L’Is è ancora una minaccia. L’organizzazione creata da Abu Bakr al Baghdadi è ancora attiva in vari Paesi, e si muove come una forza clandestina in altri. Il caso del Mozambico è emblematico. Il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, a margine della riunione ministeriale con i colleghi della Global Coalition a cui ha partecipato anche Luigi Di Maio: serve uno sforzo globale
“Insieme, abbiamo riaffermato la nostra convinzione che uno sforzo globale e collettivo rimane necessario per ottenere una sconfitta completa e duratura dell’Isis in tutto il mondo”, è questo il messaggio fondamentale che il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, lascia a margine della riunione ministeriale con i colleghi della Global Coalition. Nata il 10 settembre del 2014, la Coalizione internazionale che combatte lo Stato islamico è ancora attiva, nonostante sotto la guida americana e con il contributo di dozzine di Paesi sia riuscita a sconfiggere la dimensione statuale centrale del Califfato – il Siraq, quel territorio delle dimensioni del Belgio a cavallo di Iraq e Siria in cui Abu Bakr al Baghdadi era riuscito a costruire un’area amministrata e controllata.
”L’Is è ancora una minaccia, ci sono Paesi in cui controlla ancora intere aree, come vediamo in Africa centrale dove si sta allargando, altri in cui si muove sotto traccia ma è comunque pronto a nuove insorgenze, come l’Iraq”, commenta in forma discreta con Formiche.net un ufficiale occidentale che ha preso parte alle attività della Coalizione. Il riferimento all’Africa centrale è collegato all’attualità di quanto sta accadendo in Mozambico, dove una fascia del territorio nord-orientale (la regione di Cabo Delgado) è finita in mano a un gruppo affiliato allo Stato islamico. Sebbene i collegamenti con la centrale dottrinale e strategica del gruppo non siano così agili, diversi gruppi nel territorio centro-africano si muovono rivendicando appartenenza all’organizzazione. Fattore sfruttato, sebbene ancora senza eccessivi trionfalismi, dai media baghdadisti per spingere la propaganda – motore del proselitismo e dunque linfa vitale dell’Is. Dal 10 marzo il dipartimento di Blinken ha inserito sia le filiali del Mozambico che quella della Repubblica centrale del Congo nella lista delle entità terroristiche definendole Iscap, acronimo inglese per Provincia dell’Africa centrale dello Stato islamico (perché si muovono in coordinamento).
La riunione della Global Coalition si è svolta in forma ridotta, hanno preso parte solo quelli più attivi e importanti degli 83 Paesi che compongono il totale della missione globale anti-Is. L’Italia c’era con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, anche perché il coinvolgimento di Roma cresce in teatri delicati come l’Iraq – dove il contingente italiano è parte fondamentale dei training Nato alle forze armate locali, e nel Kurdistan Training Coordination Center a Erbil – o nel Sahel. Dall’incontro esce la necessità di concentrarsi sul sostegno dei partenariati con i paesi in cui le reti dell’Is rimangono attive e il rafforzamento dei legami politici con paesi come l’Iraq.
Esattamente nella visione degli americani, interessati a evitare qualsiasi genere di decadimento delle condizioni (il riprodursi di scenari come quelli in cui si è creato il Califfato sette anni fa); chiedendo agli alleati di aumentare il coinvolgimento e ai partner di intensificare la formazione; pur restando sempre pronti ad azioni (soprattutto tramite missioni mirate, aeree o blitz di commando, contro le leadership). Questo genere di azioni miste sembra praticamente inevitabile proprio a Cabo Delgado, perché le truppe locali non sembrano in grado di fermare l’avanzata dello Stato islamico. Sul terreno ci sono truppe americane (i Berretti Verdi da poco tempo coordinano l’addestramento delle forze locale, ma sono meno di cento) e di altri Paesi occidentali, mentre i baghdadisti stanno procedendo con il reclutamento dai paesi confinanti come la Tanzania.