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Lavori in corso per la Pax Atlantica. Katherine Tai chiama Dombrovskis

L’amministrazione Biden lavora a pieno regime per la “Pax Atlantica”. Mentre Tony Blinken rinsalda la Nato (e incontra Di Maio), la rappresentante al Commercio Katherine Tai traccia la strada per un una nuova intesa con il commissario europeo Valdis Dombrovskis. Si parte da Boeing-Airbus, per arrivare fino alla BigTech

Nel giorno di Tony Blinken alla Nato e del primo bilaterale Italia-Usa dell’era targata Joe Biden, c’è anche l’avvicinamento tra Bruxelles e Washington sul fronte commerciale. Ne ha parlato alla Cnbc il titolare del dossier per l’Ue, il commissario Valdis Dombrovskis raccontando del colloquio avuto ieri con Katherine Tai, fresca di conferma del Senato americano (con 98 voti a favore e 0 contrari) per la nomina a US Trade representative.

Come raccontato su queste colonne, la “Pax Atlantica” comincia dall’aerospazio. A inizio mese, la nuova intesa tra le due sponde dell’Atlantico è stata sancita dal colloquio tra Ursula von der Leyen e Joe Biden, coronata nell’accordo per mettere fine (per quattro mesi) alla guerra commerciale innestata dalla diatriba sugli aiuti di Stato ai due colossi del trasporto aereo: Airbus e Boeing. Già allora la presidente della Commissione europea spiegava che si trattava del “simbolo di un nuovo inizio”, destinato ad allargarsi alle Big Tech e a seguire la spinta americana per una colazione che faccia fronte all’ascesa della Cina e alla sempre presente sfida russa.

La linea è confermata oggi da Dombrovskis. “Ieri – ha spiegato il commissario europeo – abbiamo avuto la prima riunione con la rappresentante al Commercio Usa, Katherine Tai, e abbiamo discusso di due questioni”. La prima è stata “la nostra cooperazione internazionale nel contesto multilaterale tra cui le domande connesse con la riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio”. La seconda, “la risoluzione delle nostre dispute bilaterali tra cui quella Boeing-Airbus e quella relativa alle tariffe su acciaio e alluminio”.

Sul trasporto civile, sconvolto dalla pandemia, “abbiamo già fatto passi positivi con la sospensione delle tariffe e abbiamo concordato di usare questo periodo di sospensione dei dazi per lasciarci questa disputa di lungo periodo alle spalle”, ha spiegato Dombrovskis. L’idea è sfruttare dunque i quattro mesi per trovare finalmente un nuovo accordo politico che regoli il settore. Come notava l’esperto Gregory Alegi, Joe Biden ha almeno due ragioni per procedere in tale direzione: “Il primo è il desiderio di riavvicinare l’Europa, ricucendo lo strappo di Trump, che nel suo odio per la Germania (o la Merkel) sosteneva qualsiasi movimento anti-Ue; il secondo, la necessità di salvare l’industria aeronautica civile statunitense, cioè Boeing, che barcolla sotto la tripla botta del caso Max (danni alla reputazione ed economici), del crollo delle vendite a causa del Covid e della necessità di lanciare un nuovo velivolo per la fascia centrale del mercato”.

Si guarda però ben oltre i confini aerospaziali. “Ci sono molte aperture positive da parte degli Stati Uniti”, ha ribadito oggi Dombrovskis. “Abbiamo avuto una buona discussione e abbiamo deciso di cooperare in varie aree, tra cui iniziative a livello di commercio e clima, la riforma dell’Omc e le sfide dalle relazioni con la Cina”. Il dossier cinese è stato al centro anche degli altri primi contatti di Tai, a partire da quello con la ministra del Regno Unito Liz Truss, in cui le due hanno concordato di “lavorare in modo costruttivo per affrontare le pratiche commerciali sleali perpetuate dalle economie non di mercato, come la Cina ”.

Che il nuovo clima possa arrivare alle questioni tecnologiche l’aveva chiarito già il colloquio tra Biden e Von der Leyen, da cui era arrivato il via libera per la costituzione di un “Trade and Tech Council” tra le priorità del dialogo tra Europa e Stati Uniti per “affrontare le sfide dell’innovazione” e “costruire la nostra alleanza tecnologica transatlantica”. Il tema è sensibile. A dicembre la Commissione europea ha presentato due provvedimenti, il Digital Services Act (Dsa) e il Digital Market Act (Dma), da molti ritenuti a tutti gli effetti la ricerca di una “terza via” nel confronto tecnologico tra Cina e Stati Uniti, promettendo di innescare una battaglia legale con la Silicon Valley. Il pacchetto di regole sul mercato digitale ridefinisce i rapporti con i colossi americani, chiamati a rispondere a prescrizioni molto più severe, dalla concorrenza alla condivisione dei dati raccolti in rete. Oltre che economica, la partita è geopolitica, legata all’interpretazione che l’Europa vuole dare della sua “autonomia strategica”, concetto ormai al centro del dibattito continentale.



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