A causa dell’epidemia di coronavirus, il rapporto sulla revisione della politica di difesa e sicurezza del Regno Unito del 2020 è stato rinviato al 2021. La sua pubblicazione è un evento fondamentale: delinea una tabella di marcia per lo sviluppo delle forze armate britanniche e delle altre componenti della difesa e della sicurezza
Negli ultimi anni, la politica di difesa e sicurezza britannica ha attirato la massima attenzione degli esperti militari e politici in Europa e nel mondo. La ragione più convincente per la maggiore attenzione ai cambiamenti nella politica di difesa di Londra è stata la Brexit e le sue conseguenze. Il ritiro del Regno Unito dall’Unione europea ha comportato una revisione non solo del suo programma di politica estera, ma anche della sua strategia di difesa e sicurezza.
Nonostante tutti i problemi, le difficoltà e la possibilità di tagli ai finanziamenti dovuti al ritiro del Regno Unito dall’Unione europea, il programma di rinnovamento della Royal Navy continua ancora oggi. In futuro: l’obiettivo è che la Marina britannica debba diventare uno strumento efficace per garantire la sicurezza e la presenza britannica negli oceani del mondo. Al completamento del programma di riarmo, la Marina britannica – stando agli esperti – dovrebbe essere in grado di resistere a qualsiasi potenziale minaccia.
Il rinnovo della flotta è un’importante sfida economica per il Regno Unito. La costruzione e lo sviluppo di armi navali richiede che la Gran Bretagna sviluppi competenze nei settori dell’economia, dell’istruzione e della scienza. L’industria britannica sta trasformando il livello di cooperazione e collaborazione ad un grado completamente diverso.
Non dobbiamo dimenticare le implicazioni simboliche del rinnovo della Marina britannica. Essa è un simbolo nazionale: mai si abbasserebbe a mescolarsi con altre unità militari di mare, ad iniziare da quelle dei paesi dell’Unione europea. È storicamente importante per gli inglesi tenerla in allerta. Inoltre, da tradizione, la Marina da guerra è lo strumento fondamentale di Londra sia nella politica estera che in quella interna.
A causa dell’epidemia di coronavirus, il rapporto sulla revisione della politica di difesa e sicurezza del Regno Unito del 2020 è stato rinviato al 2021. La sua pubblicazione è un evento fondamentale: delinea una tabella di marcia per lo sviluppo delle forze armate britanniche e delle altre componenti della difesa e della sicurezza. Il primo ministro britannico Boris Johnson ha definito questo documento il più profondo dalla guerra fredda: si prevede che coprirà il finanziamento delle forze armate britanniche nel contesto della Brexit, e le relazioni tra il Regno Unito e gli Usa nella sfera della difesa e del concetto di Global Britain.
Tutti i problemi, in effetti, sono legati alla nuova definizione degli obiettivi nella politica di difesa e sicurezza britannica, nonché al ripensamento del ruolo della Gran Bretagna in Europa e nel mondo. Ciò significa una revisione radicale della politica di difesa del Regno Unito e, per estensione, del finanziamento delle forze armate. Tuttavia, nonostante i possibili cambiamenti, Londra ha adottato un piano per lo sviluppo a lungo termine delle forze navali.
A prima vista, tali mutamenti hanno un certo carattere spontaneo, ma a un esame più attento è possibile vedere una distinta sequenza di azioni. Le variazioni in corso sono state pianificate all’inizio degli anni 2000. Ciò al tempo richiese alla leadership britannica di rivedere non solo i programmi sulle armi, ma anche l’approccio stesso alla difesa e alla sicurezza.
Ed in effetti l’attuale corso della difesa e sicurezza britannica è stato delineato nelle Strategic Defense and Security Review 2010 e 2015. Il primo documento è stato fondamentale: per la prima volta identificò le minacce ora comunemente chiamate ibride. Queste includevano terrorismo, sicurezza informatica, criminalità organizzata e altro ancora. Il documento del 2015 specificava le misure che dovevano essere prese per neutralizzare le minacce delineate nel primo rapporto.
Entrambi questi documenti hanno schierato drasticamente la strategia di difesa e sicurezza della Gran Bretagna, delineato un percorso verso l’autonomia e l’attivazione della politica di difesa britannica, che di certo non potevano confondersi col buonismo kantiano e politicamente corretto dell’Unione europea, ove – per convenzione – eserciti, marine e missioni all’estero servono solo per portare caramelle a bambini poveri e salvare qualche naufrago. Ed è noto che il governo di sua maestà britannica se ne impipa altamente di bambini poveri e annegati e non ha mai tollerato la cultura del piagnisteo, della quale l’Unione europea s’ammanta, ad eccezione della Francia.
L’obiettivo principale di tali processi è stato creare un sistema di difesa e sicurezza che potesse funzionare in modo più autonomo senza dar conto a veri “brusselli” e “strasburghi”. Inoltre, nel contesto della politica estera, c’è stata una svolta sia verso gli Usa, avvicinandosi, che nei confronti dell’Unione europea, allontanandosi. Il che ci porta a ben comprendere che la Brexit è stata premeditata e non frutto del caso.
È stato inoltre adottato un programma per il riarmo e la riforma delle forze armate e dei sistemi di sicurezza. Ciò ha comportato: la riduzione di un numero di unità regolari; la riallocazione della spesa per la difesa verso compagnie militari private; la creazione di un sistema per attrarre i riservisti al servizio; ascensori sociali per i dipendenti pubblici delle forze armate.
I maggiori cambiamenti della Marina di Sua maestà inizialmente prevedevano di massimizzare l’unificazione della composizione delle unità navali, l’espansione delle capacità di attacco, la creazione di gruppi di portaerei e il rafforzamento della componente sottomarina.
Tuttavia, anche in Gran Bretagna, dove le forze navali sono state storicamente una priorità, il finanziamento di programmi di riarmo su larga scala non è privo di serie difficoltà. Innanzitutto, l’ambizioso progetto di due portaerei britanniche classe Queen Elizabeth ha dovuto affrontare una carenza di personale. Per reclutare gli equipaggi delle portaerei è stato necessario sciogliere il comando della portaelicotteri Ocean e la stessa portaelicotteri è stata venduta al Brasile.
Va notato che i maggiori problemi nel campo del rinnovamento sono causati dalle forze sottomarine e dalla componente anfibia della Marina. La questione più urgente oggi è la sostituzione dei sottomarini nucleari multiuso, che costituiscono la componente principale dell’attacco della Royal Navy. I sottomarini del tipo Astute non sono stati ancora completamente in pieno servizio.
Tuttavia, la sostituzione di imbarcazioni del tipo precedente e la costruzione di nuovi sottomarini è un compito impellente per le forze navali e l’industria britanniche. Nonostante la debolezza comparativa del progetto Astute rispetto alle navi russe di classe Yasen o statunitense di classe Virginia, l’importanza di lavorare su queste navi difficilmente può essere sopravvalutata oltre le attuali possibilità finanziarie. Il futuro della cantieristica britannica e lo sviluppo delle sue competenze dipendono dalla produzione indipendente e dal buon funzionamento di sottomarini di questo tipo.
Inoltre, va detto che la cooperazione fra Londra e Washington nel campo delle armi strategiche continuerà. Allo stesso tempo, riguardo alla diminuzione del numero di missili balistici, pur mantenendo il numero dei loro vettori, si parla di un ripensamento del ruolo dell’arsenale nucleare nel garantire la capacità di difesa della Gran Bretagna.
I britannici sono sempre stati convinti che la forza e le minaccia d’essa siano uno strumento necessario della diplomazia e abbiano un ruolo da svolgere nella politica estera, e tutto questo dovrebbe far parte della saggezza convenzionale di ogni governo di profeti non-disarmati.
Ed è vero che la storia, così come l’esperienza recente, sostiene l’idea che gli sforzi per affrontare i conflitti tra gli Stati esclusivamente per mezzo della diplomazia pacifica non sempre hanno successo e possono provocare danni sostanziali ai propri interessi nazionali. E su questo non possiamo che essere d’accordo.