La Fiat è uscita da Confindustria, eppure ogni assemblea o iniziativa dell’Unione Industriale di Torino finisce per fare notizia sulla ribalta nazionale proprio per la presenza di Sergio Marchionne. Era l’ottobre 2011, dopo le scaramucce Marchionne-Marcegaglia, lo strappo della Fiat che abbandona Confindustria, l’immagine simbolo del summit “Make it in Italy” all’Unione torinese fu un abbraccio fraterno e qualche scambio di convenevoli tra Emma e Sergio.
Meno di due anni dopo l’abbraccio Fiat–Confindustria va di nuovo in scena. Questa volta il presidente di Viale dell’Astronomia si chiama Giorgio Squinzi, scende dal palco dopo aver chiuso i lavori e tornando al suo posto a fianco a Marchionne i due si abbracciano. “Un bellissimo discorso” ha chiosato Marchionne, prima di partecipare ad un pranzo col presidente di Confindustria e col ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, o meglio ad una colazione di lavoro, come si usa dire in questi casi. Certo questa volta alcune sortite di Squinzi devono essere sembrate a Marchionne musica per le sue orecchie. Roba tipo: “Abbiamo toccato il fondo” oppure quando Squinzi definisce l’Italia “uno dei luoghi più ostili all’impresa”.
“Piccoli o grandi che siano, ovunque si vada l’impresa e l’imprenditore sono accolti con rispetto, quasi coccolati dalle istituzioni pubbliche, che fa di tutto per attrarli – attacca ancora Squinzi – mentre in Italia all’annuncio di un investimento, che porta occupazione e benessere, la prima cosa che accoglie l’investitore è un comitato civico contro”. “Poi viene il resto, anni per l’autorizzazione, costi e carte infinite”. Servono quindi un “cambiamento di mentalita” e “relazioni industriali moderne e al passo con una competizione su scala globale” ha concluso Squinzi, che sembra proprio parlare in “marchionnese”, tanto da far sembrare ultra datata la sortita di Fiat del febbraio 2012, quella per intenderci in cui il Lingotto ventilava un rientro in Confindustria se Alberto Bombassei fosse stato il prossimo presidente di Viale dell’Astronomia.
Del rientro di Fiat in Confindustria non se ne parla più da tempo. Inutile guardare al passato, del resto esorta Squinzi nel suo intervento. “Aggrapparsi ad un precario presente in attesa del passato è un comportamento suicida”. Quanto a Marchionne rapporto “personale ottimo – dice – in questo momento non stiamo assolutamente parlando di alcun rientro. Se Fiat deciderà di rientrare lo farà autonomamente, noi non eserciteremo pressioni”. La crisi ha dettato altre priorità in cima all’agenda di Squinzi, molte peraltro in sintonia col Lingotto: dalla competitività sulla scena internazionale fino alle relazioni industriali da svecchiare.
Dentro o fuori da Confindustria, ormai conta poco. Dalla Fiat non si può prescindere e lo spiega bene il ministro Zanonato in un passaggio del suo intervento. “Dobbiamo mettere in testa agli italiani che la Fiat è un patrimonio del Paese, è uno dei grandi assett del nostro Paese, va difeso ben voluto e aiutato. Se siamo tutti d’accordo iniziamo tutti ad agire ciascuno nel proprio ambito. Non c’è più tempo da perdere”. E en passant ricorda a Marchionne seduto in platea: “Il sostanziale fermo dell’impianto di Mirafiori, la sua sostanziale obsolescenza creano incertezza e sono motivo di preoccupazione”. Mirafiori sarà forse la prossima cartina di tornasole per capire la strategia italiana del Lingotto, anche alla luce dell’ultimo pronunciamento della Consulta sull’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori. Ma questa è un’altra storia.