“L’umorismo costituisce un elemento prezioso per una vita sana ed equilibrata anche dal punto di vista spirituale, perché ha molto a che fare con il gratuito, la creatività, l’intelligenza, tutti elementi indispensabili per il rapporto con Dio”. In queste parole di un articolo del 2017 di padre GianPaolo Salvini il significato della sua scomparsa per l’Italia di oggi, che perde un’altissima figura
Tra le note difficoltà che tutti conosciamo per via del Covid, oggi l’Italia ha dato il suo ultimo saluto a padre GianPaolo Salvini, direttore de La Civiltà Cattolica dal 1985 al 2011. Nell’occasione la figura di padre Salvini è stata ricordata così dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un saluto indirizzato al preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa: “L’ho conosciuto e incontrato numerose volte. Ne ho letto tanti scritti. L’ho costantemente ammirato per la profondità delle riflessioni, per la sua grande cultura, per la la sua capacità di far intendere il senso della vita e di avvicinare alla dimensione spirituale. Nelle occasioni di incontro ne ho anche apprezzato l’equilibrio e la garbata ironia con cui era capace di accompagnare anche le considerazioni impegnative. Il mio profondo cordoglio è motivato anche dalla riconoscenza per il rilevante contributo che Padre Salvini ha arrecato al livello della società italiana, particolarmente nei numerosi anni della sua direzione de la Civiltà Cattolica”.
Quella rivista padre Salvini non ha mai lasciato, visto che è rimasto nel collegio degli scrittori, come emerito, ed ha continuato a offrire contributi importanti. Nel suo ultimo articolo che io abbia letto, alla fine dello scorso anno, padre Salvini, occupandosi di migrazioni, concluse il suo testo immerso nel mondo della pandemia e delle migrazioni con le parole chiave per Francesco, che sono “accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Trovarne l’attuazione armonica ed efficace è un appello rivolto a tutti e costituisce forse la sfida maggiore per il futuro dell’umanità. Tutti gli aspetti che siamo venuti elencando sono collegati ai problemi migratori, che attendono ancora una soluzione, dalla quale dipende il futuro di tutti”.
Ma per capire la sua figura vale la pena partire dal suo esordio come direttore di questa prestigiosa testata. Lo ha fatto con precisione e cura Nicola Graziani per l’Agi, soffermandosi su un dato illuminante: “Padre Salvini non ha fatto in tempo a sostituire padre Bartolomeo Sorge che la Civiltà Cattolica ti pubblica un bell’articolo sull’argomento, che suona alle orecchie di molti evocativo di un libro del teologo protestante svizzero Hans Kueng: ‘Infallibile? Una domanda’. A differenza di Kueng, i gesuiti non si pongono domande ma hanno solide risposte assertive. Nel caso specifico addirittura cinque: 1) Quello che stabilì il Concilio Vaticano I è superato; 2) Sempre il Vaticano I ha conferito al romano pontefice ‘un riverbero quasi divino…, come se il papa fosse un’entità quasi trascendente’; 3) Di conseguenza nella Chiesa serpeggia un ‘infallibilismo’, che è ‘tipico in qualche modo della mentalità cortigiana’ fino a giungere ad una vera e propria ‘papolatria’; 4) La ‘pura dottrina dell’infallibilità’, invece, impone che il papa è infallibile solo se pronuncia ufficialmente un dogma. Per tutto il resto c’è il punto 5. Eccolo: 5) pur con il rispetto dei ‘figli verso il padre’, anche nella Chiesa c’è libertà di critica”.
Non è un esempio da poco quello offerto da Graziani e certamente ha ragione l’autore a sottolineare che aiuta a capire quel grado “di serena insubordinazione obbediente che ha sempre caratterizzato il pensiero e l’opera di ogni gesuita, quindi anche di Salvini”. Parole senza il crisma dell’ufficialità, ma che mi sembra che rimandino il senso della gratitudine verso un uomo pacato e sorridente che ha tanto contribuito alla nostra cultura nazionale, senza protagonismi. Il suo successore alla direzione de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, dando la notizia della sua scomparsa, ha parlato di “spiritualità riservata e profonda”. Sì, forse i termini più appropriati sono questi, ma sottolineare che padre Salvini fosse scevro dalla diffusa malattia del protagonismo ben si collega al profilo di un uomo che per così lungo tempo ha diretto una corazzata della cultura cattolica.
Forse è per questo che uno dei suoi ultimi editoriali da direttore ha ricordato e riguardato un peccato grave, la guida spericolata. Già, è difficile capire come mai mettere a rischio tante vite sia da molti considerato meno grave di un peccato di tipo sessuale.
C’è in questo un tratto, un filo dei molti che compongono il ritratto umano, spirituale e culturale di GianPaolo Salvini al quale provo a dare un piccolo contributo personale. Riconoscendolo come uno degli uomini che meglio ricordavano il contributo dalla Chiesa Cattolica e non solo da Paolo VI, lo andai ad intervistare quando papa Montini fu canonizzato. Mi trovai davanti un uomo che immediatamente mi mise a mio agio, non in soggezione. Ma il motivo di gratitudine è per la felicissima sintesi con cui mi portò a cogliere l’essenza dell’uomo. Padre Salvini non si citò (avrebbe potuto) ma mi mise a parte del fatto che uno studio americano aveva appurato che la parola che più ricorre in Paolo VI è “but”, ma. Ne ho capito che questo non indica esitazione, ma complessità, consapevolezza.
Giustamente l’Osservatore Romano ha ricordato in queste ore le sue riflessioni su etica ed economia, la passione per la montagna, la sua ironia: “L’umorismo — scrisse in un articolo del 2017 — costituisce un elemento prezioso per una vita sana ed equilibrata anche dal punto di vista spirituale, perché ha molto a che fare con il gratuito, la creatività, l’intelligenza, tutti elementi indispensabili per il rapporto con Dio”. Questo forse è il filo di un rapporto culturale con l’attuale pontefice, quello che da arcivescovo di Buenos Aires suggeriva ai suoi preti di non perdere mai il buon umore. E qui veniamo al significato di questo lutto per l’Italia oggi, per capire quanto pesi soprattutto nel contesto attuale perdere persone così.