Se proprio si deve fare, se proprio perdonare i disonesti è il solo modo per perdonare gli incapaci, posto che si tratta di colpevole arretrato, almeno due condizioni. Davide Giacalone spiega quali
La si chiama “sanatoria”, perché condono pare brutto. In realtà il condono in sé non è una brutta cosa, se si accompagna a riforme, fiscali o edilizie o regolamentari, che creando una nuova condizione sanano il contenzioso pregresso, che si ammette essere stato provocato da cattive regole. Ma fuori da questa ipotesi: è uno sconcio. Magari la chiamano “pace fiscale”, ma è l’ennesima guerra contro i fessi che rispettano le regole esistenti, pur considerandole ingiuste. È uno sfregio alla civiltà della convivenza. Ma è anche un’altra cosa: il perdono dello Stato a sé stesso.
Se lo Stato contabilizza, ogni anno, cifre mostruose di evasione fiscale, salvo poi riuscire a riscuotere qualche spicciolo, non è che l’umanità sia fetente, è che la macchina fiscale è una fetecchia. Intanto s’inganna la percezione, contabilizzando l’evasione fiscale al contestato e non al dimostrato (nella maggior parte dei casi vince il contribuente). Poi s’inganna la fiducia nella macchina pubblica, perché manco quel che è sentenziato si riesce ad esigere. Ciò porta a due fenomeni: da una parte la voce avere raggiunge vette iperboliche, visibilmente ed evidentemente impossibili da espugnare; dall’altra la voce dare viene scantonata perché i debiti fiscali sono essiccati, mentre la crisi e le ragioni per non pagare sempre verdi. Da qui il condono che si traveste in sanatoria e svolazza quale colomba di pace fiscale.
Intanto 5 milioni di italiani mantengono il resto del Paese, vale a dire che ogni contribuente che alimenta il grosso del gettito Irpef si ritrova a pagare le spese pubbliche di almeno altri dieci. E non ti dicono “grazie”, ti dicono “fesso”. Vero che ci sono anche altre imposte e tasse, ma si tratta di un ragionamento che conferma la disonestà: come le paghi le imposte sui consumi se dici di non avere reddito tassabile? Tutti figli di latifondisti che dismettono patrimonio?
Restano le due realtà di cui sopra e, ora, in ragione del Covid, si riparla di sanatoria, vale a dire condono quanto meno delle penalità (ma c’è chi vuole la cancellazione delle cartelle esattoriali) e dilazione dei pagamenti. Staremo a vedere, il decreto ancora non c’è, ma non è affatto escluso che l’epidemia di perdoni resti senza vaccino del pudore.
Se proprio si deve fare, se proprio perdonare i disonesti è il solo modo per perdonare gli incapaci, posto che si tratta di colpevole arretrato, almeno due condizioni: a. il favore vada a chi ha subito, sul fatturato dichiarato nel 2019, perdite considerevoli; b. ci sia la condizionale: se torni a non pagare ti si rimette in conto quel che non pagasti.
Noi, i 5 milioni, non intendiamo essere il Duca Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari.