che le singole forze portano avanti possano convergere in funzione di un progetto comune che ha obiettivi chiari e limitati nel tempo”.

Spadaro così sa apprezzare tanto Draghi che Conte. Perché? Probabilmente perché oggi non si tratta di annullare le differenze, ma di rendere compatibili in un progetto che escludendo gli estremismi può consentire a tutti una tregua che si spera rifondi una politica in nome di diverse idee del bene comune e non più di esclusione da esso.

La difficoltà ad accettarsi indica però i danni prodotti dai muri, dagli estremismi, dalle scelte di polarizzazione sovranista che ha prodotto comprensibili reazioni. Resta però l’impressione di una politica senza luoghi e quindi con la difficoltà di capire dove andare a rifondarsi. Per questo il grande contributo dei cattolici alla crisi italiana mi sembra stare nel sinodo, che proprio questi giorni si dimostra urgente per tutti.



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