L’economista Gaël Giraud nel 2015 pubblicò per la casa editrice Emi il volume “Transizione ecologica. La finanza a servizio della nuova frontiera dell’economia”, con la prefazione di Mauro Magatti. Le riforme introdotte dal governo Draghi e la costituzione del nuovo ministero presieduto da Roberto Cingolani hanno portato in primo piano i temi che lo studioso già da anni approfondisce. Tra libro e saggi scritti anche per La Civiltà Cattolica, ecco il pensiero del gesuita nell’analisi di Riccardo Cristiano
“Impossibile mantenere la finzione antropologica dell’individualismo implicita nell’economia neoliberista e nelle politiche di smantellamento del servizio pubblico che la accompagnano da quarant’anni: l’esternalità negativa indotta dal virus sfida radicalmente l’idea di un sistema complesso modellato sul volontarismo degli imprenditori «atomizzati». La salute di tutti dipende dalla salute di ciascuno. Siamo tutti connessi in una relazione di interdipendenza”.
Cosí scriveva circa un anno fa il gesuita, economista, a lungo direttore di ricerche al Centre National de la recherche scientifique di Parigi, oggi docente alla Georgetown University di Washington, Gaël Giraud. Nel 2015 ha scritto un libro, pubblicato in Italia da Emi, dal titolo “Transizione ecologica”. Convinto sostenitore dell’esperimento francese, Giraud ne ha parlato in occasione di diversi incontri scientifici con importanti imprenditori, anche del nord d’Italia e tra di loro sulla sua necessità, afferma oggi, ha trovato non solo sensibilità ma anche “consapevolezza”. Nel 2020 Giraud ha pubblicato su La Civiltà Cattolica tre articoli connessi ed estensivi del tema: uno anticipa di qualche mese la proposta di Francesco, contenuta nel suo libro “Ritorniamo a sognare”, di retribuzione universale, un altro illustra l’economia di Francesco con riguardo ai giovani e il terzo presenta la tesi più attuale, “Per ripartire dopo l’emergenza Covid”.
In questo illuminante saggio, articolato e complesso, padre Giraud ha spiegato il nesso tra sistema economico, modello industriale e sanità: “Una volta abbandonato il contenimento in maniera controllata, un’altra pericolosa trappola sarebbe quella di limitarci a ripristinare semplicemente il modello economico di ieri, accontentandoci di migliorare in modo marginale il nostro sistema sanitario per far fronte alla prossima pandemia. È urgente capire che la pandemia Covid-19 non solo non è un cosiddetto «cigno nero» – era perfettamente prevedibile, sebbene non sia stata affatto prevista dai mercati finanziari onniscienti –, ma non è nemmeno uno «shock esogeno». Essa è una delle inevitabili conseguenze dell’Antropocene. La distruzione dell’ambiente che la nostra economia estrattiva ha esercitato per oltre un secolo ha una radice comune con questa pandemia: siamo diventati la specie dominante sulla Terra, e quindi siamo in grado di spezzare le catene alimentari di tutti gli altri animali, ma siamo anche il miglior veicolo per gli elementi patogeni. In termini di evoluzione biologica, per un virus è molto più «efficace» infettare gli esseri umani che la renna artica, già in pericolo a causa del riscaldamento globale. E questo sarà sempre più così, perché la crisi ecologica decimerà altre specie viventi. È soprattutto la distruzione della biodiversità, in cui siamo da tempo impegnati, a favorire la diffusione dei virus. Oggi molti ne sono consapevoli: la crisi ecologica ci garantisce pandemie ricorrenti. Accontentarsi di dotarsi di mascherine ed enzimi per il prossimo futuro equivarrebbe a trattare solo il sintomo. Il male è molto più profondo, ed è la sua radice che dev’essere medicata. La ricostruzione economica che dovremo realizzare dopo essere usciti dal tunnel sarà l’occasione inaspettata per attuare le trasformazioni che, anche ieri, sembravano inconcepibili a coloro che continuano a guardare al futuro attraverso lo specchietto retrovisore della globalizzazione finanziaria. Abbiamo bisogno di una reindustrializzazione verde, accompagnata da una relocalizzazione di tutte le nostre attività umane. Ma, per il momento, e per accelerare la fine della crisi sanitaria, è necessario fare ciò che è possibile, e dunque proseguire negli sforzi per schermare e proteggere la popolazione”.
Il libro e gli articoli di padre Gaël Giraud meritavano di balzare molto prima agli onori delle cronache, ma per nostra fortuna le riforme introdotte dal governo Draghi e la costituzione del ministero della Transizione ecologica le hanno finalmente portate in primo piano.
E così in un webinar che ha avuto luogo in questi giorni grazie all’editore italiano del suo volume, padre Giraud ha avuto modo di spiegare che il fallimento dell’esperimento francese del ministero della Transizione ecologica non è un dato di fatto, ma il prodotto di una scelta politica del presidente francese Emmanuel Macron, per il quale la transizione ecologica sembra un ritorno all’età della pietra, un abbandono dell’industrializzazione, mentre per lui – e per la legge francese che è stata varata e che costituisce un ottimo punto di riferimento – si tratta niente di meno che di varare la quarta rivoluzione industriale. Non tornare all’economia di baratto, o qualcosa del genere, ma procedere sulla strada che ci salverebbe dalla fame, visto che a suo avviso tra non più di vent’anni questa sarebbe la prospettiva, almeno per alcune zone d’Italia.
La sua visione parte da quattro grandi progetti: sostituire con fonti energetiche rinnovabili gli idrocarburi fossili che causano inquinamento, realizzare il rinnovamento termico di tutti gli edifici, pubblici e privati, passare ad una mobilità verde che privilegi il trasporto di persone e merci su rotaia, inventare un’agro-ecologia e un’industria verde che venda servizi prima che merci, per consentire la sua quarta rivoluzione industriale, quella del riparabile e riciclabile, in termini di acqua, energia, risorse minerarie e rifiuti.
Questa quarta rivoluzione industriale avrebbe ovviamente dei costi enormi, ai quali il settore privato non potrebbe provvedere da solo. Ma la crescita verde trainata da investimenti privati in ricerca e sviluppo è per buona parte un mito: senza un impulso politico che vada al di là della logica finanziaria di breve termine questi investimenti non si faranno mai.
E allora? Allora Giraud sostiene la necessità di finanziarla con una carbon tax, di almeno 100 euro a tonnellata, chiedendo la cancellazione del nostro debito nazionale con la Bce per trasformarlo in investimento nell’industria verde e quindi realizzando la transizione ecologica. Si tratterebbe di un grandioso New Deal, il Green New Deal, che potrebbe essere sostenuto dalla Bei, la Banca Europea per gli Investimenti. Il punto di partenza per l’economista gesuita dovrebbe essere la conversione termica degli edifici, vera causa dell’inquinamento. È questa, a suo avviso, la sola prospettiva politica del governo Draghi, che se ricorresse al rigore aggraverebbe i problemi della malattia che deve curare. Quello di Gaël Giraud sembra un nome da cui oggi non si può prescindere.