Chi è Antonio Funiciello, che torna a Palazzo Chigi come capo di gabinetto di Draghi dopo esserlo stato di Gentiloni. Giornalista e scrittore, la passione per gli Usa e quel libro sui consiglieri dei leader da Machiavelli in poi
Antonio Funiciello, giornalista, scrittore ed esperto di comunicazione, sarà il capo di gabinetto del presidente del Consiglio Mario Draghi. Era già stato a Palazzo Chigi dal 2016 al 2018, come Capo Ufficio del Presidente Paolo Gentiloni.
Classe 1976, laureato in Filosofia alla Federico II di Napoli, lo scorso anno ha pubblicato per Rizzoli “Il metodo Machiavelli – Il leader e i suoi consiglieri: come servire il potere e salvarsi l’anima” (qui un estratto pubblicato su Formiche.net). Un volume che si apre con una scelta curiosa nella seconda pagina, una piantina di Palazzo Chigi: “Come nei migliori libri gialli, l’ubicazione dei luoghi è fondamentale per la comprensione del testo”, osserva su Twitter la sociologa Sara Bentivegna.
Per Donzelli ha invece pubblicato tra il 2011 e il 2013 “A vita – Come e perché nel Partito democratico i figli non riescono a uccidere i padri” e “Il politico come cinico – L’arte del governo tra menzogna e spudoratezza”. Ha collaborato a lungo con il Partito democratico, ottenendo nel 2013 la delega per la Cultura e la Comunicazione del partito.
A ottobre era stato scelto dal consiglio di amministrazione di Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine, sotto la presidenza di Luciano Violante, come direttore responsabile di Civiltà delle Macchine – la storica rivista rinata a febbraio del 2019 – dopo la prematura scomparsa di Peppino Caldarola.
Durante le primarie democratiche dell’anno scorso Funiciello, grande appassionato ed esperto di politica americana, è stato intervistato da Formiche.net in due occasioni: la prima è stato il risveglio di “Sleepy” Joe Biden al Super Tuesday; la seconda per commentare l’endorsement di Barack Obama a favore del suo ex vice. In quest’ultimo caso Funiciello spiegava come non fosse facile prevedere grosse discontinuità sulla traiettoria che gli Usa di Biden potrebbero seguire su certi grandi dossier, come il rapporto con l’Europa (il distacco nelle relazioni transatlantiche), la Cina (il coinvolgimento duro nel confronto con Pechino), il Medio Oriente (una direzione da remoto nell’ottica del disingaggio). “Biden non credo che possa annunciare granché sull’argomento, anche perché sono temi senza troppo appeal, soprattuto in questa fase”, che era duramente segnata dalla pandemia.
Un virus, un fattore esogeno, che invita tutti a stare a in casa e i Paesi a chiudere i propri confini. Un rafforzamento di quella traiettoria “isolazionista” di cui abbiamo parlato?, si chiedevamo (era aprile). “Certamente sì, almeno dal punto di vista apparente. Perché credo che dopo i primi sei mesi, qualsiasi sia il presidente, Biden o Trump, potrebbe trovarsi davanti la necessità di inventarsi qualcosa. Attenzione, parlo di necessità, che è spesso diversa dalla volontà politica di base. Ma tant’é”, rispondeva.