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Salvini, Giorgetti e il sovranismo in freezer. La Lega in Europa vista da Michelini

Conversazione con il giornalista, a lungo deputato ed europarlamentare centrista. Salvini non vuole davvero fare un gruppo sovranista in Ue perché la politica europea ora è ferma. Le elezioni in Germania per il dopo-Merkel saranno il vero tornante. Giorgetti? Nessun dissapore con il segretario, la sinergia è vincente

“Meglio stare fermi”. Il tempismo in politica a volte conta anche più delle idee. Per Matteo Salvini “non è un buon momento” per lanciare un gruppo sovranista a Bruxelles. Parola di Alberto Michelini, già inviato speciale del Tg1, parlamentare europeo fra le fila della Dc, cinque legislature alla Camera nel centrodestra, voce molto ascoltata dalle parti di Via Bellerio.

Da una settimana la galassia euroscettica è in grande fermento. Prima l’addio del premier ungherese Viktor Orban e dei suoi 11 eurodeputati di Fidesz dal gruppo del Ppe, interruzione (temporanea?) di una lunga convivenza forzata. Poi un via vai di proposte, annunci, manifesti. I tedeschi di Afd vogliono un gruppo con Salvini e Orban. Orban vuole abbracciare Giorgia Meloni, leader di fratelli d’Italia e presidente dei Conservatori europei. Salvini lancia il super-gruppo sovranista con Orban e i polacchi del Pis di Jarosław Kaczyński.

Messa in freezer per il momento la “svolta europeista”, la Lega si unisce al gioco della sedia sovranista in cerca di una nuova identità europea. “Io credo che questo gran movimento si risolverà in un nulla di fatto – riflette Michelini – le forze politiche europee vivono un equilibrio instabile, lo stesso Orban non ha specificato se la rottura con i popolari è definitiva. Tutto è sospeso in attesa di questa conferenza sul futuro dell’Europa su cui Emmanuel Macron ha messo il suo imprimatur e delle elezioni per il cancellierato tedesco il prossimo settembre”.

La strada che porta la Lega al Ppe, riprende il giornalista, è sempre stata in salita, “dopotutto anche la famiglia popolare è cambiata molto negli anni, ai miei tempi era guidata da una figura del calibro di Egon Klepsch che, con tutto il rispetto, non era esattamente Manfred Weber”. Salvini “è il primo a sapere che in questa fase è meglio non muovere le pedine, il suo partito è il primo nei sondaggi, gode di un rapporto preferenziale con Mario Draghi”.

In verità, spiega Michelini, la politica europea è congelata in attesa del grande appuntamento tedesco di settembre. La fine dell’era di Angela Merkel è il vero tornante prima del quale qualsiasi movimento o passo avventato rischia di tornare come un boomerang. “Il rapporto fra la Lega e la Cdu di Armin Laschet è un nodo chiave da sciogliere, e infatti le interlocuzioni proseguono, ma il momento politico è troppo fluido per farlo allo scoperto. I prossimi due, tre mesi diranno qualcosa sull’andamento della campagna vaccinale e di riflesso sulla durata del governo Draghi. E rimane l’interrogativo sull’eventuale proroga di Mattarella al Quirinale. Finché non ci sarà un assestamento Salvini non farà la sua mossa”.

Eppure, notiamo, Giorgetti ha lavorato a lungo alla tela europea della Lega che ora sembra disfarsi fra una telefonata a Orban e un occhiolino a Kaczyński. Per non parlare della nuova campagna pubblicitaria di Salvini per il vaccino russo Sputnik V che ancora non ha ricevuto l’autorizzazione dell’Ema. Che c’entra poco e nulla con il piano di Giorgetti al Mise per lavorare insieme alla Commissione Ue alla riconversione industriale della farmaceutica italiana e produrre qui il vaccino anti Covid-19.

Michelini conosce bene il vicesegretario e non ha dubbi: “Lui è ministro, Salvini è il capo del partito. Hanno ruoli diversi ma non c’è nessuna competizione, che è sempre un po’ gonfiata dai giornali. Entrambi sanno che la loro sinergia è la chiave per una Lega vincente. E il modo migliore per mettere in sordina qualche uscita avventata di quello che viene definito il “cerchio magico” di Salvini”.

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